Veganuary: italiani sempre più aperti al plant based, ma brand e retailer?

La sfida mensile giunta al decimo anno conta sempre più adesioni lato consumatori, creator e start-up. Più timidi nella comunicazione largo consumo e retail

Anche a gennaio 2024 riparte il Veganuary, sfida lanciata dieci anni fa da una cucina dello Yorkshire che nel 2023 ha visto aderire oltre 700mila persone a livello globale, richiedendo il relativo materiale di supporto alla challenge sul sito ufficiale. L'invito, per tutto il mese, è a provare ad abbracciare l'alimentazione vegetale o plant-based (dieta vegana), o per lo meno a ridurre il consumo di carne e pesce in ottica vegetariana (che esclude tutti gli animali ma non i loro derivati quali latte e uova, vale la pena ricordarlo data la vigente confusione sul tema).
Lo scorso anno, come si legge nel report della campagna, l'adesione al Veganuary è ulteriormente cresciuta, coinvolgendo 228 Paesi, registrando almeno 1.610 lanci di prodotti e ricette vegani e circa 6.800 stories pubblicate, con il 98% degli sperimentatori che si è detto pronto a consigliare ad un amico di fare lo stesso. E in Italia? Secondo i dati di un sondaggio divulgato da The Fork in occasione dell'evento, e che ha intervistato gli utenti della propria piattaforma, coloro che hanno uno stile alimentare quotidiano completamente o prevalentemente vegano sono poco meno del 20%, ma quasi la metà degli italiani ha ridotto nel corso del 2023 il proprio consumo di prodotti di origine animale.

Che sia per questioni di benessere animale, salute personale o impatto ambientale, insomma, si conferma lato consumatore una crescente apertura sul tema, sebbene in ottica flessibile e non esclusiva. Nonostante un segmento di popolazione resti posizionato saldamente su diete occidentalizzate ricche di carne, sia per motivi di resistenza culturale che a fini di culturismo (il Ministero della Salute e Fondazione Veronesi ne hanno già spiegato più volte i rischi), c'è una maggioranza sempre più allargata pronta a rivedere le proprie abitudini alimentari. Una sensibilità che si diffonde nonostante la disinformazione portata avanti, talora volutamente, sul tema anche a livello istituzionale. Ne sono un esempio i preconcetti infondati sulla carne coltivata, non a caso chiamata erroneamente "sintetica" (si rimanda per approfondimento ai video del professore di chimica, divulgatore scientifico e scrittore Dario Bressanini).
A fronte di questa buona disposizione d'animo della popolazione e alla crescente adesione al Veganuary, tuttavia, lato brand del largo consumo e retailer la salita a bordo sembra ancora piuttosto timida. Eppure, marchi come Beyond Burger, sponsor principale dell'iniziativa insieme a Higgidy (mondo bakery), mostrano come la tematica possa essere approcciata in modo "cool" e trendy, evitando quell'approccio didattico e "troppo etico" che rischia di risultare polarizzante e dare vita all'ormai usuale caos social. Se è vero che, nella pratica, gli scaffali della gdo sono sempre più popolati di alternative vegetali, al momento (ma siamo pronti ad aggiornare il pezzo man mano) lato comunicazione la massima adesione al Veganuary sembra ridursi ad Esselunga che mette in primo piano sul proprio eCommerce lo "speciale veg". Questo nonostante la dichiarata crescente attenzione alla sostenibilità da parte di tutti.

Come spesso avviene, risultano molto più vitali e attuali il fronte di influencer e content creator da un lato e quello delle start-up dall'altro. Qualche esempio? La partecipazione di Silvia Goggi, noto medico specialista in scienze dell’alimentazione, co-fondatrice dell’app Planter, oppure di Dreamfarm, start-up italiana di formaggi vegetali a base di mandorle nella quale ha investito non a caso la famiglia Mutti (in apertura uno stabilimento di 600 metri quadrati a Sala Baganza con l'obiettivo dei 10 milioni di fatturato in tre anni). A bordo del Veganuary anche Tuduu, start-up sempre made in Italy e vincitrice dell’Innova Retail Award 2023 di Kiki Lab. L’applicazione permette agli utenti, dopo aver impostato i profili nutrizionali tra oltre 40 filtri, compreso quello vegano o vegetariano, di creare liste della spesa condivise e trovare prodotti e ricette adatti (gli algoritmi proprietari analizzano in automatico qualunque etichetta), anche partendo da quello che si ha in scadenza.
Parliamo, nel complesso, di una promettente schiera di realtà giovani che vale la pena prendere in considerazione sul fronte della collaborazione e della sperimentazione a quattro mani.

 

 

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