Distribuzione e impatto Covid-19: le stime su ricavi, costi e utili

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I ricavi del settore (alimentare e non) caleranno dal 20,5% al 28,2% nei diversi scenari ipotizzati. L'analisi The European House – Ambrosetti

Quanto tempo servirà al settore della distribuzione per ritornare ai livelli pre-crisi? Il non food impiegherà da un minimo di 6 ad un massimo di 8,5 anni, mentre per il retail alimentare si va da un minimo di 0 ad un massimo di 1,5 anni.

Questa una delle stime per il futuro del comparto presentata nel report realizzato da The European House – Ambrosetti per Federdistribuzione. Lo studio ha considerato 250.000 bilanci di imprese della distribuzione negli ultimi 5 anni e analizzato gli effetti a lungo termine della pandemia Covid-19 su ricavi, costi, utili e occupazione della distribuzione food e non food, con differenze anche in base ai diversi scenari ipotizzati. Vediamo le diverse prospettive con ordine.

RICAVI FOOD E NON FOOD
A fine 2020 i ricavi totali del settore della distribuzione (food e non food) diminuiranno tra il 20,5% (scenario senza ondata epidemica di ritorno e con un impatto medio-basso sui redditi delle famiglie italiane pari all’8%) e il 28,2% (scenario senza ondata epidemica di ritorno, con uno shock intenso sui redditi delle famiglie). Particolarmente negativo sarà l’andamento dei ricavi delle imprese della distribuzione non alimentare (da -36,7% a -49,4%), mentre quelli delle imprese della distribuzione alimentare subiranno un impatto più limitato (da +0,7% a -3,1% nei diversi scenari ipotizzati).

I NUOVI COSTI 
La situazione di crisi attuale ha generato anche un aumento dei costi del settore della distribuzione: la quasi totalità delle imprese del settore ha registrato voci di costo aggiuntive come conseguenza delle misure di sicurezza anti contagio (es. costi di sanificazione, costi per dispositivi di protezione individuali e del posto di lavoro, sicurezza nei punti vendita, ecc.). Questo ha generato un incremento tra il 2% e il 4% dei costi legati alla gestione dei punti vendita per le aziende durante i mesi di lockdown (9 marzo – 4 maggio 2020), percentuale che sale tra il 3% e il 7% considerando la distribuzione alimentare che è rimasta pienamente operativa anche durante i mesi di lockdown.

UTILI (NEGATIVI PER TUTTI)
La riduzione dei ricavi e l’aumento dei costi di gestione della rete dei punti vendita erode l’utile netto delle imprese del settore della distribuzione alimentare e non alimentare, già contenuto. Secondo le stime The European House – Ambrosetti, l’utile netto della dstribuzione alimentare sarà negativo a fine 2020 (-0,2%), nello scenario senza ondata di ritorno dell’epidemia e con shock limitato sui redditi delle famiglie italiane. Ben più significative saranno le conseguenze sulla distribuzione non alimentare che, nello stesso scenario, arriverà ad un utile di -12,6% a fine 2020 secondo lo studio.

OCCUPAZIONE E SOPRAVVIVENZA DELLE IMPRESE
Lo studio mette in evidenza che la contrazione dei ricavi del settore della distribuzione avrà impatti occupazionali rilevanti, soprattutto nel settore della distribuzione non alimentare, con una quota di occupati a rischio tra il 15,5% (circa 220.000 occupati) e il 26,9% (circa 380.000). Poiché più del 60% degli occupati del settore della Distribuzione è donna, saranno proprio le donne a subire un impatto maggiore, in un Paese che è già al penultimo posto in Europa per tasso di occupazione femminile (53,8%). La situazione di crisi attuale legata all’emergenza Covid-19 mette a rischio la sopravvivenza di alcune imprese del settore, soprattutto nella distribuzione non alimentare: dal 17,8% (81.700) al 20% (92.070) delle imprese di questo settore sono a rischio a fine anno.

Tanti, dunque, gli interventi che servono per la ripartenza, a partire, come sottolineato dall'Ad di Ovs Stefano Beraldo, dal tema affitti, il "grande assente nell'intervento normativo del Governo".

 

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