Quale futuro per l’eCommerce del grocery

di Luca Pellegrini

Nel luglio 2001 fallisce Webvan.com, un’impresa di e-grocery fondata nel 1999 candidata a diventare l’Amazon dei beni da supermercato e aveva investito 1,2 mld di dollari in magazzini specializzati e mezzi per la domiciliazione. Sarà una delle maggiori vittime della bolla speculative della dot-com economy. È un segnale forte, che ridimensiona drasticamente le previsioni di sviluppo dell’e-grocery fatte allora. Per ricordarne solo una, relativa agli Usa, nel 2000 Andersen Consulting dava la quota di mercato di questo canale al 20% per il 2003. Erano attese fuori misura, come attestano le quote di mercato attuali: per gli Usa variano da meno dell’1% a un massimo del 3%; solo in Uk, caso che richiederebbe un discorso a parte, l’e-grocery ha raggiunto una quota di rilievo, che Kantar Retail valuta al 5%. Cosa non ha funzionato? Consideriamo sia la domanda che l’offerta.

Cominciamo dalla domanda
Lo spazio di mercato dell’e-grocery dipende dalla risposta del canale ai comportamenti d’acquisto del consumatore e dal livello di servizio offerto. La spesa online si adatta a “carrelli” di importo consistente, con bassa frequenza e che richiedono un’elevata programmazione. È assai meno pertinente per acquisti frequenti, che rispondono a esigenze di topping-up e di consumo immediato. Il primo è il tipo di comportamento tipico dei nuclei famigliari più grandi, il secondo di quelli più piccoli; i primi sono sempre meno, i secondi sempre di più. In termini di servizio, il confronto fra fisico e virtuale si gioca sulla comodità di una spesa a casa, su una piattaforma noiosa e complessa,  rispetto al tempo richiesto per una vista a un pdv, compensato da un grado di interazione maggiore, con scelte “a scaffale” e una verifica (fresco) del prodotto. E senza costi di domiciliazione.

Proseguendo con l'offerta
Dal lato dell’offerta, gli economics dell’e-grocery non sono difficili da definire. Per funzionare richiede contemporaneamente: un’elevata densità di utilizzatori in un dato mercato; molti clienti non troppo lontani per saturare i mezzi per la domiciliazione; spese di elevato valore. È un caso se in Italia l’unica esperienza di e-grocery che sembra funzionare è quella di Esselunga, l’insegna con il più alto scontrino medio e una presenza territoriale molto concentrata?
L’e-grocery non è dunque destinato a crescere rapidamente ed è difficile possa essere proposto da imprese che non  hanno una base fisica. I casi di pure click ad assortimento completo sono davvero pochi: rimane Ocado in Gran Bretagna (con un accordo con Waitrose), Peopod negli Usa (è però ormai parte di Ahold) e, quanto ad Amazon, vedremo. Ma ha invece un ruolo in una logica omnichannel, come elemento di servizio che i consumatori troveranno sempre più naturale aspettarsi, anche dalle insegne del grocery. Magari iniziando a sperimentare il click and collect che, in particolare in Francia, funziona, accompagnato dall’allargamento virtuale dell’assortimento per farne un’occasione di cross selling.

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