Il retail management cerca di avere sul tema Esg una visione pragmatica, per applicare ai centri commerciali servizi misurabili nel tempo
. Da Mark Up 321

Convegni, tavole rotonde, conferenze, interviste, workshop: ogni occasione è buona per affrontare il tema Esg (acronimo di Environment, social, governance) argomento del giorno che, per motivi spesso poco approfonditi, riempie le agende di chiunque abbia a che fare con l’immobiliare commerciale. Di fatto però, per il mondo del retail management parole come “ottimizzazione”, “efficientamento”, “valorizzazione” non sono novità, questo è un mestiere che ha sempre avuto a che fare con l’Esg: i criteri ambientali, sociali o di governance sono spesso, a conti fatti, prettamente e pragmaticamente una questione economica e di performance. Questo basta a farne un tema da presidiare con la massima attenzione.

In fondo la gestione commerciale, tecnica, amministrativa e fiscale del patrimonio immobiliare retail ha già insito nel proprio Dna i principi Esg. Non fosse altro che per questioni legate ai rendimenti economici degli immobili, anche in relazione alla loro destinazione d’uso. Per questo, dal canto nostro, occupandoci di retail management, cerchiamo di avere sul tema una visione prima di tutto pragmatica, con l’obiettivo di individuare all’interno dei principi e dei criteri di sostenibilità, l’occasione di applicare ai centri commerciali e agli immobili retail di cui ci occupiamo servizi e pratiche molto concrete, i cui effetti economici incrementali siano oggettivamente misurabili nel tempo. Ci viene spontaneo quindi condividere il frutto di alcune riflessioni che ci siamo trovati a fare anche in seguito alla partecipazione ad alcuni convegni. È assodato che i principi di sostenibilità vadano letti sapendo che ormai non c’è immobile che non venga valutato tenendo conto del suo allineamento ad essi. Soprattutto per quegli immobili che si accingono ad affrontare un naturale e inevitabile processo di ristrutturazione, vuoi per le proprie condizioni strutturali e di mercato, vuoi per un sempre più attento e diffuso approccio conservativo nel consumo del territorio. In un patrimonio immobiliare retail peculiare come quello italiano, per anzianità e caratteristiche strutturali, si tratta di aspetti di non poco rilievo. Che ovviamente hanno un impatto significativo anche sulla vendibilità degli asset, influenzando di fatto i risultati a livello macro di un’intera asset class.

Il retail management efficace

Ecco che diventa strategico individuare alcuni fondamentali che devono caratterizzare un retail management efficace, soprattutto in chiave economica e prospettica. In primis la capacità di lavorare sul percepito e sulla reputazione territoriale dell’immobile. Non è una novità il fatto che crediamo fermamente nella necessità di adeguare il lavoro ad ogni progetto in modo che si adatti alla realtà ambientale, sociale e umana in cui è immerso. Questo è tanto più vero quanto più si consideri che, con il diffondersi inevitabile dell’uso della tecnologia e delle sue infinite potenzialità e immense soluzioni disponibili, il rischio di de-materializzazione dell’esperienza è dietro l’angolo. Benvenuta tecnologia quindi, ma sempre e solo per favorire la costruzione di una relazione utente/immobile immersiva rispetto ai luoghi e ai bacini nei quali essi gravitano. Che si tratti di ricommercializzazione, di adeguamento edilizio/impiantistico, di marketing B2C, un approccio come quello sopra descritto è condizione fondamentale per portare pratiche gestionali efficienti e valorizzanti a proprietà e immobili in aree cosiddette regionali che rappresentano la stragrande maggioranza del tessuto commerciale, direzionale e abitativo del Paese; che, storicamente, non vive solo dei grandi poli di aggregazione metropolitana, ma che anzi proprio nelle aree non mainstream può trovare la propria cifra distintiva e un potenziale di sviluppo inespresso.

Tutto questo avrà inevitabili riverberi in particolare su alcuni ambiti specifici di applicazione. A partire dalla necessità di dare corpo e consistenza a un nuovo modello della gestione degli impianti energivori. Lavorando non solo su tutto ciò che è efficientamento, ottimizzazione e controllo dei consumi -ormai dovrebbe essere un fatto assodato- ma anche su processi di autoproduzione e autosufficienza energetica, sullo sviluppo di una corretta ed efficace contrattualistica per la gestione dell’autoconsumo. Senza dimenticare che la prossima frontiera, quando si deve affrontare il tema della scarsità delle risorse -quindi costose e perciò da gestire con la massima attenzione-, sarà quella dei consumi idrici. Con tutto quello che ne consegue in termini di sensibilizzazione e concrete buone pratiche relative alle azioni di risparmio e di recupero. Anche in questo caso con necessari interventi a livello impiantistico.

Rapporto proprietà-tenant

E questo tema ci porta inevitabilmente al rapporto proprietà-tenant. Un rapporto che deve necessariamente funzionare in modo sinergico, e nel quale le ovvie diversità di posizioni non devono impedire il mantenimento del focus sul bene comune e sul raggiungimento di comuni obiettivi.

Serve un’evoluzione nel modello contrattuale? Certo. Ma è necessario anche condividere il modello gestionale, in cui il ruolo del property management diventa cruciale punto di snodo delle esigenze degli stakeholder. Come tale, un campo straordinario dove mettere a punto le metodologie e gli strumenti necessari perché ognuno possa trovare nell’immobile condiviso i risultati attesi. Serve fare fronte comune. E si può fare. Giusto per citare un esempio virtuoso, ricordiamo il caso della città di Friburgo in Germania, una Green City dove tutta la comunità si è aggregata intorno a un obiettivo condiviso ed è riuscita a raggiungere, anche rapidamente, inattesi risultati in termini di sostenibilità. E se ci è riuscita la collaborazione pubblico-privato…

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