Barbie: celebrazione, morte e rinascita di un mondo (di marca)

Il film ricorda che la paura di cambiare è uno degli atteggiamenti più pericolosi 
per un brand. Bisogna continuare a ispirare i consumatori di ieri, di oggi e di domani


Le marche, come ogni essere vivente, hanno un proprio ciclo di vita: nascono, crescono e, se alimentate correttamente, si sviluppano e diventano parte della vita di milioni di persone. Ma il ciclo di vita di una marca non si ferma con il raggiungimento della sua maturità. Esistono numerosi casi di brand famosi che hanno perso forza e quote di mercato, anche cadendo in una spirale che li ha portati all’oblio. Allora cosa può fare un brand per scongiurare questo rischio e continuare a essere un punto di riferimento per i consumatori? Vediamolo insieme prendendo a esempio Barbie, dal 1959 marca top-of-mind per milioni di bambine, e l’operazione di rinnovamento narrativo grazie al film in live action. Certo vi sarete imbattuti nel “Barbie-core”, il movimento esploso all’uscita del film di Greta Gerwig. Si sono versati fiumi d’inchiostro per celebrare o criticare la pellicola e la narrazione di genere che promuove con i protagonisti Barbie e Ken. Al di là delle opinioni, il successo è innegabile; in poche settimane la pellicola è diventata il diciassettesimo film per incassi nella storia del cinema, così come l’impatto sull’opinione pubblica. Ma Barbie The Movie è anche uno straordinario case study di marketing, frutto di una strategia pianificata e coordinata congiuntamente da Mattel e Warner Bros. Barbie The Movie è un passo fondamentale nell’evoluzione del mondo di marca e dell’aggiornamento della narrativa del brand.

Attenzione: spoilers ahead!

“If you love Barbie, if you hate Barbie, this movie is for you”: delle tante tagline utilizzate nella campagna di lancio del film, questa rivela meglio di altre il dualismo che da sempre circonda l’immagine del brand Barbie. Da una parte, il merito di aver aperto la strada a un nuovo modo d’intendere e giocare con le bambole: basta fare la mamma, sì a inventare storie con una fashion doll adulta con cui fare giochi da grandi. Dall’altra, l’accusa reiterata di diffondere un mondo di plastica, costruito su stereotipi e modelli estetico-sociali superficiali, basati su materialità, consumismo e apparenza. Questo mondo di plastica (Barbieland nella pellicola) è il vero protagonista del primo atto del film. Universo kitsch, rosa, in cui la protagonista Barbie Stereotipo gioca, fa discorsi vacui e molti party insieme alle altre Barbie. Vita scevra da pensieri e preoccupazioni. Un “mondo di marca” semplice e bidimensionale, che dà ragione con molta autoironia alle critiche dei detrattori. Dopo pochi minuti, però, il film ci ricorda che il brand Barbie è molto di più degli stereotipi. In quel contesto di spensierato edonismo e autocompiacimento, la protagonista è assalita da pensieri ansiogeni e negativi (“Avete mai pensato alla morte?”). Il suo stile di vita entra in crisi. Il motivo? Nel mondo reale la proprietaria della bambola Barbie Stereotipo sta vivendo una crisi personale, proiettando sulla nostra protagonista le proprie ansie e frustrazioni. La soluzione: entrare nel mondo reale e risolvere la situazione. Questo dispositivo narrativo è fondato sulla chiara idea del mondo di marca di Barbie: universo definito da storie che nascono nell’immaginazione di bambine e bambini che scelgono le bambole per mettere in scena le loro idee, i sogni e le preoccupazioni. Barbieland è lo specchio semplificato del nostro mondo. Un brand-verse che si nutre delle storie che viviamo e raccontiamo ogni giorno. E che rischia di andare in crisi se la nostra idea di società viene messa in discussione. Il secondo atto del film, in cui Barbie Stereotipo visita il mondo reale alla ricerca della propria bambina infelice, mette in scena la manifestazione concreta della crisi di Barbieland. Una crisi non dissimile da quelle che il brand Barbie ha ripetutamente affrontato e superato con successo nel corso degli anni. Barbie si accorge di essere un giocattolo ormai datato (più adatto alle mamme di oggi che alle figlie), con un’idea di femminilità non al passo con i tempi. Mattel la vuole ritirare dal mercato e, come non bastasse, Ken ha scoperto la cultura del patriarcato, con la quale stravolge Barbieland.

Una lezione per i marketing manager

Guardati attraverso la prospettiva del branding, mentre il primo atto rappresenta una celebrazione del mondo di marca Barbie, il secondo è la messa in scena della sua crisi e conseguente distruzione, dovute in estrema sintesi al peccato più grande in cui rischia di incorrere ogni brand di successo: chiudersi in sé stesso ignorando i cambiamenti sociali in atto, fino a perdere contatto con il mondo reale. La lezione per i marketing manager è che i brand non entrano in crisi perché commettono passi falsi. Entrano in crisi perché smettono di fare passi in avanti, restando in una comfort-zone rassicurante, sì, ma pericolosa. Mentre i brand decidono di restare uguali, mondo e consumatori cambiano. Come in ogni commedia, c’è un lieto fine. E se analizzato dalla prospettiva del professionista di marketing, il terzo atto del film -in cui Barbie Stereotipo riporta l’ordine a Barbieland ricordando a tutte le Barbie l’importanza per ciascuna donna di coltivare i propri talenti ed essere forte e indipendente- è la metafora di come il brand Barbie è riuscito a mantenere la propria leadership di mercato nel corso degli anni: evolvendo la propria narrazione dell’universo femminile, aggiornando la figura della donna coerentemente con le nuove istanze e i cambiamenti culturali della società. Già nella seconda metà degli anni ’60, Barbie fu rimproverata di promuovere stereotipi di genere reazionari. Il brand lanciò allora Barbie Astronauta nel 1965, secondo Mattel “la prima persona ad atterrare sulla luna”. Al grido “We Girls Can Do Anything”, Barbie ha poi incarnato molteplici professioni, ruoli, culture ed estetiche, senza restare mai uguale a sé stessa; basti pensare al lancio nel 2021 della linea ispirata alle scienziate simbolo della lotta contro la pandemia. Il successo e l’impatto sociale di Barbie The Movie ricorda ancora una volta ai marketer di tutto il mondo che la paura di cambiare è uno degli atteggiamenti più pericolosi per un brand e che il segreto per crescere e prosperare è non smettere mai di guardare il mondo intorno a sé, evolvere insieme a esso per continuare a ispirare i consumatori di ieri, di oggi e di domani.

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