Carriere orizzontali e verticali: è una questione di senso del lavoro

Verso un giusto compromesso tra aspirazione dei lavoratori e performance aziendali calate nel tessuto produttivo italiano

Il dibattito sulla trasformazione del mondo del lavoro è multi trasversale rispetto a professioni, necessità del mercato e delle aziende e nuove esigenze dei lavoratori.
Non c’è solo un tema di focus, ma anche di direzione: dove si forma il professionista? Quali sono le ambizioni e quali le reali prospettive lavorative? È possibile individuare un apice unanime nella parabola professionale?
Domande, queste, scaturite anche in occasione dell’apertura dell’anno accademico dello Ied Milano, in due incontri dedicati al mondo del lavoro “Dove sei, mondo bello: visti da fuori, visti da dentro”, il 20 e 21 ottobre. Un punto zero, ormai ampiamente assodato: il fenomeno delle grandi dimissioni ha fatto emergere il bisogno di un nuovo senso del lavoro, più qualificante, con maggiori prospettive di carriera, rispettoso della vita personale. È così che la resignation diventa reshuffle, rimescolamento, nuova ricerca.
Anche se per i lavoratori giovani il tasso di dimissioni è il doppio rispetto alla media, non si tratta di un segnale negativo. Infatti, gli indicatori del 2021 e del 2022 ci parlano di un mercato del lavoro molto attivo, con una vitalità dettata anche dall’alto tasso di posti vacanti, soprattutto quando si parla di figure specializzate.

Con la laurea è meglio

Se guardiamo oltre il costante trend negativo dei Neet nel nostro Paese (giovani tra i 15 e i 34 anni che non lavorano, studiano o si formano), confermato dall’ultimo rapporto Eurostat che ne totalizza 1,6 milioni in Italia, e la bassa percentuale di laureati (il nostro Paese è al penultimo posto in Europa con solo il 26% di giovani tra i 30 e i 34 anni in possesso di un titolo di studio terziario), che futuro si prefigura per chi invece sceglie di formarsi, anche durante il periodo di lavoro? Il “pezzo di carta”, intanto, ha ancora un suo valore: considerando la medesima fascia d’età, il tasso di occupazione dei laureati italiani, secondo l’Istat, supera di oltre 12 punti quello dei coetanei in possesso del diploma. Con un però che pesa come un macigno sulle scelte di studio e vita: prima dei 35 anni le possibilità di far carriera sono relativamente basse. Conseguire una formazione completa significa rimandare una serie di tappe di vita: acquisto casa, famiglia, stabilità. Una volta entrati nel mondo del lavoro, subentra il tema del work-line balance: secondo una recente indagine condotta da Bva Doxa per Mindwork, per il 57% delle persone le responsabilità e gli impegni di lavoro interferiscono con la sfera privata e familiare.

Carriera orizzontale vs carriera verticale

In un dibattito attivo sulla ricerca del nuovo senso del lavoro, si aggiunge una domanda: stante queste condizioni, la carriera è sempre un fattore di desiderio per i lavoratori e un’occasione per migliorare le performance lato azienda?
Per rispondere, prendiamo come riferimento un tema che ha generato grande interesse proprio durante i due eventi all'Istituto Europeo di Design: la differenza tra carriera orizzontale e carriera verticale. Cambiare posizione, vedendo aumentare la retribuzione e le responsabilità sono alcune caratteristiche della carriera verticale. In Italia, anche per la minore presenza di grandi aziende locali, i posti ai vertici sono limitati e le possibilità di salire di livello possono realizzarsi o mettendosi in proprio e lanciando una propria attività, o cercando lavoro presso multinazionali. Torniamo allora alla domanda sopra: è questo che serve al mercato italiano e ai suoi lavoratori? La carriera orizzontale, che non prevede scatti di stipendio significativi, permette di iper specializzarsi in un settore, definendo una capacità di problem solving sul campo e avendo una visione completa dell’azienda in cui si lavora. Non si tratta necessariamente di un limite. È allora interessante rivedere il senso di carriera orizzontale secondo due punti di vista, affini alle evoluzioni in corso: la ricerca di un work life balance più equilibrato e meno stressato dalla performance a tutti i costi e, soprattutto, l’orizzonte del long life learning e dunque la possibilità di riprendere o proseguire dei percorsi formativi che permettano ulteriori specializzazioni.
Lato aziende, però, a fronte di una sempre maggiore preparazione e di una rinnovata fedeltà lato lavoratori, è necessaria una visione più trasversale che rilegga il reciproco senso del lavoro secondo due direttrici, valorizzando al meglio entrambe le direzioni.

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