Protocollo nazionale sul lavoro agile: tra innovazione organizzativa e capitale umano

In vigore dal 1 gennaio 2022, il Protocollo nazionale sullo smart working ha lo scopo di rimediare alle criticità che il lavoro agile ha manifestato. Si tratta anche di un’occasione per dare un’impronta innovativa all’organizzazione del lavoro

Lo scorso 7 dicembre 2021 è stato sottoscritto il “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile”, con validità a partire dal 1 gennaio 2022. Si tratta del risultato di un approfondito confronto con le Parti sociali promosso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, volto a rispondere alle esigenze di conciliazione dei tempi di vita e lavoro, di impiego di risorse rispettose della sostenibilità ambientale e del benessere collettivo. Il cosiddetto “lavoro intelligente”, smart working, o come è definito nella normativa italiana, il “lavoro agile”, nello specifico dell’idea fallace che si manifesta dietro tale etichetta a discapito del suo nome, si è reso colpevole di essere il detonatore di situazioni di “extreme working” durante la pandemia. Infatti, durante le fasi più acute della pandemia e dei relativi lockdown, più che di smart working, si è trattato di home working di emergenza, dato che si è lavorato da casa per tutto il tempo, senza accordi pregressi, senza formazione e senza definizione precisa degli orari. Nella pratica, quindi, si sono semplicemente spostate al domicilio le attività che si facevano in ufficio, contribuendo a erodere sempre più il confine tra vita lavorativa e privata, impattando sul piano della conciliazione, dell’autonomia (discrezionalità), così come del diritto alla disconnessione. Il Protocollo dello scorso 7 dicembre, quindi, ha l’intento di disciplinare le zone d’ombra che, soprattutto in termini sociali, sono emerse durante il crash test pandemico. Come si legge sul sito del ministero, i punti chiave del protocollo sono riassumibili identificando 6 macroaree, come di seguito.

  • Adesione volontaria: lo smart working è subordinato alla sottoscrizione di un accordo individuale, e l’eventuale rifiuto del lavoratore non integra gli estremi di licenziamento;
  • Accordo individuale: è prevista la sottoscrizione scritta dello smart working, che deve essere coerente con le linee d’indirizzo esplicitate nel Protocollo riguardanti la durata dell’accordo, l’alternanza tra periodi all’interno e all’esterno dei locali aziendali, esplicitazione dei luoghi esclusi per lo svolgimento della prestazione lavorativa e delle condotte lato datore di lavoro e lavoratore stesso da tenere, gli strumenti di lavoro, i tempi di riposo e la disconnessione, forme e modalità di controllo della prestazione lavorativa, attività formativa e diritti sindacali;
  • Diritto alla disconnessione: dato che lo smart working si caratterizza per l’assenza di un preciso orario di lavoro e per autonomia nello svolgimento della prestazione, si deve convergere al rispetto di fasce di disconnessione durante le quali il lavoratore non è tenuto ad erogare prestazioni lavorative;
  • Luogo e strumenti di lavoro: il luogo dove svolgere il lavoro può essere libero salvo specifiche che non consentano la regolare esecuzione della prestazione in condizioni di sicurezza e riservatezza. Per quel che concerne la strumentazione tecnologica, quest’ultima deve essere fornita dal datore di lavoro, anche se è consentito il ricorso a quella di proprietà del lavoratore a discrezione delle parti e nel rispetto degli standard di sicurezza;
  • Salute, sicurezza, infortuni e malattie professionali: il lavoratore agile ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e, a tal fine, il datore di lavoro deve garantire la copertura assicurativa INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, anche legate all’uso dei videoterminali e contro l’infortunio in itinere;
  • Parità di trattamento, pari opportunità, lavoratori fragili e disabili: tutti i lavoratori, qualsiasi sia la loro condizione e il loro sesso, hanno diritto a stesso trattamento stesso trattamento economico e normativo, stesse opportunità rispetto ai percorsi di carriera e stesse forme di welfare aziendale e di benefit;
  • Formazione: per garantire a tutti i lavoratori agili pari opportunità nell'utilizzo degli strumenti di lavoro, le Parti sociali ritengono necessario prevedere percorsi formativi finalizzati a incrementare specifiche competenze tecniche, organizzative, digitali, anche per un efficace e sicuro utilizzo degli strumenti di lavoro forniti in dotazione.

Tale protocollo, valido nel settore privato, che si affianca ai provvedimenti delineati anche per la pubblica amministrazione, si presenta come l’ultimo tassello di un percorso nel solco dell’innovazione organizzativa del lavoro che l’Italia, anche perché toccata da trend globali in tal senso, ha da tempo iniziato a percorrere.

© Patrizio Rossi, "Smart working e salute - rischi e patologie del lavoro agile e misure per il benessere" (Wolters Kluver Italia, luglio 2021), p. 36.

Volendo ricostruire a grandi linee gli inizi dell’excursus legislativo che ha visto protagonista lo smart working arrivando la sopraccitato Protocollo 2021 (e sorvolando per brevità su i concetti esplicitati nell’immagine di “lavoro a distanza “ e “telelavoro”), l’anno di partenza è stato il 2015 con la la legge delega n. 124/2015 rubricata “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”. A pochi anni di distanza, il Parlamento varò la legge n. 81/2017 rubricata “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, un testo di legge che ha permesso l’estensione di tutele e sicurezze sui luoghi di lavoro, sia nel settore privato sia nel settore pubblico. Questa legge, la più completa fino al momento sul tema, fornisce una definizione di lavoro agile improntata su flessibilità organizzativa, volontarietà delle parti e adozione di strumentazione tecnologica. Il biennio che si sta per concludere (2020-2021) ha, inoltre, espresso, prevalentemente a mezzo di DPCM, una regolamentazione emergenziale del lavoro agile, che culmina con l’ultimo atto in materia da parte del Governo Draghi in carica e il Protocollo del dicembre 2021 in oggetto.

A dimostrazione del fatto che il lavoro agile si stia dipanando in una fattispecie sempre più attenta ai diritti dei lavoratori, è interessante anche menzionare un recente caso avvenuto in Germania, riguardate un infortunio di un lavoratore, avvenuto sì in casa, ma in corso di smart working. Nello specifico, secondo quanto si può leggere su Der Spiegel e su diverse altre fonti tedesche, l’uomo, addetto al commerciale di una azienda tedesca  al lavoro in smart working, è caduto dalle scale di casa sua, rompendosi alcune vertebre. Tale incidente sarebbe avvenuto mentre il dipendente si stava spostando dalla camera da letto alla zona dell'abitazione adibita allo smart working. A questo proposito, il Tribunale sociale federale tedesco (Bundessozialgericht), sovvertendo il giudizio stabilito da due Corti inferiori, si è espresso a favore del dipendente, il quale potrà presentare una richiesta di risarcimento all'assicurazione del suo datore di lavoro, riconoscendo il nesso tra ciò che stava facendo il dipendente e il rapporto di lavoro con la sua azienda. Non è, quindi, un caso che il tribunale tedesco definisca l’accaduto un vero e proprio “Arbeitsunfall” che letteralmente vuol dire un infortunio sul lavoro, e in quanto tale da trattare come se si verificasse sul posto di lavoro.

In definitiva, ribadendo come l’attenzione al capitale umano sia la condizione fondamentale, bisogna però esplicitare come non è sufficiente se fine a se stessa. Perché sia sostenibile in ottica win-win per business e lavoratori, deve, infatti, innescare un processo di co-progettazione e sperimentazione di nuovi equilibri da parte di tutti gli stakeholder.  Come scrive Mariano Corso, Responsabile Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano e Direttore Scientifico di Partners4Innovation, nell’introduzione all’ebook “Da smart a blended working – come sarà il futuro del lavoro” a cura di Valore D e Osservatorio Smart Working PoliMi (HarperCollins Italia S.p.A., 2021),  “nell’abilitare tutto questo, coloro che aspirano ad essere leader responsabili in questa transizione devono farsi guidare da due principi chiave. Il primo deve essere quello della “leadership connessa”: occorre superare l’idea che la tecnologia debba “surrogare” la presenza fisica per abilitare un lavoro a distanza, e usare piuttosto il digitale e i dati che questo produce, per aumentare le relazioni organizzative e ascoltare e connettere le persone. Il secondo principio deve essere l’“Engagement imprenditoriale”: occorre offrire alle persone una proposizione di valore che dia nuovo significato all’impegno del proprio talento, far scoprire la voglia di essere parte della costruzione di un nuovo modo di lavorare che possa portare un vantaggio a tutti[…]”.

Ad oggi, nella realtà, sono ancora poche le aziende che nel fare smart working cambiano il proprio approccio e atteggiamento nei confronti del lavoro, testimoniando che probabilmente non è ancora consolidata la consapevolezza che il lavoro agile sia un’opportunità concreta a sostegno della trasformazione della gestione organizzativa e l’investimento sul proprio capitale umano, e non unicamente per questioni legate al work-life balance, esigenze di conciliazione tra vita lavorativa e vita professionale.

Bisognerà rileggere il contesto alla fine di questo periodo di emergenza, tenendo a mente che, come scrivono Paola Borz e Maura De Bon in “Il futuro già presente dello smarkt working” (Franco Angeli, 2021) “lo smart working è un’imperdibile occasione per sintonizzarsi su un’organizzazione del lavoro capace di promuovere autonomia e responsabilità, e al contempo consolidare nelle persone una propensione al cambiamento e all’innovazione, ingaggiandole nel pieno riconoscimento dei propri meriti grazie alla valorizzazione dei loro talenti”.

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