Discriminazioni e molestie sul lavoro: serve un’azione strategica e di filiera

Il raggiungimento di una vera gender equality passa da educazione, cultura, ma anche dal legare il tema a un tangibile impatto economico lungo la filiera

Molestie e discriminazioni sul luogo di lavoro in Italia sono ancora una realtà diffusa quanto poco misurata internamente. A livello macro, però, ci sono i dati 2024 di Fondazione Libellula a rilevare il fenomeno con l'annuale ricerca L.E.I. che ha coinvolto 11.201 lavoratrici, delle quali il 22% in posizione di imprenditrice, dirigente o quadro. Anche se il campione dell'indagine non è selezionato su base rappresentativa, ma frutto di una partecipazione casuale e spontanea che è lecito supporre influenzi in parte il risultato, i numeri sono talmente rilevanti da meritare attenzione: il 40% ha subito contatti fisici indesiderati durante lo svolgimento del proprio impiego, mentre 7 su 10 hanno ricevuto allusioni, osservazioni e complimenti che le hanno fatte sentire a disagio. Quasi una donna su due per mettersi al riparo da queste situazioni cambia il proprio abbigliamento, mentre sul fronte dell'equità di genere quasi il 60% è pagata meno del collega uomo con pari ruolo, responsabilità e anzianità (il gender pay gap è invece un tema misurato con grande precisione su più fronti e da più parti). Ma i numeri non si fermano qui e descrivono un quadro di prevaricazione che va dal sistematico sminuimento al vero e proprio ricatto sessuale, dalla violenza verbale a quella fisica.

La buona notizia è che, complice una maggiore sensibilità sul tema e la disponibilità di nuove soluzioni messe a disposizione da parti terze, ci sono aziende che stanno agendo in modo significativo al loro interno per rettificare la situazione. Mentre il pink washing spopola insieme al green washing, c'è chi va oltre mimose e marketing dell'8 marzo, dando vita a best practice quotidiane, come Carrefour Italia per la gdo e Andriani per il largo consumo. "Dal 2023 siamo Società benefit e ad oggi stiamo finendo la certificazione per la parità di genere, impegnandoci costantemente non solo in questa direzione ma verso un benessere dei dipendenti a 360 gradi", spiega Francesca Lai, external communication specialist di Carrefour Italia, intervenuta all'evento di presentazione dei risultati della ricerca L.E.I. Fondamentale, in questo senso, la collaborazione con realtà esterne e professionisti che aiutino a percorrere un cammino realmente svincolato dagli stereotipi di genere, evitando di cadere ad esempio nelle "trappole del sessismo benevolo" (in stile "le donne non si toccano neanche con un fiore"), come ben ricorda lo psicologo comportamentale Luca Milani.

Uno dei limiti che tuttavia personalmente rileviamo nella lotta a discriminazioni di genere e molestie sul luogo di lavoro è che ad oggi la stessa, laddove esistente, sembra ancora primariamente incentrata sul tema educativo e culturale interno, o comunque su una spinta legata a sensibilità e senso di giustizia, più che alla vera e propria strategia di business. Perché la lotta all'iniquità di genere abbia buon esito bisogna invece legarla (anche) all'impatto economico. Rompendo il tabù de "le signore che non parlano di soldi" (citazione dell'economista Azzurra Rinaldi), ci permettiamo di osservare come la chiusura ottimale del cerchio, anche per chi già sta agendo bene sul fronte interno, sia far entrare le logiche della parità e del rispetto come variabile determinante nel rapporto con clienti e fornitori. Quante aziende, ad esempio, dopo il #metoo che ha scosso il mondo pubblicitario, hanno riesaminato la loro relazione con agenzie e pr alla luce dei fatti denunciati? Lo stesso discorso andrebbe applicato con coraggio a tutti gli attori della filiera, spingendo anche i più restii all'azione grazie al sistema dell'incentivo tangibile e misurabile, storicamente efficace. In alcuni casi questo già accade, anche se non comunicato in modo sistematico all'esterno e alle/ai dipendenti delle aziende partner. Come ci ha raccontato a margine dell'evento sempre Francesca Lai: "La lotta di Carrefour Italia alla violenza di genere include anche l'attenzione al rapporto con i fornitori attraverso l'applicazione del nostro codice etico, che comprende tra le altre questa specifica dimensione. Qualche mese fa, ad esempio, una collega ha denunciato un caso di molestia da parte di un fornitore, a seguito del quale abbiamo preso provvedimenti concreti e interrotto la collaborazione. Spesso si parla solo di dipendenti e clienti, ma tutti i partner devono rispettare i valori aziendali".

 

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome