#alfemminile: Agricoltura e industria sane per un mondo diverso

Maria Letizia Gardoni presidente di Coldiretti Marche
Maria Letizia Gardoni di Coldiretti saluta l’era nuova aperta dal Green Deal europeo e sottolinea i risultati raggiunti da Filiera Italia. Con grande attenzione alle sfide 2021

Presidente della Coldiretti Marche, nonché membro nell’esecutivo nazionale della Confederazione Coldiretti, è la trentenne Maria Letizia Gardoni ad analizzare la situazione e a risponderci in merito a questo 2021 che sta per arrivare, lasciandosi alle spalle un anno insieme pieno di difficoltà ma anche di buoni risultati.

Quali particolari criticità prevede per il nuovo anno?
L’incognita epidemiologica rappresenta sicuramente la fonte di criticità più complessa da gestire. Da una parte è vero che la campagna non si è fermata e ha continuato con responsabilità a provvedere all’approvvigionamento alimentare della popolazione, non mancando al proprio ruolo sociale anche quando è stato allestito il servizio di consegne a domicilio e le iniziative benefiche in favore delle famiglie in difficoltà. Dall’altra non dobbiamo dimenticare che il lockdown ha messo in grave difficoltà comparti strategici per le Marche, dagli agriturismi alle imprese florovivaistiche. In generale l’intera filiera agroalimentare è compromessa dalla chiusura dei canali horeca. Il rischio di un secondo blocco totale porterebbe al collasso definitivo l’intera economia, regionale e nazionale.

Quali sono gli obiettivi e i traguardi, secondo lei, più prossimi da perseguire?
La riforma della nuova programmazione comunitaria, e le modalità con cui questa si esplicherà sul nostro territorio, è sicuramente ora uno degli aspetti politici più centrali da condividere con il mondo politico. A ciò, si aggiunge la necessità di prevedere e garantire liquidità alle imprese agricole colpite dallo stravolgimento dei mercati in tempo di Covid e le attività riguardanti la ricostruzione e la ripartenza delle aree colpite dal sisma del 2016, la costituzione di nuove filiere agroalimentari, la rivisitazione delle infrastrutture materiali e digitali, la corretta gestione della fauna selvatica in un’ottica di possibile coesistenza tra le specie animali e la sopravvivenza delle aziende agricole.

Qual è il suo punto di vista rispetto al nuovo Green Deal europeo?
Dalla sostenibilità delle produzioni all’indicazione di origine per tutelare i consumatori, dalla tutela dell’ambiente e delle biodiversità, il Green Deal va nella direzione che Coldiretti indica da almeno 20 anni. Battaglie storiche che ci hanno visti protagonisti anche lo scorso anno con la consegna di 1,1 milioni di firme per chiedere alla Commissione Ue di estendere l’obbligo di indicazione di origine in etichetta di tutti gli alimenti in commercio. Petizione guidata da Coldiretti e seguita in Europa da numerose altre associazioni e Ong da 7 Paesi membri. Al nostro fianco avevamo gli agricoltori francesi della Fnsea, consumatori e agricoltori spagnoli, greci, lo storico sindacato polacco Solidarnosc e altre realtà italiane come Slow Food e Fondazione Univerde. Solo Coldiretti, nelle nostre Marche, ne ha raccolte oltre 46mila. Ora l’obbligo di origine è diventata una storica realtà inserita nella nuova Strategia Farm to Fork nell’ambito del Green New Deal.

A che punto siamo nella digitalizzazione del settore?
Il processo di digitalizzazione è oggi indispensabile per rendere le nostre aziende rispondenti alle esigenze di una società iperconnessa da un punto di vista economico commerciale e sociale. La digitalizzazione è cruciale anche per migliorare le tecniche agronomiche e per acquisire dati e statistiche necessari per ottimizzare i processi di produzione e trasformazione agroalimentari. Per questo motivo stiamo investendo molto sulla cosiddetta “agricoltura di precisione” che rappresenta una possibilità di crescita economica e di sostenibilità ambientale per le nostre imprese. Queste possibilità, però, fanno fatica a trovare realizzazione perché per portare la banda ultralarga nell’entroterra marchigiano sono state avviate 218 procedure ma solo il 7% è stato collaudato. Infrastrutture digitali, ma anche viarie: questo è uno dei punti più importanti che abbiamo chiesto al nuovo governo regionale per colmare il divario con le altre regioni e la perdita di redditività delle aziende già provate dalla crisi, dal terremoto e dal Covid.

Rispetto al tema della dignità dei lavoratori, com’è la situazione?
Si tratta di un tema nazionale che Coldiretti affronta da anni. Nelle campagne, purtroppo, si registrano sfruttamento, caporalato, lavoro nero, sottopagato e per affrontare queste situazioni non accettabili in un Paese civile dobbiamo creare un grande fronte unito tra agricoltori e consumatori consapevoli. Dietro un prezzo troppo basso si deve sapere che si può nascondere un produttore strozzato dal frutto avvelenato di un’asta al ribasso o di una delle tante pratiche commerciali sleali che stiamo combattendo anche a livello europeo. Oppure allo sfruttamento di manodopera irregolare.

Pensa che ci sia futuro per i giovani in agricoltura e quali sono le prospettive?
L’agricoltura ha saputo affrontare il ricambio generazionale. I giovani hanno portato un nuovo approccio al lavoro agricolo e idee rivoluzionarie che hanno fatto fare un balzo in avanti a tutto il settore. Nelle Marche sono oltre 1.400 gli under 35 che hanno deciso di costruire la loro carriera professionale in campagna. Il loro impegno va accompagnato da politiche regionali corrette che possano favorire lo sviluppo dei loro percorsi imprenditoriali, tra finanziamenti europei, processi di promozione e internazionalizzazione e consulenza aziendale.

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