Agricoltura, la visione sarà di filiera e di sistema

Valorizzare l’una e l’altro è prioritario in settori nei quali la Lombardia è leader nazionale, come latte e carne bovina e suina. Il focus sui prodotti tipici della produzione e della tradizione lombarda è uno dei leitmotiv del mandato del neoassessore Fabio Rolfi (da Mark Up n. 271)

Nel mandato del neoassessore all’agricoltura di Regione Lombardia, Fabio Rolfi, sono comprese le tematiche dell’alimentazione, dal settore primario fino all’agroindustria e alla distribuzione. La missione di Rolfi, lo sottolinea lui stesso, sarà valorizzare tutta la filiera, parola chiave per una regione come la Lombardia, che è la più importante d’Italia come fatturato dell’agroalimentare. Il valore della produzione agricola lombarda, secondo gli ultimi dati (2016) diffusi dalla Regione, supera i 7 miliardi di euro, mentre il fatturato dell’agroindustria sale a 12,8 miliardi di euro.

Classe 1977, Rolfi è stato vicesindaco e assessore del Comune di Brescia, consigliere regionale nel 2013, presidente della III Commissione sanità e politiche sociali e membro della IV Commissione attività produttive e occupazione.

Da assessore all’agricoltura si è recentemente speso a difesa del comparto avicolo proponendo di indicare in etichetta l’origine delle uova usate anche solo come ingrediente nei prodotti: “L’attuale normativa nazionale e comunitaria relativa all’etichettatura delle uova e degli ovoprodotti contiene lacune che vanno a discapito dei consumatori -ha concluso-. L’indicazione del Paese di provenienza sulla confezione è infatti facoltativa. Qualcosa cambierà dal 2020, ma in maniera ancora troppo blanda. Chiediamo che l’etichettatura diventi obbligatoria”.

Anche sul latte l’assessore si è già mosso annunciando di aver creato un tavolo regionale a cui partecipano tutti gli attori della filiera, dagli agricoltori ai trasformatori fino ai rappresentanti della grande distribuzione.

Assessore, l’agricoltura lombarda poggia su latte e carne bovina.

Sì, ma abbiamo anche il settore avicolo; e oltre all’agricoltura e all’allevamento intensivo della Pianura Padana, meritano attenzione le aree pedemontane e collinari, l’agricoltura eroica, di qualità, per esempio quella vitivinicola dei giovani che avviano un’attività in agricoltura o garantiscono il ricambio generazionale. Poi c’è l’agriturismo che è in forte sviluppo. Anche il concetto della multifunzionalità dell’agricoltura per me è importante; oltre alla produzione di alimenti c’è spazio per la diversificazione rispetto ad attività solo prettamente agricole.

Quale sarà il suo approccio nella valorizzazione delle filiere?

Oggi non si valorizza il singolo prodotto agricolo, ma la filiera, un obiettivo da raggiungere condividendo strategie, azioni e benefici. Anche la comunicazione è importante; per esempio, nel contrastare le fake news, quelle che circolano sul latte: nei prossimi mesi partirà una massiccia campagna di comunicazione, che inizierà dalle scuole e avrà come target le nuove generazioni. La valorizzazione delle filiere è inoltre prioritaria su prodotti in cui la regione è leader come latte e carne bovina e suina. Sono fondamentali inoltre i prodotti del territorio, le produzioni tipiche di qualità come quelle a denominazione d’origine.

I rapporti con la gdo?

È una relazione che deve essere consolidata. Io per primo ho convocato i rappresentanti della gdo al tavolo regionale sul latte. È un importante terminale di filiera e ritengo che i nostri prodotti debbano essere valorizzati in maniera più efficace all’interno dei punti di vendita: penso ad alcune Dop che devono trovare una migliore collocazione sugli scaffali.

Da qui anche l’importanza dell’etichettatura per rendere più consapevole il consumatore?

Il tema dell’etichettatura è strategico per difendere il Made in Italy: mi impegnerò a livello regionale e comunitario perché diventi obbligatoria, abbiamo già cominciato a lavorare sul settore avicolo.

Che cosa pensa del chilometro zero?

ll mio parere è positivo. È un filone da favorire e che tenterò di promuovere, negli spazi consentiti dalla normativa, anche all’interno delle mense pubbliche e della ristorazione collettiva. In fondo dare valore ai prodotti del territorio può rappresentare una possibilità di rilievo per le nostre aziende e per una più alta qualità del cibo.

Come rendere più produttiva l’agricoltura?

Incentivando l’innovazione tecnologica. Mi riferisco ai vincoli imposti dalla direttiva Ue sui nitrati per evitare l’inquinamento da azoto nelle acque superficiali che gravano sulla zootecnia: si può investire in tecnologie come le vasche per i reflui zootecnici e in sistemi per contenere le emissioni. Stesso discorso per l’agricoltura di precisione che guarda a un’agricoltura più sostenibile.

Che cosa possiamo dire sulla Pac post 2020, la riforma della politica agricola comunitaria?

Al momento ci sono segnali poco positivi sulla nuova Pac. Non solo il taglio del 5% dei fondi comunitari, che vuol dire meno aiuti in generale per il bilancio agricolo europeo, ma anche l’ipotesi della convergenza esterna che vuole livellare il contributo a tutti gli agricoltori europei e si tradurrà in una diminuzione degli aiuti per la Lombardia. Rischia di penalizzare un’agricoltura intensiva e competitiva come la nostra a favore di un’agricoltura di assistenza di altri Paesi europei. Mi impegnerò a difesa del bilancio agricolo regionale.

Facciamo un bilancio del Pr 2014-2020, ossia dei fondi Ue come aiuti indiretti all’agricoltura?

È positivo, ho chiesto di accelerare sulla spesa dei fondi comunitari perché intendo arrivare a spendere non solo il 100% delle risorse, ma se possibile qualcosa in più. Oggi siamo all’80% di fondi impegnati.

Per quanto riguarda la caccia?

In questo momento stiamo affrontando l’emergenza legata all’eccesso di fauna selvatica che sta causando danni enormi, non solo all’agricoltura ma anche alla sicurezza delle persone. È importante anche il controllo “scientifico” esercitato sull’ecosistema dall’attività venatoria che potrebbe dare a questo problema un contributo.

Qual è la sua posizione sugli Ogm?

Non ho nessuna preclusione ideologica, ma i punti di forza dell’Italia sono le colture tipiche e di nicchia insieme alla qualità. Non possiamo competere in termini di commodity e quindi occorre sostenere lo sviluppo del biologico e la distintività delle produzioni agricole lombarde e italiane.

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