Il bio sfida il convenzionale per competitività e marginalità

In Italia il settore ha raggiunto estensioni agricole di primo piano. Ora la sfida è per un'agricoltura di mercato aperto. (da Mark Up n. 254)

Schermata 2016-11-08 alle 16.38.57Con  la  stretta  europea  sugli  aiuti  accoppiati  e  il  venir meno dei regimi delle quote, anche per il settore agricolo il mercato è diventato il principale contesto  dove  cogliere  le  opportunità.  Precorrendo  la  sensibilità salutistica, che oggi è nel pieno della sua esplosione, l’agricoltura italiana ha fatto di necessità virtù, virando verso il biologico, alla ricerca di una redditività che il mercato convenzionale non garantisce. La superficie destinata al bio ha raggiunto il 12% della Sau, 1,5 milioni di ettari (+7,5% rispetto al 2014), e gli operatori sono cresciuti dell’8,2%. Considerati i volumi d’affari di 2,6 miliardi nel mercato  interno  e  1,6  miliardi  di  export,  in  crescita  a  doppia  cifra  anche  nel  primo  semestre  2016,  molti  operatori  iniziano  a rivendicare  la  dignità  di  un  segmento di massa e non più di nicchia. Ma navigare  in  mare  aperto  implica  una  maggiore  esposizione alle fluttuazioni del mercato e alla concorrenza, con il rischio di venire appiattiti verso le quotazioni dell’offerta mass market. Il sistema produttivo italiano è pronto a non farsi travolgere?
Per struttura sì. Rispetto al convenzionale, le aziende agricole che operano nel bio sono più strutturate sia a livello dimensionale (20 ettari di media) che organizzativo, agganciando all’attività in campo anche parte del processo di lavorazione post raccolta. È  inoltre  più  diffusa  la  contrattazione  pre  campagna  tra  aziende  e  produttori  e la  creazione  di  filiere  integrate  risulta  il  modo  migliore  per  tutelare  agricoltori e consumatori. “La criticità del mercato del  bio  italiano  -commenta Massimo  Monti,  ad  di  Alce Nero- è dovuta alla spersonalizzazione del legame tra mondo agricolo e industria che, anche per effetto della globalizzazione, va ad approvvigionarsi dove la materia prima costa meno. Alce Nero ha scelto fin dalla sua fondazione di basarsi su rapporti stabili e duraturi con il mondo agricolo, una scelta  strutturale  complessa  da  gestire  poiché  la  qualità del prodotto non è la stessa in tutte le annate e ci sono  differenze  di  prezzo  da  gestire.  Normalmente le trattative sulla remunerazione avvengono dopo la campagna partendo dal valore di vendita del prodotto.  Tendenzialmente  paghiamo  i  nostri  soci  fornitori  meglio  del  mercato  e  in  più  offriamo  la  certezza della collocazione”. Che per mantenere credibilità ed evitare frodi il mercato italiano debba organizzarsi attraverso la creazione di filiere è evidente anche per Federbio: “Le aziende di trasformazione -osserva il presidente Paolo Carnemolla- stanno capendo che è importante avere un rapporto integrato con la produzione sia per non trovarsi senza prodotto sia per avere una filiera garantita rispetto alla quale si possano programmare crescita sviluppi e futuro”.

L'intero articolo su Mark Up n. 254

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