Aumenta la cultura del prodotto, ma diminuiscono i consumi

Il mercato è maturo? Questo è il quesito che gli addetti ai lavori si pongono da qualche tempo.

Per anni i consumi pro capite di birra, pur rimanendo lontani dalla maggior parte degli altri paesi europei o forse proprio per questo, hanno continuato a crescere. Tanti i motivi. Il fatto che la birra sia la bevanda alcolica più diffusa e più consumata nel mondo dimostra che il prodotto ha un contenuto merceologico intrinseco tale da soddisfare qualsiasi popolazione al mondo, qualsiasi gusto, qualsiasi cucina. Una sorta di bevanda universale. Nel nostro paese in particolare il successo della birra è dovuto alla fisiologica crescita a scapito dei consumi di vino che ha una componente alcolica e una di prezzo che lo hanno da tempo condannato a una drastica riduzione dei consumi. Il processo di sostituzione della bevanda nazionale è avvenuto proprio grazie al minore contenuto di alcol e alla relativa convenienza di prezzo.
Ma. C'è un grosso ma che deve far preoccupare l'intero settore. Non solo l'industria ma tutto il mondo di operatori che si regge attorno al business della birra. I consumi sono fermi. Di più, calano.
Ciò succede quando siamo ancora anni luce lontano dalla gran parte dei paesi europei. La maggiore attenzione salutista al tema dell'alcol sta contenendo i consumi nella maggior parte dei paesi europei ma su livelli sicuramente superiori. Sarà un caso ma il paese più vicino a noi per l'andamento dei consumi è l'altro grande paese a tradizione vitivinicola. Anche in Francia, infatti, i consumi sono scesi sotto i 30 litri pro capite. E i consumi di vino sono scesi sotto i nostri. Si tratta di un fatto contingente dovuto alla crisi economica o una tendenza di lungo periodo, incontrovertibile? Quali le cause?
Soprattutto alla luce del fatto che tutto ciò avviene quando l'attenzione culturale al fenomeno birra è ai massimi storici. Nel momento in cui si assiste al boom delle produzioni artigianali e dei locali a essi collegati. Soprattutto nel momento in cui il consumatore italiano è diventato attento, acculturato, in grado di conoscere pregi e difetti, un vero intenditore ormai non molto lontano dal livello di competenza degli altri consumatori europei.
Sicuramente la contingenza economica ha la sua parte. Anche se potrebbe essere un motivo a favore di un ulteriore incremento della sostituzione del vino a favore della birra. Sicuramente l'ha anche l'effetto alcol e la lotta agli incidenti del sabato sera. Ma a nostro parere c'è un altro fattore. Determinato dalle strategie dei produttori. Non sappiamo se voluto o se subito. Tutte le imprese del settore adottano strategie di branding fortissime per la valorizzazione del portafoglio marche. Il marketing è molto sosfisticato e gli investimenti sono imponenti. Tutti tesi a costruire contenuti valoriali attorno alla marca. Ciò porta a cambiare il vissuto stesso della merceologia. Da consumo banalizzato di bevanda da consumarsi in pizzeria o per pranzi veloci a prodotto da meditazione o comunque da intenditori.
Di per sé sicuramente un bene. Attenzione però. “Bere meno, bere meglio” ha portato il consumo di vino da 100 a meno di 40 litri pro capite. Sta alle imprese decidere se è importante solo il margine o se nel lungo periodo non sia necessario anche dare un'occhiata alla dimensione del mercato.

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