In Francia il legislatore si muove contro gli abusi del fast fashion

Nel mirino gruppi come Shein, con la proposta di sanzioni fino al 50% del prezzo di vendita dei capi o 10 euro di spesa fissa

La Francia è la prima a muoversi contro gli eccessi che sono dietro il sistema del fast fashion e che concretizzano rischi concreti di danni all’ambiente. Il Parlamento di Parigi, infatti, sta ragionando sulla possibilità di introdurre sanzioni fino al 50% del prezzo di vendita dei capi (o 10 euro di spesa fissa), per compensare il loro impatto inquinante. La proposta – secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa – ha buone probabilità di diventare legge, considerato che è stata presentata dai deputati della maggioranza, che vi hanno aderito in massa.

Le ragioni del Parlamento transalpino

Sotto accusa è l’evoluzione del settore dell'abbigliamento verso una moda effimera, che combina volumi maggiori e prezzi bassi, influenzando le abitudini di acquisto dei consumatori”, si legge nel documento approdato in Parlamento. In particolare si pone l’accento sulla spinta ad effettuare “acquisti d’impulso” e a puntare su “una costante necessità di rinnovamento, che non è priva di conseguenze ambientali, sociali ed economiche”.
Dunque, a ben vedere non è in ballo solo una questione di inquinamento, ma anche relativa alle condizioni dei lavoratori coinvolti nella produzione. Il non detto, poi, potrebbe essere un altro: nella misura in cui i produttori francesi si trovano a competere non alla pari, sono svantaggiati. E anche i consumatori rischiano di spendere per prodotti non necessari, magari per poi ritrovarsi con le tasche vuote.
Nella proposta di legge si cita il caso di Shein, che presenterebbe più di 7.200 nuovi modelli di abbigliamento al giorno e metterebbe a disposizione dei consumatori oltre 470 mila prodotti tra i quali scegliere.

Le possibili ricadute

La decisione finale è attesa tra una settimana o poco più e l’eventuale approvazione costituirebbe un precedente importante per tutta l’Ue. Intanto da Singapore i vertici di Shein fanno sapere di seguire “le migliori pratiche internazionali in termini di sviluppo sostenibile e impegno sociale”.
La misura si inserirebbe nel filone che nell'autunno scorso ha spinto il governo francese a varare il bonus rèparation che garantisce al consumatore che sceglie di far riparare alcuni prodotti tessili, un accessorio o un paio di scarpe, un rimborso tra i 6 e i 25 euro sulla cifra spesa purché sia più alta di 12 euro.
In Francia la campagna di pressione contro le politiche di Shein non è una novità, soprattutto da quando il colosso delle vendite online ha iniziato a puntare anche sui negozi fisici. In seguito all'apertura in Francia degli store di Tolosa, Montpellier e Lione, le associazioni ambientaliste hanno denunciato un sistema produttivo poco trasparente, oltre a porre l’accento sulla pericolosità di alcuni prodotti, riscontrata in un recente studio condotto da Greenpeace, secondo cui molti prodotti dell'azienda cinese contengono una o più sostanze tossiche tra cui piombo, mercurio e cadmio.

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