Il cambiamento climatico costerà all’Italia 10 miliardi all’anno di danni

Foto di G.C. da Pixabay
Italia lontana dagli obiettivi net zero e, a causa della sua vulnerabilità geografica, ne pagherà un altissimo prezzo. L'analisi Bain & Company

Un tempo erano solo previsioni da scienziati, adesso parliamo di una realtà evidente, pantagruelica e, forse proprio per il suo essere tale, più facile da minimizzare che affrontare a livello fattivo e psicologico (la nostra mente si impegna tantissimo per essere conservatrice). Eppure, il pianeta Terra non cambierà se non cambiamo noi, perché non è un elettore che si può rabbonire e lusingare con vuote promesse, non è un'entità buona o cattiva con la quale contrattare: è puro e semplice rapporto di causa ed effetto. E gli effetti nefasti del cambiamento climatico sulla nostra Penisola, che per natura geografica risulta particolarmente esposta sul tema, non sono più tanto una questione da stimare e misurare, ma una visibile e tangibile emergenza destinata a farsi sempre più ricorrente: siccità, alluvioni, eventi atmosferici estremi di ogni sorta, scioglimento dei ghiacciai. Accadimenti con un costo significativo in vite umane e cifre economiche che non si potranno certo coprire sparandoci sopra della finta neve.

I costi che ci aspettano al varco

Secondo una nuova analisi di Bain & Company sul tema, in particolare, quasi il 70% (o 913 miliardi di euro) degli asset strategici italiani sono a rischio diretto a causa delle minacce climatiche. Se le condizioni peggiorassero ulteriormente, a fronte del fatto che siamo ben lontani dal rispettare la riduzione di emissioni previste per il 2030 e il 2050, questa esposizione potrebbe aumentare fino all’80%, traducendosi in danni annuali per 10 miliardi di euro. Si prevede infatti che le tendenze meteorologiche estreme peggioreranno in tutta la Penisola, colpendo la popolazione, l’economia, nonché beni e settori vitali come l’energia, l’agricoltura, l’approvvigionamento idrico e le infrastrutture di comunicazione. Entro il 2050, circa il 60% del nostro territorio sarà, salvo prendere per tempo misure che si potrebbero quasi definire rivoluzionarie, ad alto rischio, con circa 16,5 milioni di persone (o il 28% della popolazione) che vivranno in aree esposte a minacce significative. Questo scenario comporterà, per offrire un'altra cifra tra le tante, una perdita prevista di 4,5 miliardi di euro in produttività agricola.
Ricordiamo che già nel maggio 2023, la regione settentrionale italiana dell’Emilia-Romagna ha registrato quasi 50 centimetri di pioggia in soli 15 giorni (più della metà delle precipitazioni annuali della regione). Circa 238.000 incendi hanno bruciato circa 2,6 milioni di ettari in tutta Italia e così via. I racconti dello spirito eroico dei romagnoli o della popolazione di turno servono a poco se non ci si mette nell'ottica di agire sull'intero sistema, pensando ancora che tutto accada "a casa degli altri ma non a casa nostra". Spoiler: non esiste la casa degli altri e nemmeno "il business degli altri", il pianeta è uno solo.

Sono "affari di tutti"

Dal report”, spiega Roberto Prioreschi, Semea regional managing partner di Bain & Company, “emerge che - al ritmo attuale del percorso verso la transizione - l’Italia difficilmente riuscirà a raggiungere gli obiettivi climatici europei prefissi al 2030 e a mettere a segno un futuro a zero emissioni entro il 2050. Solo il 15% delle emissioni dichiarate dalle aziende italiane, infatti, è coperto da obiettivi di decarbonizzazione science-based in linea con l'Accordo di Parigi. I settori pubblico e privato, infatti, devono riconoscere la gravità della situazione e iniziare collettivamente a intraprendere un percorso di cambiamento”.
In particolare, per il settore pubblico, questo significa secondo lo studio accelerare l'implementazione di programmi e iniziative nazionali per il clima, investire in infrastrutture sostenibili e integrare i criteri di sostenibilità nei processi di appalto. Per il settore privato, invece, si tratta di aumentare il monitoraggio e la divulgazione delle emissioni, definire target di riduzione science-based, ed incorporare le ambizioni in termini di net zero nella pianificazione aziendale, sfruttando la sostenibilità come vantaggio competitivo.
Allo stato attuale, invece, l'attivismo sul cambiamento climatico si scontra sempre più spesso con una vera e propria repressione da parte di Governi, lobby del petrolio e portatori vari di interesse (si veda l'articolo di Ferdinando Cutugno sul pugno duro usato nel Regno Unito). E intanto la realtà va avanti, le morti per inquinamento crescono, e la Terra ci trema letteralmente sotto i piedi.

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