Le aziende diversificano per cercare il fatturato perduto

Le aziende italiane multinazionali che presidiano il mercato mainstream non raggiungono più i volumi di vendita di un tempo

Uno spettro si aggira nelle aziende italiane: i consumi interni non reggono più, l'offerta di prodotti supera la domanda. Le aziende italiane multinazionali che presidiano il mercato mainstream non raggiungono più i volumi di vendita di un tempo, quello che era un mercato facile come pensiero strategico e operativo si è inceppato. Chiariamoci, il “mainstream” è una scelta di posizionamento, non un difetto. Il mercato americano del food è, per esempio, nella sua totalità, tranne qualche eccezione, basato su volumi e target medi.In Italia nei mercati della pasta, del caffè, delle merendine, i leader hanno scelto da anni questa strategia. Fa specie, però, che chi ha scelto questo posizionamento parli oggi di qualità, termine generico per accezione, contraddittorio in questo caso per chi fa e ha fatto per anni del rapporto qualità-prezzo la sua forza.

La festa è finita
(ma non per tutti)

La facilità del mercato si è sempre affermata sulla contrapposizione con la grande distribuzione, su una connivenza con la stessa. Il termine può sembrare forte e fuori luogo ma il sospetto esiste: contributi, promozioni, terzismo, erano il dazio da pagare per mantenere i volumi di vendita. Oggi la festa è finita per tutti. Ecco che le nostre aziende sono costrette a seguire altre strade per ricercare il fatturato perduto: la strada dei mercati internazionali e quella italiana ed estera nel canale horeca.
Sul piatto, e non è poco si può mettere la forza del brand, le capacità produttive, l'organizzazione di vendita, ma siamo ancora nella logica militare della quantità, della massa d'urto che certamente è utile ma non sufficiente. Dal punto di vista della qualità, il nostro management ha ancora una visione provinciale del mondo dei consumi, le logiche di mercato internazionali sono diverse, la competizione globale, gli interlocutori ben differenti da quelli del mercato interno. Il mondo, e qui non mi contraddico, è spesso globale a parole ma non nei fatti: i Paesi emergenti non sono mercati adatti a tutti a prescindere, la vecchia Europa non fa così pena come si crede, i Paesi clienti di prodotti italiani sono sempre quelli di un tempo, almeno se si pensa ai fatturati.

Horeca
in controtendenza

L' horeca invece è sicuramente un mercato con dinamiche anti-regressive, che ha trasformato il consumo di prodotti alimentari nel vivere esperienze. Ma anche in questo ambito le aziende abituate da anni alla Gdo hanno difficoltà. In primis c'è una questione d'immagine e posizionamento sul mercato interno: chi per anni è stato leader di mercato negli scaffali e in pubblicità non ha nessuna credibilità nel canale horeca, chi oggi ha un esercizio pubblico ricerca per differenziarsi prodotti e marche che non si trovano al supermercato. Eccoci al secondo problema: le aziende industriali conoscono poco un mercato che è profondamente cambiato rispetto alla staticità della Gdo; i bar chiudono e quelli che rimangono diventano locali da aperitivi, caffetterie-pasticcerie, ristoranti bio, ecc. Un mercato horeca che comprava di tutto dai fornitori, che si è razionalizzato specializzando i formati che sono in continua evoluzione. Spesso avere una rete di vendita strutturata per il settore horeca e più un problema che un'opportunità.Sarà sicuramente sovradimensionato rispetto al mercato attuale, con competenze professionali e anzianità non un linea con l'evoluzione del settore - speriamo di no - con un parco clienti che non esiste più.

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