Social network a prova di manager: presenza digitale al vertice e il “Ceo Activism”

L’avvento di Clubhouse aggiunge un competitor in più ai social media ad oggi meglio “consolidati”. Tra quest’ultimi è interessante analizzare la presenza dei maggiori CEO italiani

Ormai tutti parlano di Clubhouse, il vocal social che sta spopolando in Italia da qualche settimana a questa parte, e che è stato definito una sorta di evoluzione partecipativa dei podcast. Al momento si entra solo su invito ed è esclusivamente per iOS, escludendo del tutto il sistema Android, anche se Clubhouse ha promesso di aprirsi liberalmente al mondo entro il 2021 (e di sciuro riallineando il suo modello di business, magari monetizzando le conversazioni con dei sistemi di ticketing, mance e abbonamenti). Si tratta, nei fatti, di una sorta di “radio-social”, organizzato in rooms, ognuna gestita da un moderatore, in cui si può partecipare o anche solo assistere a delle discussioni esclusivamente audio (infatti, a parte la bio e la foto profilo, tutto è vocale, e ad oggi – febbraio 2021 – non registrabile o condivisibile al di fuori del social). Sono presenti, quindi, in Clubhouse rooms tematiche dove si può davvero assistere a vere e proprie conferenze, e in generale a contenuti di interesse per chi si trova in posizioni decisionali, come i CEO.

A questo proposito, è interessante notare l’analisi sulla presenza social di oltre 150 top manager italiani, condotta da Reputation Manager. Al momento sia per TikTok, sia per Clubhouse è troppo presto per rientrare una simile analisi, ma le potenzialità delle due piattaforme sono evidenti, specie per TikTok, mentre Clubhouse ha ancora tutto da dimostrare se non vuole svanire in un paio di mesi.

Tornando alla profilazione condotta da Reputation Manager, LinkedIn si impone come il social media scelto dal 60% di executive del Belpaese. Il social fondato da Reid Hoffman, usato per raccontare i successi personali o dell’azienda, sta diventando sempre più un mezzo di relazione non solo con i colleghi, ma anche con clienti, stakeholder e istituzioni. Su LinkedIn, nel podio tra i più attivi e seguiti, vi sono Luca De Meo di Renault al primo posto, seguito a ruota da Marco Alverà di Snam e Nerio Alessandri di Technogym.

Dopo LinkedIn, le piattaforme che per numeri si posizionano al secondo e terzo posto sono Twitter, con il 29%, (+5%) e Facebook con il 18% (+7%).  Invece, menzione speciale per il social più in crescita va a di più è Instagram: nell’ultimo anno, i manager che utilizzano la piattaforma sono diventati il 21% del totale (+13% rispetto al 2019).

© Reputation Manager S.p.A.

Inoltre, l’emergenza sanitaria, il lockdown e la conseguente sovrabbondanza comunicativa hanno contribuito a rafforzare anche il posizionamento dei top manager sui motori di ricerca, Google in testa. Cresce, dal 54% dell’anno passato all’86% di oggi, il numero di contenuti ad essi riferiti nei primi 10 risultati di ricerca. Migliora anche il posizionamento in top3: il 61% dei manager analizzati ha almeno un contenuto ufficiale posizionato nei primi tre risultati Google (nel 2019 solo 1 su 10 poteva vantare questo risultato).

Diminuiscono, invece, le lesività associate ai top manager italiani, tanto che solo il 17% di loro ha un contenuto negativo nei primi 20 risultati di ricerca (erano il 26% nel 2019). Il discorso cambia di poco se si considerano i video lesivi (21%, in diminuzione del -3%) e le immagini (21%, -1%). Stabile, invece, il numero di manager presente con una pagina personale su Wikipedia (64%).

L’evoluzione del comportamento di CEO e top executive sui social network è parte di un processo di trasformazione che investe il significato stesso di leadership in questi anni – spiega Andrea Barchiesi, Fondatore e CEO di Reputation Manager – non solo voce guida dell’azienda e nel settore in cui operano, ma anche nello sviluppo economico del Paese fino ai grandi temi sociali come i diritti umani, la sostenibilità, l’innovazione, lasciati troppo spesso ai margini da politica e istituzioni. La logica del mero profitto lascia spazio a una vision più ampia, trasformandosi in quello che già da tempo oltreoceano viene definito “CEO Activism”, dove il manager esprime le sue posizioni, anche politiche. I social, con la tipica disintermediazione che li caratterizza, sono lo strumento migliore per questa nuova narrazione ed è in quest’ottica che bisogna guardare con attenzione al passaggio dai contesti più tipicamente professionali come LinkedIn a quelli apparentemente più lontani, come Instagram, che nell’ultimo anno ha registrato la crescita maggiore di manager e imprenditori tra i suoi utenti. Un fenomeno di crescente importanza che monitoreremo periodicamente attraverso il nostro osservatorio”.

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