Mangiar sano e bisogni emozionali. Questo il food nel mondo

di Ivana Ventura – Cdo, Tns Italia

Cibo mangiato per sostenersi, cibo goduto con piacere, cibo assaporato per gustare un’esperienza prelibata, cibo coltivato da sé, cibo come strumento di legame e socializzazione. Ma anche cibo oggetto di discussione colta e di ricerca, cibo come rapporto con le radici, cibo come veicolo di salute. E poi cibo spettacolarizzato, cibo opera d’arte, cibo come evento globale con Expo. Negli alimenti e nelle pratiche concrete, il cibo è fortemente legato al territorio e alle culture locali. Eppure, in una recente ricerca Tns che ha coinvolto l’Europa e alcuni importanti mercati extra-europei come US, Cina, Brasile, Medio Oriente, ritroviamo alcune aspirazioni comuni rispetto alla buona alimentazione: mangiare sano, mangiare equilibrato, darsi piacere, mangiare variato, la convivialità, con ranking diversi ma quasi sempre con almeno 3 di queste dimensioni ai primi tre posti in ogni Paese. Anche le innovazioni auspicate trovano accentuazioni diverse nei Paesi ma anche molti elementi ricorrenti: il rapporto buon cibo e salute, la richiesta di autenticità e di alimenti “veri”, il rispetto dell’ambiente (incluso l’elemento umano) e di un certo localismo nella produzione.

Bisogni emozionali
La globalizzazione, la circolazione più libera delle persone, l’inevitabilità di Internet e dei social stanno avvicinando popoli e culture come mai prima. Quello su cui vogliamo però mettere l’accento è come questi temi comuni trovino fondamento su un piano ancor più profondo: quello dei bisogni emozionali cui il cibo è chiamato a dare risposta.
In un altro studio internazionale di Tns si è individuato 6 macro-territori di needs che caratterizzano il rapporto con l’alimentazione:

  1. il cibo come ricarica e energizzazione
  2. il cibo (premium) come conferma e esibizione del proprio successo/valore
  3. il cibo come moderazione e controllo
  4. il cibo come familiarità e conforto
  5. il cibo come condivisione e fratellanza
  6. il cibo come divertimento e spensieratezza.

Ognuno di questi territori salda insieme tre ordini di bisogni: funzionali (cosa voglio che un prodotto o servizio faccia, le sue caratteristiche e prerogative intrinseche), identitari (i valori sociali in cui voglio identificarmi e che quel prodotto o servizio mi deve proporre), emozionali (i sentimenti che mi aspetto di provare e quello che il prodotto o servizio mi permette di esprimere riguardo a me stesso e alla mia personalità). E sono proprio i bisogni emozionali a determinare la specificità del territorio stesso, a crearne la “necessità umana”. Nelle aspirazioni che abbiamo descritto all’inizio è facile vedere all’opera alcuni di questi macro-needs: quello del controllo per esempio quello della socializzazione e fratellanza. Le culture locali portano delle variazioni nel peso relativo di questi territori. E ovviamente si possono trovare differenze più puntuali fra singoli target o occasioni e situazioni di consumo. Ogni territorio però può sussistere trasversalmente ai Paesi proprio perché si fonda sull’emozione che è il motore implicito di ogni comportamento umano (neuroscienze docent). Siamo quello che mangiamo, si dice. E questo è tanto più vero se si pensa che, attraverso il cibo, raccontiamo anche qualcosa di noi, facciamo un’affermazione importante su come vogliamo essere visti dagli altri e ai nostri stessi occhi. Al centro delle nostre scelte, siamo cioè parlati, in primis, dai nostri bisogni espressivi e di gratificazione.

Percentuale di consumatori che giudicano interessante l’innovazione alimentare sui seguenti temi: naturalità, salute, benessere

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Media 9 Paesi - Fonte: TNS Food 360 – 2013/2014

Storytelling di valore
Comprare i prodotti biologici di “Libera Terra”, la nota Associazione impegnata a lavorare i terreni confiscati alla mafia, ci racconta come persone impegnate sul fronte della giustizia e politicamente coinvolte; la special edition dai gusti esotici di una semplice caramella Tic Tac ci offre una prospettiva di evasione e di multiculturalità; un cocktail con lo scorpione in un celebre locale di Milano ci qualifica come amanti della sfida, pronti a rovesciare le norme culturali; scaricare una app di Foodsharing, indipendentemente dall’uso reale, ci descrive come eticamente responsabili, connessi, partecipativi. Che implicazione ha tutto ciò per una marca di prodotti o servizi? Innanzitutto decidere che tipo di risposta emozionale voglio generare nel mio consumatore: scegliere un Needstate chiaro e ben definito e sviluppare una proposizione coerente in tutti i suoi touchpoints e articolazioni di offerta. Per esempio un ristorante che vuole posizionarsi nel territorio della moderazione e del controllo, terrà conto del bisogno, per il suo target, di scelte informate e intelligenti, porrà l’accento sulla filiera, sulla qualità della materia prima, sui valori nutrizionali e salutistici, si relazionerà con la clientela in maniera seria, adult-to-adult, adotterà un design e una comunicazione all’insegna del Less is More, con appena un tocco di sofisticatezza. Mentre un ristorante che vuole posizionarsi nel territorio della convivialità terrà conto dei bisogni prevalenti di accessibilità e togetherness per realizzare una proposta inclusiva e mainstream nel menu e in un layout caldo e accogliente; e un ristorante che si colloca nel territorio del divertimento spensierato ricorrerà a colori vibranti nel cibo e nel design e ingaggerà la clientela con variazioni continue e sorprendenti.

In categorie e mercati affollati, la sfida è rendersi irresistibili ma occorre essere consapevoli che non si può essere irresistibili per chiunque. Occorre scegliere dove stare e perseguire con disciplina alcuni driver decisivi: differenziazione, un brand purpose emozionale al di là delle proprietà tangibili, una comunicazione simbolica che parli all’intuizione. Senza dimenticare la coesione a tutti i livelli (fra prodotto e brand image, fra i diversi touch points, nella brand architecture) e l’attenzione a evolversi, mantenendosi sempre vitali nel cambiamento.

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