Prodotti & Mercati – Canali e consumi da mass market per il latte

Articolo pubblicato su MARK UP 120 settembre 2004 –

Dal supermercato al negozio di alimentari, dal discount al fornaio. Sono svariate
le tipologie di punti di vendita in cui è possibile acquistare latte.

La distribuzione
Le caratteristiche del prodotto e la (almeno teorica) frequenza di consumo hanno
favorito la moltiplicazione dei canali. Così il latte oggi si trova nelle
grandi, medie e piccole superfici self-service tipicamente dedicate al food
e negli alimentari (mass market e negozi tradizionali), ma anche nei piccoli
punti di vendita specializzati (rivenditori di ortofrutta o panetterie) o negli
spazi dedicati alla gastronomia pronta (rosticcerie).
Di fatto la presenza nei punti di vendita tipicamente meno legati al mercato
lattiero-caseario è stata supportata anche, a livello locale, dall’attività
delle singole centrali del latte. Ciò vale soprattutto per il latte fresco,
dove la componente logistica è essenziale. In altri termini la capillarità
della presenza all’interno di territori limitati ha consentito alle singole
centrali di fornire in modo adeguato e tempestivo anche tipologie di store nuove
o alternative.
La proliferazione dei canali si traduce, per il consumatore, nella moltiplicazione
delle occasioni d’acquisto. Il latte può, pertanto, essere comperato
durante la spesa settimanale al supermercato, ma può essere acquistato
anche, in modo estemporaneo e non programmato, mentre si compra pane o frutta
nel punto di vendita di vicinato.
In concreto, tuttavia, gran parte degli acquisti transita attraverso supermercati
e ipermercati. In particolare nel segmento dell’Uht, che vanta il plus
della stoccabilità, il canale Gda assorbe circa l’80% delle vendite. Un
po’ più ridotto, ma comunque preponderante, è il peso della grande
distribuzione nel comparto del fresco.

Il consumo
Gran parte del consumo di latte, e in particolare di quello fresco, è
concentrato nella prima colazione. Accompagnato con il caffè o con i
cereali, il latte rappresenta per molti l’ingrediente principale del breakfast.
Tuttavia la diffusa abitudine a non saltare il primo pasto della giornata, o
a limitarlo a un veloce caffè, e la concorrenza di altri prodotti (in
primis gli yogurt) hanno via via ridotto lo spazio mattutino del latte. Di conseguenza
molte delle attività messe in atto dai produttori negli ultimi anni sono tese
a riconquistare le posizioni perdute nella prima colazione e a favorire il consumo
negli altri momenti della giornata. Nella prima direzione vanno, per esempio,
i latti a basso contenuto calorico (tra cui Punto di Parmalat, Candia Silhouette
o Piacere Leggero di Granarolo), che appaiono rivolti al target femminile più
attento alla linea e, in generale, all’equilibrio dell’alimentazione.
Sembrano, invece, mirare alla creazione di nuove occasioni di consumo i latti
aromatizzati (alla frutta, al cacao ecc.), che si pongono nella fascia degli
spuntini spezzafame e delle merende.
Per quanto riguarda la ripartizione geografica non emergono forti diversificazioni.
In linea di massima il prodotto fresco è consumato in modo equipartito
nelle singole aree del paese, con una lieve riduzione nel sud. Il consumo di
Uht risulta, invece, un poco più concentrato nel nord-ovest e più limitato
nel resto del paese.

Il prezzo
Naturalmente il processo di scelta è condizionato anche dalla variabile
economica. In linea di massima il latte fresco ha un prezzo al litro più elevato
rispetto a quello a lunga conservazione, in quanto la logistica incide in modo
percepibile sui costi. Le differenze più significative riguardano, tuttavia,
i prodotti speciali (funzionali, alta qualità) o biologici. In questi casi si
supera spesso l’1,50 euro al litro.
Ma a incidere sul prezzo possono essere anche altri fattori, quali, per esempio,
il materiale del packaging. Il latte contenuto in bottiglie di vetro costa,
infatti, mediamente di più dell’analogo prodotto confezionato nei brik
in tetrapak.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome