Con l’anno nuovo amare prospettive sulla crescita

Gli opinionisti di Mark Up (da Mark Up n. 276)

Chi fa l’analista economico vive, all’inizio di quest’anno, una condizione surreale. Non abbiamo finito di descrivere la ripresa italiana tra 2017 e prima metà del 2018, che dobbiamo riconvertire plesso metaforico e registro linguistico alla luce dei concreti nuovi rischi di recessione. E a fronte del repentino succedersi di dati negativi, la controparte istituzionale (Governo) racconta un’economia e una manovra che non quadrano né sotto il profilo aritmetico-contabile né sotto quello della cultura del lavoro, del rischio, e dell’impresa (si pensi alle chiusure festive nel commercio, all’ossessione della redistribuzione di risorse mai prodotte, al divieto di lavorare una volta in pensione). Nel 2019, in uno scenario favorevole, Pil e consumi potrebbero continuare a crescere (si fa per dire) poco sotto l’1%. È l’evoluzione nella mediocrità, che comporta la marginalizzazione del Paese dentro l’Europa. Il pericolo di perdere terreno non è solo una questione di (scarsa) fiducia. Sta succedendo anche qualcos’altro: a causa dell’inutile sacrificio sull’altare dello spread, la ricchezza finanziaria delle famiglie è in forte contrazione per la caduta della Borsa e del valore dei titoli a reddito fisso, pubblici e privati. Tra 2017 e 2018, la riduzione ammonta ad almeno 2.100 euro pro capite a parità di potere d’acquisto (-3,7%). Questo effetto ha compresso i consumi di almeno 3 decimi di punto. È la principale ragione della caduta del tasso di crescita dell’economia nella seconda parte del 2018, che ci ha fatto entrare, molto male, nel 2019. Quando, un giorno, tutto questo sarà finito, il professor Tria ci spiegherà che cosa è successo davvero, e perché.

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