Trattenere i talenti, la nuova sfida per le aziende al tempo del big quit

Scappare da una cultura aziendale tossica e ridefinire i paradigmi lavorativi. Gli studi del MIT Sloan Management Review e LinkedIn

La concezione classica di lavoro sta attraversando una fase di cambiamento radicale che, indubbiamente, trova nel digitale il suo alleato – abilitatore, ma che è il risultato di un coacervo di cause, non ultima la pandemia. Dopo aver fatto rientrare lo smart working, che maldestramente descriverebbe il “lavoro da casa” nascondendosi dietro la parola “smart” che, in quasi la totalità dei casi serve solo di facciata, nel novero delle nuove abitudini pandemiche, il fenomeno che ha fatto più scalpore è quello della “Great Resignation” (o “Big Quit”), per cui molte persone stanno rassegnando le dimissioni dai loro posti di lavoro. Un articolo del MIT Sloan Management Review analizza i numeri di questo “esodo” dai propri lavori, iniziato negli USA e che si sta propagando a macchia d’olio nel mondo. Per inquadrare il fenomeno, attingendo ai dati proposti dal MIT Sloan Management Review, solo negli States tra aprile e settembre 2021, più di 24 milioni di americani hanno lasciato il loro lavoro, un record assoluto. Analizzando, poi, più nel dettaglio questi dati sono, emersi quelli che sono le industry che stanno subendo più pesantemente di altre questa diaspora: tra i 38 segmenti individuati, sul podio si trova l’apparel retail (vendita al dettaglio di abbigliamento, 19%), seguita da management consulting (16%) e internet companies (14%) in terza posizione.

Nell'immagine sono elencate 18 delle 38 industry prese in considerazione dello studio, in ordine per tasso d'abbandono dei lavoratori. I colori più chiaro e più scuro indicano il settore dove le dimissioni hanno riguardato più gli impiegati (azzurro, i "white-collar") o gli operai (blu, i "blue-collar") © MIT Sloan Management Review (Gennaio 2022)

Inoltre, incrociando sempre i dati del periodo sopraindicato, gli autori hanno potuto individuare gli elementi di frizione che hanno portato i lavoratori alle dimissioni e, al contrario di quanto si potrebbe pensare, lo stipendio non si trova come fattore principale ma solo collaterale. Infatti, tra i principali cinque ambiti emergenti, la presenza di una cultura aziendale tossica è per 10,4 volte la più probabile causa di “logoramento” personale del lavoratore.

Fattori più impattanti sul fenomeno "Grandi dimissioni"© MIT Sloan Management Review (Gennaio 2022)

Se la cultura aziendale tossica è il principale “push factor” verso le dimissioni, seguono a ruota:

  • Insicurezza del lavoro e conseguente riorganizzazione. L'instabilità del lavoro e le ristrutturazioni influenzano il turnover dei dipendenti, che spesso si trovano de-/sovramansionati e non nelle condizioni migliori o anche solo in quelle adatte per svolgere il loro lavoro.
  • Alti livelli di innovazione. Anche se solitamente se ne decantano solo i vantaggi, l’innovazione – specialmente in chi la porta avanti ed opera in settori tecnici e altamente specializzati – il rimanere all'avanguardia richiede tipicamente che i dipendenti lavorino più ore, a un ritmo più veloce e sopportino più stress di quanto farebbero in un'azienda che si muove più “lentamente”. Il lavoro può allora essere eccitante e soddisfacente, ma anche difficile da sostenere a lungo termine.
  • Mancato riconoscimento della performance. Sia a livello informale che finanziario.
  • Scarsa risposta a COVID-19. Mancanza di politiche aziendali per la protezione della salute e del benessere anche psicologico, oltre che un atteggiamento teso ad approfittarsi dei confini più sfumati tra vita privata e lavoro che i lockdown, ad esempio, hanno esasperato.

È in un panorama con queste caratteristiche che può essere rilevante una figura come quella di Monica Lasaponara, una professionista che accompagna, in maniera graduale, realistica e possibilmente sostenibile per il futuro a lungo termine, le persone nel ridefinire il proprio percorso lavorativo. Lei è una "Escape Coach" (suo marchio registrato esclusivo a livello europeo) e la sua mission sta proprio nel rimodellare i percorsi lavorativi di chi si decide a cambiare vita. Premettendo che la spinta a riprendere in mano la propria vita dedicandosi ad un lavoro che si sente proprio non è qualcosa da intestare di per sé alla pandemia, vero è che ora tutto ha preso una grande accelerazione, se non altro per volumi di persone coinvolte. Passare da un lavoro ad un altro che si sente più proprio presuppone una serie di sfide ad ampio spettro (dalla burocrazia a nuove competenze da far proprie) che seguono uno schema temporale variabile, più o meno repentino a seconda della predisposizione delle persone e delle circostanze. A questo proposito, Monica Lasaponara, racconta la sua esperienza personale per cui, dopo aver lavorato per quindici anni nel marketing televisivo, ha deciso di dedicarsi all’innovazione sociale e allo studio dei metodi alternativi di carriera, che l’hanno portata a creare ex novo una figura come l'Escape Coach. Oggi ha all’attivo corsi, eBook, consulenze e newsletter, e, tra le sue ultime fatiche, vi è anche un libro, Mollo tutto e cambio vita. Il metodo pratico e innovativo per progettare il piano B perfetto” (2021, Newton Compton Editori), in ci si legge quanto sia importante “il riappropriarci dell’idea di lavoro come di un qualcosa che porti Valore alle nostre vite piuttosto che succhiarci energia vitale”, avendo la consapevolezza che, alla fine “l’allineamento tra bisogni, priorità e Valore è un processo continuativo”.

In definitiva, la riflessione sul lavoro, complice la pandemia, sta facendo emergere due linee d’azione. La prima ruota attorno all’idea di “mettersi in proprio”, diventando “capi di sé stessi” con tutto ciò che ne consegue, la seconda mostra diverse aziende che stanno facendo autocritica e/o rincorrendo quello che renderebbe fattiva l’acquisizione di nuovi talenti, e anche la retention dei propri dipendenti. In poche parole si sta cercando di migliorare i paradigmi della “employee experience”, concetto molto meno battuto se confrontato con la famigerata “customer experience”, dimenticandosi che il tutto è collegato. A riconferma del particolare stato dell’arte nel mondo del lavoro, secondo recenti dati LinkedIn, i Chief Marketing Officer (CMO) europei, ad esempio, si trovano al centro di una competizione per contendersi i talenti in ambito marketing. Lo studio LinkedIn condotto su 263 CMO di aziende di tutta Europa con oltre 1.000 dipendenti evidenzia le difficoltà nel reclutamento che i marketing leader stanno attualmente affrontando. È, infatti, in corso una gara tra le aziende che si contendono i talenti del marketing: più di un terzo (35%) dei CMO in tutta Europa evidenzia che, negli ultimi sei mesi, perdere dipendenti a favore della concorrenza è stata una delle maggiori sfide per la forza lavoro. Un altro 35%afferma di ricevere meno candidature per ruoli aperti e il 32% riferisce la difficoltà di trovare talenti qualificati.

Concludendo, le formule per poter ridefinire i caratteri del mondo del lavoro possono essere diverse (a seconda degli obiettivi prefissati). Tuttavia, la lezione da apprendere da queste circostanze è sempre quella di prevenire ed intervenire con attenzione costante sulla cultura aziendale, prima che diventi tossica, riconoscendo e dando spazio al valore di ogni singolo lavoratore (sia sul piano personale che aziendale).

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