A rischio il mercato nazionale del pellet: l’allarme di Holzexport Schuster

L'Italia è il maggiore consumatore in Europa di pellet, con un consumo di 3 milioni di tonnellate (il 90% destinato a uso domestico). Secondo l’austriaca HS Holzexport Schuster, specialista del pellet anche in Italia, si sta correndo concretamente il rischio che salti l’intero mercato di questo settore che vale 18,8 milioni di tonnellate in Europa. Situazione legata -secondo l'azienda- a un difetto di interpretazione delle normative UE che starebbe portando a blocchi e sequestri non motivati. Tanto da chiedere chiarezza sulle regole per evitare il caos.

Attenersi alla normativa europea che chiarisce come non sia necessario indicare sul packaging del pellet il luogo di origine della materia prima è l'invito che viene rivolto a legislatore e forze dell'ordine. La qualità del pellet dipende infatti dal tipo di legno scelto (necessariamente legno vergine) e dal processo utilizzato per la sua trasformazione da parte del produttore, che diventa quindi il garante assoluto del prodotto. Un requisito indispensabile che va recepito anche dal personale delle dogane per evitare blocchi e sequestri ai porti come è accaduto in Italia negli ultimi mesi, mettendo a rischio centinaia di imprese di produzione e commercio del pellet.

“In un mercato unico e all’alba del terzo millennio non ci si può più permettere di giudicare la qualità dal paese di origine di un prodotto -ha sostenuto Fabio Brusa (esperto in diritto commerciale e doganale) al workshop ‘Il pellet è chiaro, la legge no’ che ha acceso la miccia delle polemiche giorni fa durante la fiera Progetto Fuoco di Verona. La normativa Ue -ha spiegato Brusi- è molto chiara: non impone di indicare la provenienza e non lascia spazio a interpretazioni, anche per evitare discriminazioni fra i Paesi della Ue. Tutto ciò che avviene all’interno dei nostri confini comunitari è commercio, non è importazione”.

Due sono i criteri fondamentali a cui distributori e consumatori devono attenersi secondo Christian Rakos, presidente di European Pellet Council: la presenza del marchio del produttore, la presenza di un marchio tecnico di certificazione della qualità, come EN Plus, e il colore del prodotto: più chiaro è, più si avvicina al massimo standard di qualità, per ciò che attiene i residui da combustione e la pulizia dell’impianto. Al presidente Rakos fa eco Annalisa Paniz di Aiel, che sostiene la necessità di educare la grande distribuzione, i consumatori, i commercianti ma anche le forze dell’ordine, non solo alla normativa vigente nella UE, ma anche a riconoscere la marcatura di qualità EN Plus, che parla di prestazioni del prodotto. “Riuniamo i produttori di 37 paesi -ribadisce Paniz- certifichiamo 5 milioni di tonnellate di prodotto in 5 continenti: se la qualità dipendesse dal Paese di origine,  vorrebbe dire che esistono per lo meno 37 qualità di pellet differenti”. Da qui la proposta di Schuster, sostenuta dagli operatori del settore, di premere affinché la normativa Ue vigente sia conosciuta da tutti, rispettata, spiegata agli operatori del settore ma anche alle famiglie e ai consumatori con un linguaggio semplice e chiaro, anche sul packaging.

 

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