La rivoluzione della grande bellezza nella beauty industry

La beauty industry non può più puntare sul concetto di bellezza tout court. Occorre l’adozione di nuove narrative che puntino al benessere olistico e alla self-expression (da Mark Up 318)

Si dice che le correnti e i movimenti artistici e culturali siano ciclici, se è così, il surrealismo è tornato in voga come mezzo di evasione dalla routine e per fronteggiare la negatività e l’instabilità emotiva. La pandemia ci ha lasciato in eredità l’urgenza di spingerci ogni giorno verso il raggiungimento di un benessere olistico. Questo (antico) e riscoperto paradigma ha dato uno scossone alla beauty industry che sta prontamente reagendo con proposizioni che rispondono ai nuovi bisogni dei consumatori. Fino a poco tempo fa, eravamo tutti schiavi di un modello di bellezza irraggiungibile, flaconi e creme promettevano rimedi miracolosi in tempi record, oggi, questo tipo di comunicazione ha lasciato il posto a un approccio più autentico. Il focus ricade sulla cura di sé e non più sull’apparire. È il significato stesso di bellezza a trasformarsi per diventare sinonimo di salute, di gratificazione e di mettere tutto il resto in pausa. L’aspetto interessante è che questa ricerca di benessere sta mutuando i codici dei beauty product dal mondo della moda: l’estetizzazione dei packaging risponde a un bisogno di appagamento assoluto, trasformando il momento di applicazione di una crema in un’esperienza totalizzante e sensoriale. Forme, materiali e texture diventano più accattivanti sia da maneggiare sia da esporre nel bagno di casa, rendendo i prodotti beauty veri e propri oggetti di design. Le marche ci trasportano verso un immaginario spensierato, divertente, ricorrendo a colori brillanti e tonalità pastello che si animano su pack instagrammabili dal sapore retrò, che ricordano un po’ il mondo dei cartoni e suscitano sentimenti di gioia e positività. I nuovi design adoperano geometrie elementari, come Pleasing, la linea firmata dall’artista britannico Harry Styles, frutto di una collaborazione con il designer Marco Ribeiro, che propone pigmenti in polvere per il viso, o Le Goober Candles, create dallo studio di design di Brooklyn Talbot & Yoon, con le loro forme sinuose e le texture morbide.

L’era della clean beauty

C’è un’altra rivoluzione silenziosa in atto: natura non sempre è sinonimo di miglior scelta. Abbiamo trascorso l’ultimo decennio ad affannarci tra gli scaffali alla ricerca del pack più green, dell’alternativa meno chimica e del claim più rassicurante, con la convinzione che naturale -o bio- fosse la scelta giusta, perché ci faceva bene. È stata la naturale risposta ad anni di processi industriali che hanno favorito un rapido progresso nel settore beauty e hanno messo a disposizione di tutti prodotti sintetici purtroppo poco sostenibili e forse anche poco etici. Ora che conviviamo con l’eco-ansia e ci lasciamo guidare più dalle nostre coscienze che dalla convenienza, stiamo rivalutando perfino il concetto stesso di naturalità. Consci del fatto che è scattato il conto alla rovescia per salvare il Pianeta e che la parola sostenibilità riecheggia ovunque, siamo diventati più scettici. Dichiararsi naturali non basta più. Naturale non è garanzia di benessere e tutela ambientale. I brand stanno così virando verso una comunicazione più trasparente, onesta e schietta. Le aziende si adoperano per esercitare un controllo maggiore sulla filiera, rassicurandoci sulla provenienza delle materie prime e sull’etica di approvvigionamento e produzione. Essendosi evoluti i bisogni dei consumatori, si sono trasformati anche i codici della naturalità. Ieri i prodotti naturali impiegavano motivi floreali, oggi, la naturalità botanica si contamina con i linguaggi del mondo scientifico. I prodotti green, organic, natural e vegan, che lasciavano adito a dubbi e dichiarazioni effimere, si vestono di quell’expertise rassicurante da laboratorio. Siamo ufficialmente nell’era della clean beauty.

Il futuro

Le marche non devono più arrovellarsi per sostenere di essere qualcosa che non sono; nemmeno un prodotto 100% naturale ci dà la garanzia che gli ingredienti siano sicuri, non tossici e non compromettenti per la salute, nostra e dell’ecosistema. Ora che la fotografia dell’oggi è ben a fuoco, la domanda che sorge è: cosa succederà da qui al prossimo futuro? Tutto sembra confermare che il benessere continuerà a essere al centro dei nostri pensieri, anzi, questo desiderio è destinato ad accentuarsi ancor di più. È quasi paradossale, ma più la tecnologia ibriderà la nostra quotidianità, più il bisogno atavico di connettersi con la natura si farà sentire. I brand avranno come imperativo la tutela delle risorse naturali, permettendoci di avere un rapporto armonioso con la natura. E qui, assisteremo a un altro cambiamento: i prodotti beauty dall’approccio scientifico stempereranno il loro austero rigore e minimalismo con un racconto che parlerà nuovamente di naturalità. Una naturalità non letterale, ma ispirata, frutto dei progressi del biodesign, della biomimetica e della biologia sintetica che ci consentirà di adoperare ingredienti dalle proprietà identiche a quelle naturali ma generati in laboratorio. Faremo di nuovo tesoro degli insegnamenti ancestrali di madre natura, riscoprendo pratiche antiche e attingendo alla saggezza della medicina alternativa, filtrata però da una sapienza tecnica progredita. Assecondando questa direzione, le marche adotteranno nuove narrative di prodotto che si tradurranno in colori e design che si ispirano a minerali grezzi e forme primordiali dalle texture materiche. Un esempio in questo senso è rappresentato dal brand di skincare giapponese D, che si fonda sul principio secondo cui la terra è regolata da due forze complementari, yin e yang, e restituisce questa ideologia sottoforma di prodotti dalle forme organiche e dalle tonalità calde della terra. La beauty industry non può più puntare sul concetto di bellezza tout court: non può più essere incasellata all’interno di un’unica definizione stereotipata. Bellezza significa benessere olistico, self-expression, cura di sé; piccoli rituali quotidiani che ci regalano comfort, gratificazione estetica e ci infondono sicurezza. I prodotti beauty del futuro dovranno parlare di inclusività, di spensieratezza, adottando un approccio semplice e senza fronzoli; dovranno coinvolgere tutti i nostri sensi come le fragranze di Nue Co Water Therapyche innescano connessioni neurologiche in grado di replicare la sensazione di essere in acqua, giocando su tonalità, suoni e texture che appaghino un pubblico alla ricerca di gioia.

(*) FutureBrand

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