Alimentari: Ambrosetti calcola il peso dell’italian sounding

Agroalimentare italian sounding
La società di consulenza stima un danno di 60 miliardi di euro, superiore all’export ufficiale. L'Italia è prima al mondo per le vendite oltrefrontiere di pomodori e pasta

Che l’italian sounding pesi in maniera considerevole sull’export italiano non li scopre di certo oggi. La novità è che da The European House – Ambrosetti ha quantificato il suo valore, cioè il danno per le imprese italiane che vendono all’estero. Si tratta di 60 miliardi di euro all’anno, un miliardo in più dell’export censito.

I contenuti dello studio

Il dato emerge dal rapporto “Italian sounding: quanto vale e come trasformarlo in export made in Italy”, realizzato da The European House – Ambrosetti e Ismea e presentato nella seconda giornata del 7° forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni”, organizzato a Bormio dalla stessa Ambrosetti.

In realtà, nel corso del 2022 il fenomeno complessivo dell’Italian sounding (l’utilizzo di denominazioni, riferimenti geografici, immagini, combinazioni cromatiche e marchi che evocano l’Italia su etichette e confezioni di prodotti agroalimentari non italiani) nel mondo è stato pari a 91 miliardi di euro, di cui 60 riguardano direttamente i consumatori stranieri che realmente desiderano acquistare prodotti made in Italy e sono ingannati da queste azioni di marketing.

La sfida è restituire fatturato alle imprese italiane

“L’obiettivo del rapporto che abbiamo dedicato all’Italian sounding –, ha dichiarato Benedetta Brioschi, associate partner e responsabile food&retail di The European House–Ambrosetti –, di dare una direzione per un percorso di investimenti tra pubblico e privato che permetta alle nostre imprese di soddisfare la voglia di ‘made in Italy’ nel mondo e riconquistare quei 60 miliardi di euro spesi oggi dai consumatori esteri che credono di acquistare prodotti italiani quando invece sono soltanto imitazioni con nomi originali o simili alle nostre eccellenze agroalimentari. Il fenomeno dell’Italian sounding deve essere interpretato perciò come obiettivo di portare fatturato aggiuntivo della filiera agroalimentare italiana, con il potenziale di far raddoppiare il nostro export”.

I numeri delle vendite oltrefrontiera

Guardando all’export agroalimentare nel suo insieme, l’Italia nel 2022 ha messo a segno un incremento del 15,3% in termini di valore e oggi la Penisola è primo esportatore nel mondo di polpe e pelati di pomodoro (76,7% sul totale dell’export mondiale), di pasta (48,4%), di castagne sgusciate (32,6%), di passate e concentrati di pomodoro (24,2% del mercato) e al secondo posto per vino, formaggi freschi, kiwi, liquori, mele e nocciole.

Nessun primato, invece, in termini di valore cumulato del nostro export agoalimentare: i 58,8 miliardi di euro registrati nel 2022 permettono all’Italia di raggiungere solo il 5° posto in Europa: l’export tedesco vale quasi 25 miliardi in più e quello francese 20 in più. L’agroalimentare, inoltre, vale il 9,4% delle esportazioni totali italiane a fronte di un 13,5% della Francia e 17% in Spagna.

 

 

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