Le crisi ridisegnano la mappa dei consumatori e strategie dei brand. Uno studio NielsenIQ

Occorre tener conto del divario economico dei consumatori cogliendone i feedback e targettizzando le attività promozionali

La continua tensione all’efficienza e al problem-solving da parte di aziende ed individui, volta ad un adattamento il più funzionale possibile a condizioni sistemiche sempre più complesse, presenta tratti d’impegno estremo e quasi eroico, se rapportati all’incertezza del presente.

Cinque gruppi di consumatori

Guerre inattese (anche se non cigni neri imprevedibili), oscillazioni dei prezzi, pandemie ed epidemie, terrorismo di varia matrice (e l’elenco potrebbe continuare), mettono in luce un contesto caratterizzato da instabilità, imprevedibilità e complessità. Aziende e consumatori, seppur da prospettive diverse, sono in difficoltà nel gestire gli effetti negativi dell’attuale congiuntura, come ad esempio quelli connessi all’inflazione o ancora alla cosiddetta “shrinkflation” (neologismo inglese composto verbo “shrink”, restringere, e “inflation”, inflazione, per indicare come le dimensioni di prodotti di largo consumo vengono ridotte ma il prezzo rimane invariato o, addirittura, aumentato). Per di più, il sommarsi degli effetti negativi ha rimarcato un divario economico consistente tra i consumatori. A tal proposito, NielsenIQ ha condotto uno studio a livello mondiale intitolato The New Economic Divide”. Lo studio si  focalizza appunto sul nuovo divario economico che va a delinearsi nell’attuale era post pandemia. La ricerca identifica cinque gruppi di consumatori differenti in cui è possibile tracciare le nuove abitudini d’acquisto per il 2022 e come ognuno di essi sia caratterizzato da tratti distintivi ben definiti:

  • Coloro i quali hanno sperimentato e continuano a vivere l'insicurezza finanziaria a causa del Covid-19, vengono denominati “Strugglers” e a livello globale rappresentano il 23% dei consumatori mentre in Italia sono il 10%.
  • Nel mondo, il 21% degli intervistati appartiene invece ai “Rebounders”, categoria che ha sperimentato l'insicurezza finanziaria durante la pandemia ma oggi è di nuovo in pista. In Italia questo gruppo è pari al 14% della popolazione intervistata.
  • Coloro che non hanno registrato alcun impatto sulla sicurezza finanziaria ma rimangono prudenti nelle spese fanno parte della categoria dei “Cautious” ed equivale al 38% di persone nel mondo e il 52% in Italia.
  • Gli “Unchanged” sono coloro che non hanno subito alcun impatto dall’arrivo del COVID-19 e hanno continuato a fare acquisti senza preoccupazioni, in Italia sono il 18%dei consumatori e il 12% a livello globale.
  • L’ultima categoria è quella dei “Thrivers” con il 7% dei consumatori in Italia e il 6% nel mondo; quest’ultima identifica coloro che hanno risparmiato denaro durante il Covid-19 e che si sentono più sicuri finanziariamente rispetto a prima dell'inizio della pandemia.

In generali, inoltre, secondo quanto mette in luce NielsenIQ, in Italia, in relazione ad un periodo precedente di sei mesi, il 33% dei consumatori più cauti afferma di acquistare gli stessi prodotti pur avendone rilevato un aumento di prezzo. Solo per il 32% degli Struggler il costo della spesa settimanale è rimasto più o meno invariato mentre il 5% degli Unchanged non tiene traccia dei prezzi dei prodotti o della spesa e sono i più propensi a restare fedeli ai loro marchi abituali, indipendentemente dal prezzo. Alla domanda posta nel sondaggio di NielsenIQ su come i consumatori stanno affrontando la gestione del costo della spesa domestica, il 43% dei Cautious afferma di comprare qualsiasi marca sia in promozione ponderando attentamente i pro e contro degli acquisti, il34% degli Struggler seleziona, invece, il prodotto dal prezzo più basso, indipendentemente dal brand per questa categoria, l'offerta più economica sarà la scelta preferenziale. L’acquisto di una confezione come il formato famiglia è l’opzione meno scelta dalla categoria Struggler (15%) ma preferita dagli Unchanged (27%) mentre il 35% dei Rebounder attende che i prodotti preferiti siano in promozione dimostrandosi sempre attenti ai costi. Per contenere le spese, il 20% degli Struggler smettere di comprare certi prodotti, mentre l’11% dei Cautious e il 2% dei Thriver scelgono di cambiare marca solo se il prezzo della brand preferito aumenta.

Social e "market-of-one" contro incertezza

Si può, quindi, leggere, anche sulla base di queste evidenze, un trend tutt’altro che nuovo, ovvero quello per cui l’(in)sicurezza finanziaria ha un impatto decisivo sui processi d’acquisto e di reazione alle politiche strategiche dei brand. Vi sono però degli elementi che rimangono dei punti fermi, nonostante le possibilità di spesa dei singoli consumatori. Di fatti, le attuali dinamiche psicologiche e materiali dei consumi scardinano comunque le logiche tradizionali del rapporto tra mass market e trendsetter, laddove quest’ultimi operano come sperimentatori e creatori di innovazioni in seguito generalizzate dalla potenza dell’offerta nel mass market. Qui s’inserisce la potenza del digitale, diventato un punto di non ritorno, specialmente in seguito alla pandemia. Per cui, l’impatto di social media e influencer marketing è tutt’altro che trascurabile, ed è capace di influenzare la scelta dei consumatori verso uno specifico prodotto/servizio anche all’interno di un determinato cluster di prezzi. Tra gli effetti che il digitale ha determinato, vi sono poi l’esplosione dei dati da monitorare, l’aumento della sofisticazione dei modelli sia predittivi sia operativi, delle features e delle personalizzazioni, così come l’esigenza di segmentare il mercato fino al singolo consumatore – il cosiddetto “market-of-one” – arrivando addirittura a creare dei cluster legati a specifici orari, visto che nell’arco della giornata lo stesso consumatore muta le esigenze e le predisposizioni d’acquisto. Una complessità data-driven con cui fare i conti e saper sfruttare a proprio vantaggio in una rimodulazione delle proprie strategie aziendali, come tentativo di governare l’incertezza. Un ulteriore punto fermo da tenere a mente è, quindi, la personalizzazione estrema verso ogni cliente (e ciò dovrebbe prescindere il più possibile dalla capacità di spesa dello stesso, in teoria). Da ciò discende un approccio che sia per antonomasia multidimensionale, multiambito, omnicanale: sempre e comunque la soggettività vuol dire logica e pratica combinatoria, capacità individuale di rilevare, mixare, tenere insieme messaggi diversi per contenuto e per canale, per costruire un personale punto di vista del brand che conduce agli atti di acquisto, alla fidelizzazione e/o innesca processi come il word of mouth da parte dei consumatori/ambassador, per esempio.

Omnishopper da ingaggiare

A riconferma della necessità di questo tipo di strategia, sempre secondo la già citata ricerca di NielsenIQ, quasi la metà (49%) dei consumatori globali e il 31% degli italiani, afferma di essere un omnishopper, ovvero di fare regolarmente la spesa attraverso canali sia offline sia online. Nel Bel Paese canali fisici come i supermercati o gli alimentari, sono la scelta preferenziale per il 63%degli intervistati e la percentuale incrementa per i gruppi Struggler e Cautious (66%). Nello specifico, il supermercato è il canale di vendita più utilizzato per la spesa settimanale per l’88% degli Struggler mentre per i negozi indipendenti e le botteghe sono il punto vendita prescelto dal 34% dei Thriver. Stando alla categorizzazione realizzata da NielsenIQ, solo il 7% degli italiani sceglie di effettuare esclusivamente la spesa online. Il dato più alto, pari al 14%, è da attribuire ai Rebounder, mentre solo il 4% dei Cautious utilizzano il canale digitale. Con la pandemia da Covid-19 si è diffuso e affermato anche in Italia il servizio di delivery per la consegna degli acquisti. Infatti, ordinare la spesa online e farsela consegnare a casa è diventata una prassi anche italiana, una modalità di acquisto scelta da ben il 23% dei Rebounder. I servizi di prenotazione e ritiro in negozio, come il Click&Collect, registrano un basso tasso di gradimento per la categoria degli Struggler (5%) e un maggior interesse per i Rebounder (17%). Per il 15% degli Struggler, è ormai una normalità ordinare e ricevere prodotti da un rivenditore online che non ha un negozio fisico. Invece, compra online per ottenere offerte migliori il 18% dei Rebounder.

In conclusione, per una strategia di vendita aziendale, tenere in conto del divario economico dei consumatori è oggi il punto di partenza per essere competitivi su più fronti. Nell’era dei consumi altamente soggettivi, dove la “sovranità del consumatore” dispone di armi che lo rendono in potenza forte e capace di esercitare le proprie scelte (consapevolezza del proprio impatto, specialmente su questioni  sensibili per la società civile, un esempio su tutti: la sostenibilità ambientale) si aprono scenari nuovi in cui opportunità e rischi sono strettamente intrecciati, ma che con un po’ di coraggio possono diventare dei punti fermi a cui aggrapparsi nell’incertezza diffusa. “Gli ultimi due anni hanno notevolmente cambiato le priorità e le scelte d’acquisto delle persone. […], date le diverse prospettive e divisioni, per il settore retail diventa importante comprendere le nuove esigenze dei consumatori e rimodulare le strategie di marketing. In uno scenario in cui nuove varianti del Covid-19, eventi geopolitici e pressioni macroeconomiche contribuiscono a creare incertezza nella società, più consumatori verranno finanziariamente colpiti e la cautela si intensificherà allargando il divario economico. I brand devono iniziare ad analizzare con attenzione i feedback dei propri clienti puntando sempre di più ad una targetizzazione delle attività promozionali”, Luca De Nard, Amministratore Delegato di NielsenIQ Italia .

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome