Anche il fashion “accessibile” inizia a pensare in modo sostenibile?

PREVISIONI 2011 – Scs: ancora poche le insegne a caccia dell'attenzione di donne con sensibilità verde sviluppata. (Da MARK UP 195)

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1. Sul recupero dell'abbigliamento usato qualcosa si muove
2. Va inserito in modo organico nella strategia complessiva

Sarebbe una mancanza di coerenza affermare che il settore fashion manifesta già una sensibilità alla sostenibilità consolidata. Facendo riferimento ad alcune indagini che mostravano una leggera polarizzazione degli “eco-attenti” tra le donne, in fascia d'età intermedia e di livello di istruzione medio - alto (si veda, per esempio, la ricerca Scs su consumatori e sostenibilità), si è verificato se questo dato fosse stato in qualche modo interpretato e utilizzato da realtà che con questa popolazione hanno a che fare. Seguendo la piramide Scs della strategia ambientale articolata in “think - act - sell - share green” (si veda MARK UP n. 191), si è partiti con il monitoraggio della parte bassa (sell-share), attraverso un giro di ricognizione tra i negozi che si preparano al periodo natalizio per poi passare alla parte alta integrando l'esperienza concreta con la consultazione delle fonti istituzionali. Dire che non ci siamo per nulla è forse troppo, ma dire che il settore sia un po' indietro (con poche eccezioni) è un dovere da appassionati della materia.

Due esempi
Sono da segnalare due interessanti iniziative di aziende italiane, che occupano la vetrina delle rispettive catene: Intimissimi e And Camicie. La prima ha lanciato la campagna “Supervalutiamo i tuoi reggiseni”, con la quale propone alle clienti di portare a negozio gli indumenti usati, a fronte del riconoscimento di un buono spesa; con il materiale raccolto, un'azienda specializzata realizzerà pannelli isolanti e fonoassorbenti, recuperando quindi quanto era destinato a finire tra i rifiuti. Il meccanismo è lo stesso per And, che con l'iniziativa “Recycle” ritira camicie di seconda mano che verranno trasformate in una collezione di capi nuovi dai designer della Nuova Accademia di Belle Arti di Milano.

La comunicazione
Intimissimi, poi, raggiunge una buona coerenza nella comunicazione, integrando il canale punto di vendita (vetrina più espositori interni con materiale informativo) con quello web, dove in home page del sito la testimonial del brand dichiara “Portiamo i reggiseni usati nei negozi Intimissimi e contribuiamo a salvare il pianeta. Fare del bene all'ambiente è anche una questione di stile!" e l'iniziativa è spiegata nel dettagli.
Se in altri casi si è evidenziato come la comunicazione a punto di vendita non riuscisse a dimostrare appieno le attività messe effettivamente in atto dalle aziende, qui ci si trova di fronte a un caso del tutto opposto. La tematica ambientale rappresenta, per questi marchi, più un'intuizione che una strategia strutturata, e altre azioni che fossero eventualmente realizzate non sono immediatamente reperibili su fonti pubbliche. Il rischio di essere tacciati di greenwashing da qualche osservatore più critico esiste.

Gli altri
Molti altri attori del settore al momento sembrano ignorare del tutto il tema, a qualsiasi livello della piramide, preferendo semmai presentare, come biglietto da visita della propria sostenibilità, varie iniziative di charity rivolte a enti di beneficienza.
Per concludere: ce n'è di strada da fare. Quello che è stato rilevato guardando le vetrine e consultando le fonti istituzionali sembrano essere, per la visibilità delle iniziative e per il pubblico di riferimento (tendenzialmente giovane e attento alla moda), tentativi spontanei tattici di attirare l'attenzione su piccoli accorgimenti nel proprio stile di vita ancora slegati da un'azione organica. Se fosse, quindi, una grossa opportunità per chi vorrà coglierla in maniera strutturata?

*Scs Consulting

H&M e Zara
Fanno eccezione due giganti del fashion a prezzi accessibili come H&M e Zara che, forti della dimensione internazionale dei loro gruppi, hanno una politica ambientale strutturata, dei piani di azione e delle attività in atto per limitare i propri impatti ambientali relativamente a prodotti, strutture, processi. Il tutto è reperibile attraverso i loro siti internet; H&M, in particolare, lo comunica in modo efficace anche ai consumatori italiani attraverso il sito nazionale. L'impegno, di contro, rimane invece poco visibile per i clienti nel punto di vendita (scelta argomentabile che se da un lato può essere interpretata come il non volere utilizzare il green come elemento di marketing dall'altro sottrae in parte il retailer da un compito di coinvolgimento della community, elemento fondante della responsabilità sociale).

Più

  • Efficacia comunicativa
  • Target rilevante

Meno

  • Politica ambientale ancora da sviluppare

Allegati

195-MKUP-Scs
di Giulia Balugani, Francesco Fumelli* / dicembre 2010

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