Il mercato della birra cresce su doppio binario

Orizzonti allargati sul gusto, ricerca e apertura all’innovazione vanno in parallelo a una accentuata vocazione alla convenienza e alla facile bevibilità (da Mark Up n. 256)

Un mercato sempre più concentrato sotto il profilo competitivo che evidenzia un elevato grado di polarizzazione dei comportamenti di acquisto. Mai come ora il mercato italiano della birra nel canale retail vive questo dualismo, tra ricerca della convenienza per quei consumatori in cerca di un prodotto conveniente e di facile bevibilità, e la voglia di esplorare nuovi mondi birrari, cercando etichette con un profilo qualitativo (e di prezzo) decisamente sopra la media da parte degli appassionati più sfegatati. Questo doppio binario nell’approccio al prodotto si ripercuote su più fattori che compongono l’universo birrario in Italia. L’ampliamento dell’offerta   verso prodotti premium costringe lo scaffale della gdo a divenire più ampio e segmentato e con un’attività di marketing più articolata e con codici on pack sempre più slegati dall’immaginario del nord e della mitteleuropa per puntare invece al territorio,  al locale anche italiano, o a una visione mondialista del prodotto e delle sue tante anime e occasioni di consumo. Di fatto, guardando ai numeri delle vendite, sono proprio i prodotti standard promozionati e quelli premium a mostrare le dinamiche più spumeggianti, con questi ultimi a rappresentare circa il 10% del mercato, quota di vendita oltretutto ottenuta da consumatori con una forte apertura verso le novità, con una maggiore propensione alla spesa e per di più con un atteggiamento meno rigido nei confronti del prezzo. Non a caso i retailer stanno incrementando lo spazio a scaffale per questo tipo di prodotti, esponendo bottiglie con una battuta di cassa decisamente superiore alla media del mercato.

I microbirrifici lanciano la volata
A far detonare questo fenomeno, concordano tutti gli analisti, è stata l’esplosione delle birre artigianali in Italia, un fenomeno rapido che ha coinvolto il nostro paese da Nord a Sud e ha fatto nascere oltre 600 microbirrifici locali, senza contare brewpub e tutti quelli locali nei quali si serve birra di propria produzione (in questo caso il numero dei birrifici raddoppia). Se le artigianali in poco più di un quinquennio hanno raggiunto circa il 3% del mercato birra, una quota tutto sommato ridotta sotto il profilo dimensionale, hanno avuto l’indubitabile merito di aver allargato gli orizzonti del consumatore, di averlo reso più consapevole e informato verso la complessità della birra, delle sue caratteristiche organolettiche, delle sue narrazioni, delle sue varie tecniche produttive che spaziano dal recupero della tradizione, all’uso di ingredienti innovativi, locali o esotici, creando continuamente nuove direttrici di sviluppo in cui l’industria di marca investe per differenziare l’offerta. Ne consegue un travaso evidente tra horeca e gdo. “Lo sviluppo dei birrifici artigianali -spiega Andrea Negro, direttore commerciale di Carlsberg Italia- ha sicuramente solleticato l’interesse dei consumatori per il mondo della birra, permettendo loro di scoprire che parlare di birra è sempre riduttivo, mentre è corretto parlare di birre. Sembra ormai scontato, ma fino a pochissimi anni fa non era così. Questo ha permesso anche alle aziende più grandi di sperimentare e di proporre prodotti che 10 anni fa non avrebbero avuto mercato, e che oggi hanno un rapporto qualità prezzo interessante. Confermo che anche quest’anno cresce il segmento dove qualità e varietà sono i driver principali, quindi parliamo delle “specialità”, su cui noi abbiamo lavorato molto in questi anni. È una crescita strutturale guidata dall’interesse e dalle scelte dei consumatori”.

L'intero articolo su Mark Up n. 256

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