L’Ue accelera sull’approvazione delle Tea, si apre il fronte dei favorevoli e contrari

La nuova normativa che sdogana le nuove tecniche di miglioramento genetico potrebbe essere votata nella plenaria del 5-8 febbraio

L’Europa sceglie di sposare l’apertura alle tecniche rivoluzionarie di miglioramento genetico, a cominciare dal genome editing, premiato con il Nobel. Il voto favorevole della Commissione Ambiente del Parlamento Europeo non ha modificato sostanzialmente la proposta avanzata dalla Commissione Europea lo scorso 5 luglio. E il provvedimento potrebbe essere votato nella plenaria del 5-8 febbraio. In Italia si apre il fronte tra favorevoli e contrari

Perché sì: prodotti più resilienti a clima e patogeni e nutraceutici

Da tempo gran parte del mondo della ricerca e accademico, tra cui la Società italiana di genetica agraria e la Società italiana di biologia vegetaleaziende sementiere, le principali associazioni di imprenditori agricoli chiedono l’apertura a queste tecniche finora vietate dall’Ue in quanto considerate Ogm. E dunque il superamento della decisione della Corte di giustizia della Ue in materia, pubblicata a luglio 2018, secondo la quale le nuove tecniche di mutagenesi erano state equiparate a organismi geneticamente modificati. E pertanto sottoposte agli obblighi previsti dalla relativa direttiva europea del 2001. Il ragionamento è lineare: L’Ue non può chiedere con il green deal il dimezzamento degli agrofarmaci e la riduzione del 20% dei fertilizzanti entro il 2030, il risparmio idrico senza offrire alternative. Soprattutto con il climate change che aumenta la diffusione dei patogeni. Serve allora una genetica green per sviluppare varietà innovative più resilienti a innalzamento della temperatura e attacco di muffe, virus, batteri e insetti. Il via libera della Commissione Ambiente del Parlamento è stato pertanto salutato positivamente da Coldiretti e Filiera Italia. L’approvazione del progetto di relazione sulle Tecniche di Evoluzione Assistita (Tea) avvicina gli agricoltori all’utilizzo della genetica green, che permetterà di selezionare nuove varietà vegetali, con maggiore sostenibilità ambientale, minor utilizzo di input chimici, ma anche resilienza e adattamento dei cambiamenti climatici, nel rispetto della biodiversità e della distintività dell’agricoltura italiana ed europea” scrivono. Sul fronte dei favorevoli si trovano anche Confagricoltura, Alleanza delle cooperative italiane, Cia, Assosementi, Assobiotec, per fare qualche esempio. Tanta incertezza sulla normativa ha finora bloccato molti investimenti nella ricerca. E intanto Uk, Usa e altri Paesi, dove queste tecniche sono ammesse, prendono vantaggi che rischiano di lasciare al margine l’Europa sui mercati. Un lavoro scientifico di economisti agrari americani, recentemente pubblicato, dice che le nuove tecnologie potrebbe far ridurre i costi fino al 90 %” ha sottolineato Fabio Veronesi, dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, Università degli Studi di Perugia, membro del panel Gmo, Efsa. Senza dimenticare le opportunità crescenti della nutraceutica che con le Tea potrebbe prendere il volo. Il mercato dei cibi funzionali entro il 2027 supererà quota 700 miliardi con un tasso di crescita del +6,9% annuo secondo un report sul mercato della nutraceutica e del novel food in Italia e nel mondo realizzato dall’Area Studi Mediobanca.

Perché no: rischi di inquinamento genetico e mutazioni involontarie su larga scala

Naturalmente non sono tutti d’accordo. Tra questi c’è la Coalizione Italia Libera da Ogm, composta da 41 organizzazioni dell’agricoltura contadina e biologica, ambientaliste, sindacali e dei consumatori, che ha bollato come “un passo indietro di vent’anni e un colpo di mano che mina alla base il principio di precauzione” il voto favorevole della Commissione Ambiente del Parlamento Europeo sulla deregolamentazione dei nuovi Ogm. Il punto controverso per queste associazioni è la valutazione del rischio e a pagarne il conto potrebbe essere l’agricoltura biologica.  “L’assunto -scrivono -è che le nuove tecniche genomiche producano, nella maggior parte dei casi, piante equivalenti a quelle che si trovano in natura o che risultano dalla selezione convenzionale.  Fino a 20 modifiche, il regolamento considera le Ngt (New Genomic Techniques) tal quali a un prodotto della natura. Questo criterio è stato definito ‘non scientificamente fondato’ dall’Agenzia francese per la salute e la sicurezza alimentare”. Insomma nel tentativo di modellare le nuove varietà in base ai desiderata non si starebbe valutando attentamente “i potenziali effetti dirompenti sulla biochimica e la fisiologia della pianta e sull’ambiente e il rischio di mutazioni involontarie su larga scala”. Altro punto critico sono chi pagherà i danni da eventuale inquinamento genetico e la questione della non brevettabilità dei tratti genetici ottenuti utilizzando queste biotecnologie, sulla base del testo approvato. “Per vietare la brevettazione occorrerebbe un cambio della European Patent Convention con il voto di tutti gli Stati Membri” si fa notare. Lo sfondo è quello del ritorno a un nuovo fronte pro e contro come è successo con il covid.

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