Houston, o meglio, retail: abbiamo un problema. E non è un'iperbole. Se è vero che
al settore della vendita al dettaglio si presenta una situazione che non è poi così metaforicamente distante da quella dell'Apollo 13.
Sono questi i numeri resi noti dall'ultima indagine pubblicata dal Digital Transformation Institute di Capgemini ed effettuata su 6.000 consumatori e 500 executive del retail in nove Paesi. In Italia, il 42% delle persone vede lo shopping come un lavoretto e l'ennesima "cosa da fare" piuttosto che come un'attività divertente e piacevole.
Un dato allarmante, più o meno in linea con quanto riscontrato negli altri territori. I meno soddisfatti sono svedesi e spagnoli, che al 54% e al 49% affermano che fare spesa nel negozio brick&mortar è un'attività noiosa. Ad avere elevato le aspettative, come rilevato già più volte, è stata l'esperienza con il mondo online, a partire da player come Amazon.
I principali fattori di frustrazione dell'esperienza in store per gli italiani variano a seconda dei comparti, ma in modo più o meno incisivo si ritrovano un po' dappertutto. Nello specifico, per l'elettronica e il fashion il tallone d'Achille sono l'assenza di sconti e promozioni personalizzate e rilevanti (70%), mentre per il grocery sono le lunghe code al check-out (69%).
In generale, i retailer sembrano coscienti dell'importanza della digitalizzazione dei punti di vendita, ma si vedono limitati sia dagli investimenti tecnologici già effettuati che dalle capacità del personale in negozio. Significativo, inoltre, che il 32% degli executive italiani si dica impossibilitato a misurare il Roi delle iniziative digitali in-store nonostante l'elevato utilizzo.
Alla fine, comunque, pur con notevoli fatiche, l'Apollo 13 è rientrato sulla Terra. I retailer, con altrettanto impegno, potranno far rientrare i consumatori nei negozi e renderli felici.