#alfemminile – Coerenza per coniugare bisogni e valori

Alla guida di Coop Alleanza 3.0 da tre anni, Milva Carletti ci racconta la sua esperienza nella più grande tra le cooperative italiane, i risultati e i progetti per il futuro prendendo i passi da una ricerca che ha analizzato il sentiment dei suoi stakeholder

Da poco più di tre anni in Coop Alleanza 3.0, prima come DG corporate poi, da un anno e mezzo, direttrice generale, Milva Carletti è stata chiamata a un compito non facile: risollevare le sorti della più grande tra le Coop. Nata nel gennaio 2016 dalla fusione di Coop Adriatica (che nel 2014 aveva a sua volta assorbito Coop Veneto), Coop Consumatori Nordest e Coop Estense, Coop Alleanza 3.0 con Carletti inizia il suo processo di risanamento che ha visto accumulare perdite dal 2018 al 2022 per 750 milioni di euro. Una sfida notevole che Milva Carletti, che arriva da una lunga esperienza in Manutencoop (cooperativa di Facility Management) per poi passare a IGD ha deciso di affrontare, ma leggiamo come ...

Avete commissionato una ricerca a Nomisma sulla reputazione di Coop Alleanza 3.0: quali gli obiettivi e quali i risultati?
Noi abbiamo fatto questa scelta per avere più chiaro il sentiero su cui muoverci e gli intervistati sono stati molto chiari. La prima cosa su cui dobbiamo lavorare è nel cercare di concentrarci ancora di più sul concetto di convenienza, che per noi va sempre mutuata con la qualità e l’etica del rispetto del lavoro. Questo significa che per noi riuscire ad essere convenienti vuol dire farlo a condizioni un po’ più difficili. Abbiamo alzato l’asticella e quindi abbiamo lavorato molto, ad esempio sul prodotto a marchio, e continueremo a lavorarci, anche perché è un punto di eccellenza che ci ha riconosciuto chiunque sia stato intervistato ed è forse l’elemento identitario maggiore e più riconosciuto di Coop Alleanza in questo momento. Il prodotto a marchio ci consente di perseguire un duplice obiettivo: quello della convenienza, su cui sappiamo che dobbiamo migliorare, e quello dell’identità, della riconoscibilità, della sottrazione all’omologazione. Inoltre, abbiamo una gamma incredibile di prodotti che consentono una spesa abbordabile a tutti, grazie a scale prezzo diverse, riuscendo così a dare l’opportunità, anche chi ha un budget di spesa più contingentato, di fare riferimento a prodotti di qualità ma con prezzi più bassi. Passando ai negozi, c’è una prerogativa della nostra cooperativa, che è stata vissuta per molto tempo come un punto di debolezza, ma che io invece leggo come un punto di forza: i nostri 370 punti di vendita vantano tutti i formati, dagli ipermercati a supermercati e superstore, fino alle superette: è come se avessimo l’abito giusto per ogni occasione.

Coop Alleanza ha goduto di molta attenzione da parte dell’industry e i suoi risultati, non proprio eclatanti degli ultimi anni, hanno suscitato molte perplessità. Cosa ha portato a questa situazione?
La diagnosi è difficile e di solito, per quanto mi riguarda, faccio diagnosi per non commettere gli stessi errori in futuro: le retrospettive fine a se stesse non hanno senso. Credo che la grande spinta innovativa, che ha avuto Coop negli anni 80, nel tempo, abbia portato la cooperativa in una zona di comfort che le ha fatto abbassare la guardia, ha così smesso di “sentirsi mordere i talloni” e si è adagiata, probabilmente, vivendo di rendita. In realtà, questa è un settore che sembra semplice, ma non lo è affatto e l’ho compreso anche pagandolo sulla mia pelle. È un comparto dove esistono solo posti in piedi; c’è una densità competitiva che ha dell’incredibile e bastano piccole sfumature per far cambiare le abitudini di acquisto. Inoltre, osserviamo una polarizzazione nei consumi tra chi è estremamente concentrato sulla qualità di ciò che lo nutre, e per questo è disposto anche a pagare un prezzo maggiore, inclusi i collaterali di un buon prodotto... che sia magari a chilometro zero, che sia equo e solidale e che abbia un tema di tutela della legalità, che lanci dei messaggi positivi per l’ambiente, ecc. E c’è chi, invece, non comprende questo tipo di messaggio o semplicemente non è interessato e fa scelte completamente opposte.

A che punto siete con il rilancio di Coop Alleanza?
Secondo me siamo a un buon punto. Abbiamo le idee molto chiare di che cosa vogliamo fare nei prossimi mesi e anni. Quindi sono molto fiduciosa che riusciremo a riprenderci il nostro ruolo. Abbiamo tutta la determinazione per farlo, tutti gli ingredienti nelle nostre mani.

Qualcuno ha detto che le cooperative troppo grandi non sono più delle cooperative. Cosa ne pensa?
Non nascondo che più diventa grande un’azienda, più è difficile far convivere le due anime, perché è ovvio che più una dimensione aziendale si ingrandisce, più le regole per stare sul mercato non lasciano spazio a tanti voli. Quindi, per certi, versi capisco questa affermazione. A volte credo di averla detta anch’io, esasperata, in certi momenti. Lo sforzo di rimanere cooperativa apparentemente ti complica la vita, ma in realtà ti dà un abbrivio migliore e, è chiaro che, se si fa azienda, avendo a che fare con dei cooperatori, non si può semplicemente fare scelte che abbiano come obiettivo solo un buon risultato economico e finanziario; è molto più complesso, perché si cerca, nel contempo, di soddisfare bisogni che sono più immateriali, che hanno “valore” ma che non sono rilevati dai conti economici. Per comprenderlo è sufficiente leggere i punti della mission di Coop: ce li ho sulla scrivania e li uso come decalogo, così non mi distraggo e non dimentico di essere in una cooperativa. Noi abbiamo la finalità di cambiare il mercato. Questa è una cosa che mi elettrizza: lasciare un segno, di dare, di modificare il mercato: questa è l’anima più intima della cooperativa. Pensiamo alle lotte consumeristiche, che all’inizio, lo ammetto, mi lasciavano un po’ perplessa, ma di cui adesso comprendo completamente la valenza. Ad esempio, la nostra lotta agli antibiotici nella carne ha cambiato la percezione del consumatore che ha così modificato il mercato. Potrei citare moltissimi casi, il tema dei farmaci, del latte per i neonati... scelte che sono costate, ma il fatto di essere coerenti alla fine ha pagato.

Coop ha aumentato la quota di prodotti a marchio: come questo ha influito nei rapporti con l’industria di marca?
L’annuncio di volere portare la quota della MDD al 50% è stato letto, diciamo così, in maniera un po’ sospettosa dalla grande industria; d’altra parte, noi abbiamo quasi il dovere morale di continuare a lavorare sul prodotto a marchio. Ce lo chiede il nostro socio, il nostro consumatore. Non possiamo perdere l’elemento identitario per cui ci scelgono e questa è una cosa imprescindibile. Però è anche vero che proprio non si deve dimenticare un’altra vocazione che Coop ha sempre avuto negli anni passati, che forse recentemente si è un pochino sfilacciata: la vocazione all’innovazione, ad essere partner della grande industria, ognuno con un proprio ruolo, perché comunque il consumatore vuole tutto, brand e prodotti a marchio del distributore. La grande industria ha sicuramente il merito di portare avanti sperimentazioni che solo con un’ampia dotazione di mezzi e di risorse è possibile fare, quindi, sarebbe veramente controintuitivo non sfruttare reciprocamente questi punti di forza.
In sintesi, la nostra intenzione è lavorare soprattutto sui formati più contenuti. Lavorare molto sul prodotto a marchio, ma continuare a ragionare in un’ottica di miglioramento con la grande industria, per fornire al nostro socio, al nostro cliente sempre nuove occasioni di acquisto emozionali.

Un’ultima domanda: qualcuno dice che lei è “cattiva”... come risponde?
Mi fa sempre sorridere quando penso che si dica che sono cattiva, perché ovviamente io non mi leggo così, ma questo conta poco. Credo che, in realtà, quella che viene chiamata cattiveria, più correttamente, forse, possa essere chiamata determinazione e attaccamento alla coerenza. Per me la coerenza è la madre di tutte le battaglie.

 

La coerenza è ciò che ti paga nel breve e nel medio-lungo termine. Per me non ci sono alternative e la coerenza, talvolta, ti pone di fronte anche delle scelte antipatiche

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