Federdistribuzione – Buttarelli: l’inflazione scende, ma le preoccupazioni rimangono

Il quadro economico per il 2024 dovrebbe migliorare, ma la distribuzione moderna, che ha dato molto per sostenere il potere di acquisto dei consumatori, ha bisogno di interventi che semplifichino le sue attività

Fare previsioni è sempre stata un’attività a rischio, che si è ulteriormente complicata in questi ultimi anni, per il verificarsi di eventi completamente inaspettati, dalla pandemia alla guerra in Ucraina e ai relativi effetti sulla vita sociale ed economica di tutti noi. Oggi però (al momento di chiudere il giornale siamo ai primi di dicembre, ndr) la situazione sembra a un punto di svolta positivo. “Il fatto che l’inflazione sia in continua discesa è una buona notizia per tutti, soprattutto per consumatori e imprese della gdo e del largo consumo -chiosa Carlo Alberto Buttarelli, presidente di Federdistribuzione-. Secondo le ultime stime degli istituti di ricerca più stimati, nel 2024 l’inflazione si sta raffreddamento e dovrebbe assestarsi intorno al 3-3,5%, leggermente superiore alle stime della Bce, che prevedeva il raggiungimento di un livello del 2,5%, alla portata delle principali economie dei Paesi dell’Ue entro il 2025”.

Tutto bene, quindi? Sarà un anno tranquillo il 2024?
Non so dire ora se sarà davvero tranquillo, mi piacerebbe e farebbe bene al retail e alle famiglie, oltre che all’economia e alla fiducia del nostro Paese. Spero che si riveli più positivo rispetto a quello che si è verificato nesti ultimi anni. Del resto, per immaginare il futuro e fare una pianificazione efficace, ci vuole una certa tranquillità e il quadro economico, nonostante qualche segnale incoraggiante, continua a essere caratterizzato da incertezze che lasciano spazio alle preoccupazioni.

Cosa la preoccupa maggiormente?
L’andamento dei prezzi continua a essere un fattore critico: le incognite sulla tenuta dei consumi nel 2024 rimangono perché il progressivo raffreddamento dell’inflazione, che gradualmente rientrerà, non significa che vedremo una riduzione dei prezzi: semplicemente la loro crescita rallenta. Tradotto in concreto, significa che la pressione sulle famiglie rimane importante, almeno per quanto riguarda il largo consumo.

Pensa, quindi, che servano nuove azioni per sostenere il potere di acquisto delle famiglie?
Non penso a rinnovare iniziative come quelle del carrello anti inflazione, che pure hanno prodotto dei risultati, ma che non avrebbe senso riproporre ancora nel corso del 2024: rischierebbero, infatti, ancora una volta, di ricadere sulle spalle e sui conti della distribuzione alimentare, che già da 24 mesi, ben prima che il Governo ci coinvolgesse nell’applicazione del carrello anti inflazione, hanno attuato operazioni a sostegno del potere di acquisto. Nessun dubbio, invece, che le famiglie siano provate, a livello finanziario e psicologico, da quello che è successo in questi anni e quelle più fragili continuano a essere in difficoltà importanti. Ma è anche vero che, negli ultimi due anni, questo Governo come anche quello precedente ha previsto interventi in grado di attenuare, almeno parzialmente, l’impatto dell’inflazione: penso, per esempio alla riduzione dell’Irpef e a quella del cuneo fiscale. Ma sono anche convinto che sia arrivato momento di pensare alle imprese del nostro settore.

A che genere di interventi si riferisce?
Prima di tutto, ci auguriamo che il Governo alzi il suo sguardo e realizzi che anche le imprese del mondo retail hanno bisogno di avere attenzione e di essere sostenute. Quello che chiediamo è semplice: vogliamo essere considerati non come un fanalino di coda, ma per il ruolo attivo che abbiamo svolto in questi anni, in maniera autonoma prima e sollecitati da Governo poi, per ridurre l’impatto dell’aumento dei prezzi e calmierare l’inflazione. Siamo un settore che contribuisce in maniera importante alla crescita del Paese con investimenti significativi, oltre che creando occupazione, sia diretta sia indotta. Comportamenti che hanno coinvolto tutta la distribuzione moderna, quella alimentare come quella non food, con sforzi importanti anche dal punto di vista economico. Crediamo che sia arrivato il tempo di considerare il nostro ruolo nelle dinamiche della filiera e la nostra importanza nelle economie nei territori.

Cosa serve, allora, perché il ruolo del retail sia riconosciuto a livello di sistema Paese?

Servono normative adeguate che semplifichino o risolvano alcune questioni spinose, favorendo gli investimenti che vengono programmati dai diversi player. Alcuni sono di natura più diretta e immediata. Penso, ad esempio, per quanto riguarda il food, al tema dei buoni pasti: il Governo è già intervenuto nelle aste pubbliche, riportando le commissioni a carico degli esercenti a quota 5%.

Ma rimane ancora da affrontare quello che succede nelle gare private, che richiedono ancora commissioni del 15-20%, numeri per noi inaccettabili. Per questo pensiamo che il Governo debba intervenire: per noi si tratta di un comportamento insostenibile per la marginalità e la competitività non solo del retail nel suo insieme, ma anche degli esercenti della ristorazione.

Inoltre, chiediamo una maggiore continuità nell’erogazione delle risorse Transizione 5.0, in modo da mettere le imprese nella condizione di poter investire in tecnologia e infrastrutture per evolvere in chiave digitale entro il 2030, come dichiarato. Secondo recenti indagini di McKinsey, si tratterebbe di oltre 60 miliardi di euro, che permetterebbe salti in avanti all’intero Paese, non solo al nostro settore.

Richieste importanti per proseguire nella modernizzazione del settore. C’è altro da aggiungere?

In realtà, un altro tema che vorremmo affrontare con Governo e istituzioni riguarda la possibilità di semplificare le normative relative alla rigenerazione urbana. Riteniamo che ormai oggi sia il caso di tornare a una normativa nazionale che non solo semplifichi i procedimenti, ma che soprattutto superi le limitazioni a livello locale, che, spesso, non consente alle imprese del retail di investire sullo sviluppo in determinati territori, riducendo anche la possibilità di ammodernare la rete già esistente. Servono logiche nuove che diano maggiori garanzie alle aziende di pianificare una crescita adeguata alle strategie delineate da ogni singola impresa.

Parliamo delle relazioni con l’industria di marca, che, per affrontare il tema dell’aumento dei listini, ha ottenuto dal ministro Urso un tavolo che coinvolga l’intera filiera, comprese le aziende energetiche, logistiche, l’agricoltura, ecc. Cosa ne pensa?

Il richiamo alla filiera mi è sembrato una proposta strumentale per non assumersi responsabilità rispetto alle vere questioni in tema di aumento dei listini.

Finché i costi di energia e materie prime erano in continuo aumento, gli aumenti potevano essere discussi e anche accettati, ma ora che stanno diminuendo, la situazione non è più sostenibile. Certo questo non vale per tutti i settori: alcuni hanno continuato a soffrire, ma la maggior parte delle aziende ha continuato a proporre aumenti non giustificati anche in questi mesi.
Ci auguriamo che il 2024 si contraddistingua per interventi di riduzione sui listini da parte dei fornitori, dove possibile. Per le imprese del retail sarebbe un segnale importante.

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