Che cosa sarà del nogozio?

L'editoriale della direttrice Cristina Lazzati (da Mark Up n. 283)

Che cosa potrà giustificare in futuro l’esistenza, l’apertura di un negozio fisico? Perché non limitarsi all’eCommerce, meno costoso e più pratico? Impossibile? Forse, ma sicuramente le regole del gioco sono cambiate. Intanto, l’effetto “wow” prende altre forme e si allontana dalla multisensorialità overstimolata, dall’effetto monumento o opera d’arte: il negozio non deve più ubriacare i sensi ma deve imparare a colloquiare, giocare, intrattenere il cliente, lo deve stupire e rassicurare, divertire e assecondare. Le nuove tecnologie hanno dato una mano in questo senso, ma per molti brand sono state più un gadget che un pilastro su cui costruire un nuovo modo di fare retail. Ma le cose stanno cambiando, la cultura retail sta facendo passi avanti o, forse, anche i più riottosi hanno finalmente compreso che andare o meno in un negozio sarà per il cliente sempre più una scelta e non un obbligo. Come farsi “scegliere”? Le risposte cambiano da settore a settore, c’è chi ha trovato nuove strade e chi le sta ancora sperimentando. In questo momento, il mondo dello sport è, in termini di engagement, probabilmente il più evoluto: i grandi marchi hanno allestito campi da gioco nei loro flagship, organizzano happening con i campioni, sfornano app che rendono lo shopping fluido, facile, hanno commessi esperti in grado di consigliare, guidare. Un discorso che vale anche per i marchi più “piccoli”: brand iper specializzati per cui la via dell’engagement passa dalla community, più reale che virtuale, dal creare luoghi dove condividere una passione e non meri spazi di vendita. A seguire, nella classifica dei top-engagers, c’è il mondo del beauty, dove, a differenza dello sport, il cambiamento è avvenuto per l’ingresso di player nuovi, disruptive come Glossier, nato da un blog, ed esploso in meno di dieci anni. Un competitor “strano” che forse ha spinto Chanel ad aprire Atelier Beauté un concentrato di tecnologia e servizio mai visto prima nella maison francese. Non possiamo dimenticare la gdo, ancora poco toccata dall’eCommerce; per essa, engagement, al momento, significa ristorazione, coerente con il core business, che mette il cibo al centro, con il vantaggio della socialità, ma si iniziano a vedere altre soluzioni, quasi opposte, dove engagement significa tempo, velocità e (perché no?) anonimato. Pensiamo ad Amazon Go che, in uno spazio ridotto, permette al cliente di prendere ciò che gli serve e andarsene senza profferire parola.

Infine, in difficoltà l’abbigliamento, che siano griffe o fast fashion, di fatto hanno i pure-player dell’eCommerce alle calcagna e faticano ad uscire dall’effetto cattedrale che li ha premiati negli anni passati, ma che ormai ha perso appealing agli occhi del cliente.

Nel retail è tempo per realisti visionari.

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