Non nascerà, almeno per ora, il colosso di 120 miliardi di euro che poteva uscire dalla fusione tra Carrefour e il retailer canadese CoucheTard che ha messo sul piatto 25 miliardi di dollari canadesi

Il pronto richiamo del ponte levatoio da parte della politica nazionalistica francese ha forse scoraggiato la canadese Couche Tard. A indurre monsieur Bouchard, il fondatore di CoucheTard, a fare un passo indietro è stata infatti la levata di scudi del Governo francese. La catena canadese Couche-Tard, sconosciuta in Italia (e nemmeno largely known in Europa), ma molto nota in Nord America per l'insegna Circle K, aveva avviato un dialogo esplorativo per acquisire niente meno che Carrefour, uno dei primi 5 retailer europei (Ue) per giro d'affari, e uno dei primi 20 del mondo, anche se -stranamente- è sparito dalla classifica Global Powers of retailing di Deloitte. Comunque, il matrimonio tra Carrefour e CoucheTard, due colossi su due regioni opposte del globo, ma accomunati dalla lingua francese, sarebbe equivalso a un deal da 20 miliardi di dollari. L’ operazione poteva generare un gigante globale della distribuzione, con posizione di forza su entrambe le sponde dell’Atlantico e un totale di quasi 26.500 punti di vendita. Il business distributivo era pure perfettamente convergente: focus sulla prossimità e il convenience.

Carrefour (giro d'affari di quasi 81 miliardi di euro) ha un network di punti di vendita multi-format forte di 12.300 store in 30 paesi del mondo. È un volto-insegna familiare non solo in Francia, ma anche in Italia. Il network mondiale si articola in 1.207 ipermercati, 3.412 supermercati, 7.193 convenience store e 413 cash and carry.

Nella classifica 2020 Supermarket News Top 75 Retailers & Wholesalers list,, Couche-Tard è al 23° posto con ricavi di 13,3 miliardi di dollari Usa, nel 2019-20. Ma è al 4° posto per numero di pdv, 9.815 negozi.

La catena basata a Laval, Quebec, aveva inviato un'offerta non vincolante, al prezzo di 20 euro ad azione (24,31 dollari Usa, e 30,86 dollari canadesi). Secondo il quotidiano canadese Le Devoir la proposta avanzata da CoucheTard si aggirava sui 25 miliardi di dollari canadesi (circa 16 miliardi di euro).

Nel secondo trimestre fiscale 2021 (chiuso l'11 ottobre 2020), la rete di Couche-Tard si articola in 14.200 punti di vendita in 26 paesi. In Nord America, sono 9.261 convenience store (8.085 con distributori di benzina) in 47 stati e 10 province canadesi, con insegne  Circle K, Couche-Tard e Ingo.

In Europa Couche-Tard conta 2.722 Circle K e Ingo in Norvegia, Svezia, Danimarca, Estonia, Lettonia, Lituania, Irlanda e Polonia, ma a livello internazionale ci sono affiliati Circle K in 16 altri paesi. Il gruppo canadese sviluppa un giro d'affari equivalente a 54,13 miliardi di dollari canadesi (42,61 Usa), anno fiscale 2020.

Nel 2017 CoucheTard ha acquisto il gruppo Usa Cst Brands per 4,4 miliardi di dollari.

A giudicare dagli andamenti di Borsa, il mercato degli investitori avrebbe forse gradito l'arrivo in porto dell'operazione bloccata dal veto politico. Alla Borsa di Parigi il titolo Carrefour aveva chiuso la seduta del 13 gennaio con +13,42% a 17,54 euro (ma ha sfiorato anche +20%). E subito dopo il ritiro dell'offerta da parte di CoucheTard, le azioni Carreofour ha registrato un rinculo del 20%. La Borsa canadese non aveva reagito con lo stesso entusiasmo, anzi, l'emoticon era faccina triste: le azioni di Couche-Tard hanno perso quasi l’11% scendendo a 36,88 dollari canadesi subito dopo l'annuncio della possibile acquisizione.

Governo francese contro la fusione

Com'era logico e storicamente prevedibile, i vertici della politica francese non sono affatto pronti a stappare lo champagne per festeggiare operazioni cross-border. Il ministro dell'economia francese, Bruno Le Maire ha dichiarato su France 5 che in gioco c’è la sovranità alimentare dei francesi e che quindi il matrimonio non s'ha da fare, ossia non può essere favorevole a questa transazione. E ha aggiunto: "Carrefour è il primo gruppo privato per occupazione, è un gruppo importante per la sicurezza alimentare francese e per il suo approvvigionamento. E con l’emergenza coronavirus abbiamo visto come questo comparto sia vitale, come sia importante la salvaguardia dei beni essenziali".

Prima che Couche Tard ritirasse l'offerta, il ministro Le Maire non aveva escluso il ricorso a decreti sul controllo degli investimenti stranieri in Francia. "Con questo provvedimento possiamo dare il consenso o meno ad accordi di questo tipo. E come ho detto a priori non sono favorevole a questa operazione. Anche il settore della distribuzione alimentare è stato inserito nei settori strategici".

 

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