Amazon sotto indagine da parte dell’Antitrust europeo per pratiche sleali

© Olivier Hoslet/Agence France-Presse, via Pool/Afp Via Getty Images
L’UE ha messo in moto una serie di azioni contro Amazon responsabile di condotte scorrette in materia di concorrenza, con la prospettiva di una sanzione di 28 miliardi di dollari

Era il 17 luglio 2019 quando Amazon veniva, per la prima volta ufficialmente, messo sotto la lente di ingrandimento da parte della Commissione europea nei termini di un'indagine per il suo doppio ruolo di marketplace e rivenditore. A distanza di poco più di un anno, il dossier Amazon si arricchisce di un secondo capitolo, per cui al gigante di Jeff Bezos è stato notificato l’uso improprio di dati: "This is a case about big data” ha affermato in proposito Margrethe Vestager, Vice-presidente e Commissaria alla concorrenza.

Questa nuova forte presa di posizione da parte della Commissione europea, arriva proprio come follow-up alla suddetta azione del 2019, che a sua volta era basata su un indagine del 2015 – a dimostrazione del lungo tempo durante il quale Amazon è stato l’elefante nella stanza, come si direbbe con un’espressione anglosassone. La Commissione è ora giunta ad una conclusione preliminare che dimostra come Amazon abbia abusato illegalmente della sua posizione dominante in qualità di fornitore di servizi nei mercati di Germania e Francia, i più grandi mercati per Amazon nell'UE.

Appare ulteriormente significativo come quest’azione arrivi nel bel mezzo di una pandemia, che non ha fatto altro che necessariamente rinforzare il ruolo dell’e-Commerce. A questo proposito, come si legge nella stessa dichiarazione della Vicepresidente Vestager pubblicata sui canali ufficiali dell’UE, si riconosce l’estrema importanza e valore delle vendite online in Europa, che è quasi raddoppiato negli ultimi 5 anni raggiungendo quasi i 720 miliardi di euro quest'anno, rispetto ai quasi 375 miliardi di euro del 2015. Proprio queste cifre, però, impongono alle istituzioni UE di fare sentire la propria voce. Nel particolare, gli addebiti dell’UE ad Amazon non riguardano né il suo successo, né la sua dimensione, quanto piuttosto una condotta aziendale che sembra falsare la concorrenza autentica.

In tal senso, due sono le azioni contestate:

  1. Abuso sui dati di terze parti che si affidano all’e-commerce di Seattle. Nello specifico, la Commissione passerà al vaglio gli accordi tra Amazon e i singoli merchants, concentrandosi su come i dati accumulati dall'attività di quest'ultimi sulla piattaforma vengano gestiti da Amazon.
  2. Adozione di pratiche anticoncorrenziali che presumibilmente spingono i merchant a utilizzare le operazioni di logistica e consegna dell'azienda, incluso il suo servizio Prime. Su questo punto è stata aperta un’indagine separata, che va ad accertare anche l’utilizzo scorretto dei dati per agevolare la visualizzazione di alcune merci nel cosiddetto “Buy box”. Tale “Buy box” consente ai clienti di aggiungere articoli da un rivenditore specifico direttamente nei loro carrelli degli acquisti.

Queste prese di posizione sono ovviamente supportate dalla legislazione europea in materia di Antitrust, e nello specifico gli accordi anticoncorrenziali tra imprese all’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e/o sull'abuso di posizione dominante come all'articolo 102 del TFUE.

La sentenza del caso è attesa nel 2021 e, in caso di verdetto di colpevolezza per Amazon, l’azienda dovrà apportare modifiche alle sue pratiche commerciali in essere, oltre che pagare una multa pari al 10% delle sue entrate globali annue che nel 2019 hanno raggiunto 280,5 miliardi di dollari. Tale sanzione potrebbe, quindi, ammontare a circa 28 miliardi di dollari.

Amazon, dal canto suo, non è rimasta passiva alla situazione, manifestando attraverso una nota aziendale il suo disaccordo con le affermazioni preliminari della Commissione europea del 10 novembre 2020, e rendendosi disponibile a fornire un’accurata versione dei fatti: “Amazon rappresenta meno dell’1% del mercato al dettaglio globale e ci sono rivenditori più grandi in tutti i paesi in cui operiamo. Nessuna azienda più di Amazon si occupa delle piccole imprese o ha fatto di più per supportarle negli ultimi due decenni. Ci sono più di 150.000 aziende europee che vendono attraverso i nostri stores, le quali generano decine di miliardi di euro di ricavi ogni anno e hanno creato centinaia di migliaia di posti di lavoro”.

In definitiva, la Commissione europea, attraverso le sue indagini, manifesta la convinzione di fondo che le piattaforme beneficino di un potere significativo perché rappresentano delle porte d’accesso (obbligate) attraverso le quali i venditori devono necessariamente passare per avere una qualche minima chance di operare sul mercato.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome