Il retail media nel mirino degli investimenti in pubblicità

I budget si stanno stanno spostando dai canali pubblicitari tradizionali e digitali al retail media. Il ruolo della data science nel Roi (da Mark Up 321)

Il retail media è in costante crescita in tutti i paesi in cui il settore retail si è sviluppato sotto forma di industry. Sempre più rivenditori e retailer si rivolgono al retail media come fonte di ulteriori ricavi, per la gestione dell’economia dell’attenzione dei clienti finali (e attori intermedi) e come attrattore per investimenti da parte dei produttori. La distribuzione organizzata, soprattutto il food & grocery, deve affrontare molteplici sfide. Una concorrenza sempre crescente, margini in contrazione a causa della riduzione dei carrelli della spesa dei consumatori, una dinamica delle vendite online che dipende molto dal settore merceologico, dalla geografia, dalla situazione economica e di fiducia del consumatore; da un cambiamento psicologico, sociologico ed antropologico del cliente finale. A tutto questo si aggiunge l’atteggiamento del cliente finale e dei brand industriali sempre più attenti a riallocare il budget in funzione dei ritorni sulle vendite e in funzione della relazione con il cliente finale (ed intermedio, distribuzione). I retail media sono una modalità evoluta di pubblicità e comunicazione in base alla quale i marchi utilizzano i canali digitali, fisici, ibridi dei rivenditori per promuovere i loro prodotti e l’awareness. Questi annunci sono spesso visualizzati in negozio o presenti su siti di eCommerce: nella home page e nella pagina di categoria, quindi nei risultati di ricerca o nelle pagine dei dettagli del prodotto, nonché tramite canali esterni come le piattaforme di social media Facebook, Instagram, TikTok, YouTube, ecc. I retail media della distribuzione aiutano i marchi ad aumentare la loro presenza sullo scaffale fisico, digitale e generare esperienza instore (o around the store) dove avviene l’atto d’acquisto e si materializzano tutte le comunicazioni di brand. Si tratta di un contesto dove ci sono foot traffic elevati e si possono raccogliere dati sul customer e retail behaviuor (comportamento). Si possono classificare i retail media, detti anche in acronimo Rmn, retail media network, in 4 grandi gruppi: fisici, digitali puri, digitali instore/around the store, hybrid. Ogni categoria si caratterizza da una distribuzione differente dei touchpoint. I retail media fisici hanno touchpoint fuori e dentro il punto vendita; I retail media digitali puri hanno come touchpoint siti, social, canali web dedicati, etc; i retail media digitali instore e around the store hanno come touchpoint monitor, totem, cctv, digital signage, ecc. Infine, i retail media hybrid hanno come touchpoint la space e digital experience around/instore con riflessi nell’ecosistema (brand manifattura e filiera). La mappatura, la gestione commerciale, gli aspetti di data management, la monetizzatione e la “manutenzione” sono fattori di un esercizio non semplice: servono risorse dedicate, cultura manageriale, tecnologia, partner.

Investimenti sugli scudi

Gli investimenti e di conseguenza i budget conquistabili, sono molto ricchi. I grandi distributori stanno già correndo verso budget consistenti, che valgono miliardi di dollari di ricavi annuali con un alto margine nei media focalizzati sul retail. Le aziende, non solo dei settori organici al retailer, ma anche di altri settori merceologici caratterizzati da un’ampia interazione con i clienti, oppure da una creazione di traffico dei retailer (footfall traffic) e da una grande quantità di dati di prima parte, come ad esempio i viaggi e il turismo, hanno un’opportunità straordinaria di operare con i Rnm (retail network media). Per le aziende che stanno già implementando programmi di personalizzazione, i retail media possono rappresentare un’estensione ad alto profitto dei loro sforzi attuali, anche se si parla di un’impresa non da poco, soprattutto in termini di dati, tecnologia e competenze. Amazon si è già assicurata una quota di rilievo (alcuni stimano un fatturato di 26 miliardi di dollari nel 2021, fonte Insider) e altri grandi retailer, tra cui Walmart, Target e Kroger, si stanno muovendo rapidamente per affermare le proprie posizioni. La buona notizia per i potenziali operatori è che ci si aspetta che il settore si suddivida in un ampio mercato dei media e in diversi mercati specializzati in segmenti quali l’elettronica di consumo, la salute e la bellezza e il fai da te (fonte Idc). A causa delle dinamiche operative, le prime tre aziende di ogni sottomercato domineranno, mentre le altre si troveranno in gran parte escluse. Per chi vuole assumere una posizione da protagonista il tempo a disposizione si sta riducendo progressivamente. Le aziende che investono in advertising, stanno spostando i loro budget di marketing tra i canali pubblicitari tradizionali, digitali e il retail media. Si prevede che ci sarà un cambiamento radicale, e i retail media stanno diventando una nuova opzione pubblicitaria di grande rilievo, generando una transizione simile a quella avvenuta dai media tradizionali a quelli digitali avvenuta nell’ultimo decennio.

Una spinta dalla privacy

Il retail media sta guadagnando terreno a causa delle crescenti restrizioni sulla privacy dei consumatori, sia da parte dei governi che delle aziende tecnologiche. Queste restrizioni stanno mettendo in crisi gli strumenti di marketing digitale tradizionali, come i cookie dei browser di terze parti, rendendo più difficile raggiungere i consumatori in modo personalizzato e attirare l’attenzione in un mercato affollato. I retail media colmano questa lacuna offrendo ai rivenditori l’accesso a dati di prima parte e la capacità di identificare i clienti che effettuano un acquisto in seguito alla visualizzazione di un annuncio. Tutto ciò rende i retail media un nuovo canale interessante per gli inserzionisti. I retail media possono potenziare gli sforzi di personalizzazione dei rivenditori e avviare un ciclo virtuoso in cui i media e i programmi di personalizzazione si influenzano a vicenda. Grazie all’interazione tra i dati dei clienti, la reportistica interna e i dati sulle vendite reali, i principali operatori dei retail media saranno in grado di ottimizzare il targeting e la messaggistica pubblicitaria in base alle vendite effettive in negozio e online. Questo migliorerà il ritorno sull’investimento pubblicitario. Inoltre, i ricavi generati dalla rete di retail media possono finanziare ulteriori investimenti nella personalizzazione da parte dei rivenditori, migliorando l’esperienza dei consumatori, aumentando la fedeltà dei clienti e incrementando le vendite e i profitti.

L’impatto delle campagne

Recenti studi confermano le dinamiche descritte e tra questi il rapporto “Retail media: the buyer´s view” di dunnhumby, player globale nella customer data science, che analizza il panorama attuale e futuro dei media grocery retail globali dal punto di vista degli inserzionisti. Basato su interviste a responsabili marketing di marchi e agenzie di tutto il mondo, lo studio rivela le principali informazioni su quali canali ricevono i maggiori investimenti, quali sono gli aspetti dei retail media di cui gli inserzionisti sono più soddisfatti, le potenziali aree di miglioramento e quali sono le loro aspettative per il futuro. Tra le principali evidenze, il punto di vendita continua ad attrarre investimenti nonostante l’ascesa dell’eCommerce. Una delle principali conclusioni del rapporto è il grande peso che i negozi fisici continuano ad avere per i media della distribuzione alimentare. Così, l’anno scorso i marchi e le agenzie hanno chiaramente concentrato i loro investimenti nei punti di vendita (59%) e negli schermi digitali dei negozi (57%). Emerge inoltre una diffusa consapevolezza che il retail media abbia un grande potenziale di crescita a livello globale e dell’enorme opportunità che il food retail ha di coinvolgere i propri clienti con un approccio omnicanale, sfruttando sia i canali digitali sia quelli fisici. Alla luce di ciò, la sfida principale consiste nel progredire in termini di self-service e coerenza tra le diverse reti. Secondo il rapporto, la soddisfazione complessiva nei confronti dei retail media è attualmente elevata, con la maggioranza degli intervistati “abbastanza” o “molto” soddisfatti di elementi quali innovazione, misurazione, esecuzione e prezzi. Per quanto riguarda gli aspetti chiave di una proposta attraente di retail media, i partecipanti concordano nell’evidenziare gli insight (32%), il self-service (29%), la flessibilità degli obiettivi (25%) e la flessibilità della creatività (14%). Al contrario, ci sono differenze tra brand e agenzie quando si tratta di valutare gli elementi meno attraenti di una proposta. Se entrambi i pubblici concordano nell’evidenziare l’assenza di portali multi-retailer, nel caso delle agenzie questa sensazione è più forte e per il 60% lavorare su più piattaforme è un problema, rispetto al 50% dei brand. Altri ostacoli citati sono la mancanza di funzionalità self-service (24%) e la mancanza di standard tra i rivenditori (23%). In termini di misurazione, secondo il rapporto, i principali indicatori per valutare l’impatto delle campagne retail media sono legati alle vendite: nuovi acquirenti (56%), Roas o ritorno sulla spesa pubblicitaria (48%) e conversione (44%). Altre metriche degne di nota, non focalizzate sulle vendite, sono il reach (43%), l’awareness (37%) e lo share of voice (36%). Infine, il rapporto affronta la questione dei budget per i retail media. Secondo i partecipanti, questi provengono soprattutto dai reparti di shopper marketing, eCommerce, brand e trade marketing. Inoltre, i budget sono in aumento nella maggior parte delle organizzazioni. Circa il 42% delle organizzazioni dichiara di spendere meno di 1 milione di sterline all’anno per i media.

Retail Media Network: definizioni

Il retail media è un fenomeno originato negli Usa sul fronte digitale. Oggi i network retail media (Rmn) sono costituite da tre mondi con diversi contesti applicativi. I tre universi sono: fisico, digitale e ibrido.

Mondo Digitale
Tutti i touchpoint digitali (social, sito web, videomktg, metaverse, eCommerce, ecc.) sono identificabili come “digitali puri” e sono basati su dispositivi quali mobile, desktop, tablet o altro. I percorsi che nascono nel digitale e rimangono nel digitale attraversano anche vari spazi dello stesso e non solo: possono “saltare” da uno spazio digitale all’altro con estrema facilità e agilità.

Mondo Fisico
Sono compresi tutti i punti di contatto fisici (ad esempio basati su elementi e dispositivi quali vetrine, carrelli, antitaccheggio, wobbler, visibilità extra sugli scaffali, isole dedicate, ecc). I percorsi che hanno origine nel mondo fisico, rimangono nel fisico e attraversano anche vari spazi dello stesso e non solo: possono “saltare” da uno spazio fisico all’altro con estrema facilità e agilità. (Per esempio un teatro di comunicazione instore, ma anche pre e out of store)

Mondo Ibrido
È l’universo più ambiguo e sfumato. Sono compresi tutti i touchpoint ibridi in prossimità (pre-in-out del negozio) come captive wi fi, flussi di persone mobili, navigazione instore, proximity mobile marketing, geofencing con atterraggio fisico instore ecc. Molti professionisti, accademie e istituzioni del settore lo definiscono “negozio ibrido”, come “media ibridi per la vendita al dettaglio”.

La space experience
Con space experience si identificano i punti di attivazione e coinvolgimento di tipo esperienziale e immersivo all’interno del negozio, oppure intorno al punto di vendita stesso che possono essere fisici, ibridi o digitali. Tra i vari esempi, attività come il metaverso instore di Nike, le aree Instagrammabili di L’Occitane o le isole fisico-digitali di Barilla. Sono adattabili a tutti i canali e formati: box (grandi, medi, piccoli), stand alone, incorporati in gallerie; centri commerciali, retail park, factory outlet, ecc. Le metriche quantitative (e qualitative) per la misurazione e il monitoraggio sono rilevabili in tutti gli ambienti citati.

Alcune Case History

Target sfrutta i dati del programma circle come back-end per la strategia
L’utilizzo degli insight incentrati sulla fedeltà per potenziare le soluzioni mediatiche interne e per ottenere una maggiore personalizzazione su scala, permette di vendere in modo più intelligente ai propri acquirenti abituali. Questo è solo uno dei modi in cui Target sta creando soluzioni reciprocamente vantaggiose sia per i propri clienti che per i partner commerciali.

Marriott è il primo marchio dell’ospitalità a lanciare una rete di media
Marriott, multinazionale statunitense che gestisce oltre 30 marchi a livello internazionale, tra cui proprietà iconiche come The Ritz-Carlton, St. Regis, Bulgari Hotels e molti altri, sta sfruttando il suo posizionamento unico e la sua dimensione di scala con molti brand per lanciare la prima rete di media omnichannel globale del settore alberghiero.

Home Depot trasforma i touchpoint dell’ecosistema in una rete di vendor media
Retail Media+ di Home Depot è una soluzione di rete pubblicitaria e mediatica con un servizio completo per aiutare i venditori terzi del brand ad incrementare le vendite e a promuovere prodotti reciprocamente vantaggiosi per Home Depot e i suoi clienti. La pubblicità gestita dal network di retail media è profilata e punta ad essere pertinente per la clientela.

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