La Pa? Migliora lentamente, dunque peggiora

ECONOMIA & ANALISI – Una delle attività più diffuse e praticate nel nostro Paese è la ricerca di incentivi. Legittimamente le imprese provano a sfruttare i provvedimenti legislativi che possano in qualche modo supportarle (da MARKUP 214).

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Credo, invece, che si dovrebbe cambiare radicalmente rotta: fine dei sostegni, largo ad agevolazioni e semplificazioni. Meno soldi da una parte, meno scartoffie e tasse dall'altra (l'idea del Professor Giavazzi, tra gli altri). C'è una logica in questo: i flussi di denaro dalla PA alle imprese (sussidi e incentivi vari) e dalle imprese alla PA (imposte e tasse), e tutte le alte operazioni di adempimento, necessitano di burocrati che ne vaglino diversi aspetti. E i burocrati costano. Quindi c'è una perdita sistemica relativa a questi giri.

Confusione
Non è l'unico problema. Anzi, seppure grave, non è quello più rilevante. La dispersione più costosa deriva dalla montagna di leggi e regolamenti deputati a gestire questi complicatissimi e incerti flussi nonché la mole di adempimenti, deroghe, eccezioni e regimi di favore. In generale le norme sono troppe e troppo complicate, sovente inapplicabili. Leggo da un Ansa del 2 ottobre scorso la risposta del sindaco di Pavia alle considerazioni dell'Antitrust in materia di liberalizzazioni, dove l'autorità stigmatizzava una certa inerzia degli enti locali nell'applicare le leggi dello Stato: "tale visione [quella dell'Antitrust] tende a generalizzare e non tiene assolutamente conto del confusissimo quadro normativo all'interno del quale le amministrazioni comunali sono chiamate a muoversi, né dei continui mutamenti subiti dallo stesso". Mi pare chiaro. Entrambi i contendenti hanno ragione ma sono stati posti, col passare del tempo e con il crescere del numero e della complessità delle leggi, nella fastidiosa posizione di non potere agire, ostacolati dall'infaticabile attività legislativa (ricordate i tanti politici che si vantano di avere fatto molte leggi) cui si sovrappone, appena una legge è fatta, l'incessante processo emendativo per modificarla.
Una normazione invadente, vasta e confusa, apre, logicamente, la strada a interpretazioni e contenziosi. Imprese e cittadini sanno che tutto finisce in tribunale perché qualcuno dovrà pur essere in grado di stabilire come stanno le cose. Il risultato è la paralisi.
Riporto in tabella alcune statistiche comparative della Banca Mondiale riguardanti i riflessi sulle imprese dell'eccezionale peso amministrativo. Sono indicatori auto-esplicativi. Aggiungo soltanto che dieci anni fa l'Italia era in condizione oggettivamente peggiore dell'attuale, segno che qualcosa, lentamente, si muove nella direzione giusta. Poiché però i nostri partner mondiali non stanno ad aspettare, in termini relativi (sono i soli che contano) i miglioramenti troppo lenti equivalgono a peggioramenti di competitività. La letteratura teorica e l'evidenza empirica raccontano di una correlazione negativa, statisticamente molto significativa, tra complessità burocratica e crescita economica.
Mi sembra che l'attuale esecutivo sia perfettamente consapevole di queste relazioni. Eppure riscontro una sorta di incapacità a rendere le cose semplici, come se un'eredità pericolosa e ineluttabile appesantisse la penna del legislatore. Forse sono proprio i burocrati che scrivono i provvedimenti a doversi prendere un anno sabbatico per aggiornare il loro stile. O dovrebbero andare in pensione.

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