Food delivery e digitale a caccia di nuovi equilibri

La ristorazione ha incrementato i volumi di sellout attraverso le piattaforme. Una ricerca McKinsey descrive il cambiamento (da Mark Up 304)

II trend di crescita della ristorazione era in atto ben prima della pandemia ma è stato moltiplicato da essa. Diversi ricerche di mercato confermano inoltre che soprattutto i millennials tendono a non preparare cibi tra le mura domestiche ma prediligono il consumo attraverso la ristorazione. La crescita delle piattaforme digitali di food delivery ha di fatto aperto delle nuove opportunità di business agli operatori tradizionali ma anche diverse criticità che attengono alla sostenibilità economica sia degli operatori, ma anche dei gestori delle piattaforme. Il tema della sostenibilità economica delle digital company è stato affrontato quest’anno al Marketing & Retail Summit 2021 in cui sono emerse almeno tre tendenze degne di riflessione. Nel settore retail vi è un overpromise circa il servizio che compromette aspetti anche legati alla sostenibilità ambientale. Diventa molto rilevante per gli investitori la quota di mercato che la piattaforma riesce a raggiungere, rispetto ai costi da sostenere per raggiungerla. Infine un kpi significativo è il tasso di crescita piuttosto della profittabilità. Nel caso delle piattaforme di food delivery vi sono delle differenze, ma le criticità sono spalmate anche sugli utilizzatori delle piattaforme stesse che rischiano di non coprire i costi.

I problema dei costi

In Italia gli operatori di food delivery sono diversi: Just Eat, Glovo, Deliveroo, UberEats ecc. Sommariamente il tipo di proposta commerciale per chi aderisce alla piattaforma è simile per tutti i competitor. Di variabile vi è il costo di iscrizione alla piattaforma (circa 200 euro); inoltre il marketing promozionale prevede campagne di consegna gratuita; ha un costo anche la rilevanza nella posizione in lista nella app. Comunque, il costo del servizio fisso per consegna che la piattaforma chiede al ristoratore, oltre a quelli precedenti, può oscillare dal 20 al 35%. L’ultima riga del conto economico dice che i ricavi per un ristoratore sono poco meno del 50% di quelli ottenuti con le stesse portate al tavolo della propria sala. E questo rende economicamente pericolante il conto economico. Per comprende meglio questa dinamica viene in aiuto uno studio di McKinsey effettuato negli Usa ma i cui risultati sono ragionevolmente validi anche per l’Ue, Italia compresa. I margini di profitto dei ristoranti oscillano dal 7 al 22% e devono confrontarsi con commissioni più alte. Ma non è tutto: secondo i ricercatori di McKinsey, progressivamente la produzione di piatti da consegna diventa predominante ma non rispecchia il servito al tavolo in quanto il delivery lo priva di referenze ad elevato valore aggiunto come il vino e bevande alcoliche che mediamente sono consumati dai commensali in sala. Lo spostamento dalla ristorazione interna a quella esterna è quindi una minaccia e ogni ristoratore deve trovare il giusto mix.

Pericolo crescita negativa

La ricerca McKinsey mette in evidenza anche aspetti paradossali di successo attraverso le piattaforme di delivery. Al crescere dell’ordinato, incrementa ovviamente l’attività di preparazione e questa richiede spazi di cucina maggiore e forza lavoro aggiuntiva. Contestualmente crescono i costi fissi che però non sono compensati dall’incremento di fatturato e inoltre un’azione di crescita sul consegnato a casa rischia di cannibalizzare la ristorazione interna e compromettere la qualità dell’esperienza culinaria dei propri clienti. In ogni caso il food delivery è un’opportunità di business che richiede un bilanciamento delicato sull’azione interna ed esterna. Per i ricercatori di McKinsey la soluzione è da ricercare in un pricing differenziato tra il servito in sala e il consegnato: un posizionamento più elevato del primo permetterebbe di sostenere il secondo o viceversa con azione diretta sull’incremento dei costi. Un’altra considerazione importante messa in evidenza dallo studio di McKinsey è correlata ai costi di marketing variabili, come la pubblicità. Il recruitment di nuovi clienti diventa molto oneroso a causa della frammentazione dei player e la alta competizione nel settore completa il quadro. Il rischio è che le piattaforme acquisiscono un’influenza predominante togliendo di fatto la relazioni diretta tra ristoratore e cliente.

Spunti per innovare

Secondo i ricercatori di McKinsey lo scenario del food delivery è in rapida evoluzione e dal cambiamento impresso è possibile ricavare degli spunti di innovazione che si sostanziano in otto key factor da tenere in considerazione. Vediamoli.

1. Menu customizzati - Attraverso i dati generati dalle piattaforme di consegna i ristoranti possono definire menu personalizzati per ogni consumatore. La personalizzazione automatizza e semplifica la composizione degli ordini tenendo conto di allergie e raccomandazioni alimentari.

2. Dark kitchen - La dark kitchen rappresentano un importante strumento di crescita per i ristoratori in quanto consentono di tentare l’allargamento del bacino di utenza senza investimenti ingenti e sempre inferiori a quelli necessari per l’apertura di un ristorante.

3. Marchi virtuali - Offerte mirate a nuove occasioni di pasto o tipi di cucina, sviluppate per aumentare la presenza online di un ristorante e aggredire un diverso segmento di mercato. Per esempio, lo YouTuber Jimmy Donaldson (noto come MrBeast) ha sfruttato la sua popolarità in MrBeast Burger, un marchio virtuale i cui menu vengono preparati nelle cucine dei ristoranti presenti negli Stati Uniti e nel Regno Unito.

4. Brand spin-off - Strategia volta a sfruttare il proprio brand equity verso i propri clienti per offrire spin off mirati a nuovi dati demografici e occasioni di consumo. Il potenziale per sfruttare il valore del marchio è maggiore attraverso il canale poiché i consumatori si rivolgono a brand di valore indipendentemente dalla loro collocazione geografica.

5. Punti di consolidamento - Partnership tra ristoranti vicini per creare delle food hall virtuali che migliori la customer experience attraverso un assortimento maggiore e in grado di coprire ogni esigenza. Soluzioni come il Kitchen Hub Food Hall di Toronto consentono ai clienti di effettuare un singolo ordine che includa piatti provenienti da più ristoranti.

6. Concierge virtuale - I servizi di concierge virtuale prevedono che un unico operatore effettui più ritiri e consegne accumulando ordini da clienti diversi che vivono nello stesso condominio o quartiere. Rappi, con sede a Bogotà, in Colombia, è un esempio di app di consegna multiverticale che combina la consegna di cibo con altre commissioni (tramite servizi come RappiFavor o RappiCash), mentre Uber Eats e DoorDash hanno iniziato a esplorare l’accatastamento degli ordini come parte delle loro offerte di cibo.

7. Piccoli ristoranti – Il food delivery è un fenomeno che impatta sulla ristorazione in sala e alcuni player stanno valutando di ridurre le superfici. Per esempio, un caso è quello di Burger King che ha recentemente presentato i piani per un ristorante più piccolo del 60% introducendo la modalità “armadietti per il ritiro” e parcheggi dedicati per la consegna a bordo strada.

8. Engagement innovation – L’ecosistema del food delivery ammette modelli interattivi inediti e tutti da inventare. Un esempio è combinare la ristorazione e la televisione offerte del tipo: “assaggia i piatti dei tuoi programmi di cucina preferiti a casa”.Rachael Ray ha collaborato con Reef e Uber Eats nel 2019 per lanciare il suo ultimo libro di cucina, offrendo ai fan di alcune città l’opportunità di assaggiare le sue ricette.

Il diagramma in figura mostra come il quantum pagato dal consumatore si spacca su diverse voci di costo e come le piattaforme determinano un costo aggiuntivo che mette in pericolo la sostenibilità economica dell’attività. Fonte: Edison Trends; National Restaurant Association -analisi di McKinsey

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