Il ruolo del retail nella sfida della sostenibilità

Daniele Cazzani Newmarketingretail.com

Cercate su Google la parola “sostenibilità” e osservate a quali immagini è associata: una mano che si prende cura della terra, una foglia, una pianta. Verde poi è il colore di questa parola. Una parola positiva, che rassicura e ci fa sentire buoni e in sintonia con tutto il mondo. Eppure, eppure... la sensazione è che siamo molto molto distanti dal poter dare una patente di sostenibilità alla maggior parte delle nostre azioni, perché abbiamo sempre ottime scuse per rimandare scelte che risultano dolorose nella misura in cui il cambiamento è di per sé doloroso (solo a posteriori possiamo, solitamente, apprezzarne i benefici).

Se è oramai chiaro che le modalità con le quali la nostra società si è sviluppata -intendo con “nostra” la parte del mondo ricca, non solo l’Occidente che è uso fare mea culpa anche per colpe non solo proprie...- non sono sostenibili per il nostro pianeta e per le persone che lo abitano, ed è quindi facile capire cosa dovremmo proteggere -appunto la Terra che teniamo amorevolmente in mano- ben più difficile è capire come dovremmo farlo. La risposta non può essere certo quella di annullare un paio di millenni di scoperte che hanno portato l’uomo sì ad avere un impatto nefasto sulla natura, per esempio accrescendo paurosamente le emissioni di CO! nell’atmosfera- col conseguente riscaldamento del pianeta con effetti che vediamo quotidianamente- ma anche ad aumentarne la vita media (e la sua qualità) in tante parti (non tutte, a onor del vero) del mondo. Viviamo vite sempre più veloci; consumiamo il tempo in modo bulimico come se esistesse solo l’oggi e i nostri radar mentali fossero incapaci di pensare al domani e, troppo spesso, siamo troppo concentrati su noi stessi per accorgerci dell’altro. Per poter agire in modo sostenibile serve pensare in modo sostenibile, pensando al domani e agli altri. Qui si pone, a mio avviso, il grande problema: le nostre scelte dell’oggi influiranno soprattutto sul domani degli altri. Infatti, per quanto siamo tutti pronti a stupirci e a lamentarci per la “bomba d’acqua” vista nel telegiornale serale o al grado in più che ci porta ad accendere i condizionatori anche a settembre (a proposito di sostenibilità...), questi effetti sono nulli rispetto a quelli che si vivono nelle zone più povere del pianeta, come alcuni territori dell’Africa sub-sahariana dove la siccità ha quasi dimezzato le aree agricole provocando gravi carestie e incentivando i movimenti migratori.

In questo contesto quale può essere, infine, il ruolo del retail? Sarebbe irreale, per il retail, pensare di poter essere da solo un supereroe della sostenibilità sventolando come grandi successi l’utilizzo della carta riciclata per i propri volantini promozionali o l’installazione di pannelli solari sui pdv. Il retail dovrebbe e potrebbe avere un approccio più umile ma, al contempo, molto più efficace sul tema. Un ruolo fondamentale proprio perché si trova a essere -ben più dell’industria- a stretto contatto col consumatore finale, ovvero colui che compie le scelte e col quale può instaurare un dialogo sui valori della sostenibilità (non solo ambientale, ma anche sociale) rifuggendo l’idea di essere lui “educatore” del cliente, anzi sapendo restare in ascolto dei desideri, dei bisogni e dei feedback proprio dei clienti. Il ruolo del retail può essere fondamentale anche per la capacità di agire sulle filiere produttive, attraverso la selezione dei propri fornitori, e la capacità di guida di quelli verso gli obiettivi di sostenibilità, anche economica. Un ruolo cruciale pertanto, ma estremamente difficile da interpretare proprio perché si tratta di fare scelte oggi i cui benefici si vedranno domani. Una scelta strategica, in sintesi, in un retail troppo spesso votato alla tattica.

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