Profumi, odori e aroma-mania: il mercato diventa sensoriale

Gli esperti – Il coinvolgimento dell’acquirente attraverso la sollecitazione sensoriale è una tecnica già utilizzata (involontariamente) nel passato. Ma oggi le prospettive sono più ampie(da MARK UP 200).

1. Logoprofumo: il profumo come strumento identitario di un'azienda
2. Dimensioni immaginarie e atmosfere del marketing olfattivo
3. Aromi e odori diventano influenzatori dell'acquisto

Già più di vent'anni fa negli Stati Uniti i centri di bricolage e del fai-da-te venivano innervati di un intenso odore di legna bagnata. Il cliente si aggirava tra uno scaffale e l'altro e, prima o poi, si ritrovava ad acquistare assi e arnesi per costruire tavolini e mensole. Poi fu la volta dei centri commerciali e dei supermercati: arrivarono i totem aromadiffusori. Totem che, una volta posizionati, semplicemente attivati dal passaggio dei clienti, diffondevano aromi collegati ai diversi settori merceologici.
Aroma di mare per il settore pesce, aroma di bosco per l'area carne, aroma di vaniglia, aromi speziati e così via. Venne l'experience economy, che ci narrò quanto fosse fondamentale trasformare il momento dell'acquisto in un'intensa esperienza emozionale. Lo sappiamo bene: quanto più quell'esperienza coinvolgerà tutti e cinque i sensi tanto più sarà leggendaria e memorabile. Da New York debutta poi sul palcoscenico milanese Abercrombie&Fitch: il profumo diventa uno specifico attrezzo del mestiere, legato alle indicazioni di un sapiente e quasi ossessivo bible aziendale. Operazione aggressiva? Molestia olfattiva? Qualcuno l'ha definita così.

Strumento identitario
Si tratta in realtà di un preciso utilizzo del profumo che trova un suo senso all'interno di tutta una strategia aziendale, comunque vincente. E ora? Ora siamo nel bel mezzo di un ciclone olfattivo. È un po' la riscossa di questo quinto senso che sembra rubare le scene agli altri quattro. Il profumo diventa strumento identitario: viene scelto da negozi, aziende, hotel, ma anche aeroporti, sale cinematografiche, cliniche, uffici, musei, spazi espositivi per esprimere la propria identità, la propria personalità. È strumento distintivo e di riconoscibilità, prima ancora di essere influenzatore all'acquisto. Interessante come un fattore intangibile per eccellenza diventi complemento, quasi fisico, del layout e dell'arredo. Definisce e crea l'atmosfera di uno spazio, nella corsa verso un'inarrestabile personalizzazione olfattiva di luoghi e non luoghi.
Ma c'è altro: ora fragranze e odori debuttano come strumenti di promozione turistica. La Francia ha creato una guida turistica olfattiva e New York si è costruita una mappa olfattiva riproducendo gli “odori” dei suoi quartieri. Il marketing olfattivo è ora un vortice di utilizzi appropriati e di eccessi. È anche l'affermazione di un profilo professionale: il “naso”, o meglio il “maestro profumiere”, designer di good-matching tra un luogo e il suo profumo. Crescono gli specialisti dell'olfatto e crescono le aziende produttrici di macchine e strumenti per le diverse soluzioni di diffusione. MaxMara, Marella, Benetton, Sony, Park Hyatt Hotel, Sheraton, Cinema Odeon ecc.in Italia e nel mondo è tutto un mercato in evoluzione che profuma luoghi e persino cartelloni pubblicitari. E il gadget? Gadget e souvenir olfattivi, naturalmente. Ma la costruzione di un'identità olfattiva è un percorso lungo e sofisticato.

  L'esempio di Fornasetti  
  Fornasetti, per esempio, ha affidato la propria ricerca all'abilità di un noto maestro profumiere: Olivier Polge. Tempo impiegato? Un anno intero di visite e conversazioni. Risultato? Un profumo, ispirato alle erbe mediterranee del giardino di famiglia e ai legni utilizzati per le proprie produzioni, che si narra così: “Impalpabili ingredienti come l'incenso evocano una latente spiritualità o un senso di paesaggio irreale spesso presenti nelle collezioni Fornasetti”. “Otto” è il profumo che definisce, innervandolo, lo spazio rosso peonia di Fornasetti Milano. “Otto”, perché fu scelta l'ultima delle otto proposte di Olivier. “Otto” è sufficiente perché questo profumo non deve avere un nome. È il profumo, anzi il “logoprofumo” Fornasetti.
E intanto negli Stati Uniti è sempre più frequente non svelare il magico mix dell'aroma messo in onda, perché l'obiettivo non è quello di far riconoscere l'intensa fragranza di limone e menta al cliente che entra, per esempio, nella hall di un hotel. L'intento è, piuttosto, quello di immergerlo in un'atmosfera e poi fargli dire: “Ma cosa è questo profumo di fresco?”.
 
     

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