Un alleato “alternativo” per l’ambiente

Lamberto Biscarini managing director & senior partner Boston Consulting Group

Si stima che il sistema alimentare sia uno dei principali responsabili delle emissioni di gas serra, in particolare di CO2: il 26% delle attuali emissioni globali, con il 15% ascrivibile ai soli allevamenti. È evidente che le scelte alimentari dei consumatori avranno implicazioni sulla situazione ambientale.

In quest’ottica, è interessante un’altra corrente, quella degli alimenti a base di proteine vegetali. Studi recenti prevedono che al 2035 potrebbero arrivare a coprire fino al 22% del consumo globale di proteine, portando alla decarbonizzazione di ben 2,2 giga-tonnellate di CO2 equivalente, già entro il 2030. Al risparmio di emissioni si affianca un potenziale risparmio di costi collegati a esse, che l’analisi quantifica tra 100 e 160 miliardi di dollari.

Le analisi suggeriscono alcune azioni da portare avanti in maniera sinergica, a tutti i livelli della filiera, per aumentare la produzione di prodotti alternativi: aumentare il numero di colture alternative, sostenuti da investimenti e incentivi economici. I governi dovranno supportare la creazione di un mercato -e una domanda- di colture alternative, per esempio creando politiche più favorevoli, come la riassegnazione dei sussidi agricoli per sostenere la creazione di nuovi tipi di colture. Le istituzioni governative (come scuole o uffici) potranno poi diventare il target di clienti iniziali per i prodotti a base di proteine alternative. Questi cambiamenti contribuiranno alla diffusione e all’accettazione dei nuovi prodotti, potenziali alleati sostenibili per soddisfare la domanda di cibo di una popolazione mondiale che, secondo le Nazioni Unite, raggiungerà quota 11 miliardi entro il 2100. Un lavoro da fare insieme, per non rinunciare ai nostri piatti preferiti.

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