Export italiano in crescita ma servono figure specializzate

Secondo il rapporto Sace il totale delle esportazioni vale oltre 600 miliardi di euro. Occorrono figure dedicate nelle questioni doganali

La mancanza di figure professionali specializzate è un tema trasversale a diversi settori. Secondo un recente rapporto di Confartigianato la difficoltà di reperimento è dovuta sia all’insufficienza di candidati sia alla carenza rispetto a una preparazione specifica da parte delle persone coinvolte. Un deficit importante per la crescita del made in Italy che ha proprio nella specializzazione la sua punta di diamante. Se guardiamo all’intera supply chain, il discorso diventa ancora più complesso e il rischio di incorrere in errori e sanzioni nelle attività dell’ultimo miglio aumenta nel momento in cui i prodotti devono lasciare l’Italia. In un momento storico che vede l’export italiano crescere in maniera costante, vanno evidenziate più aree di attenzione. Nuove tecnologie, intelligenza artificiale e nuovi modelli di business spingono il settore verso i suoi massimi storici. Ma non bastano a garantirne l’efficienza: serve una formazione dedicata.

Motore di sviluppo economico

Alcuni dati. La recente release del rapporto Sace stima per il 2023 un valore di 660 miliardi per l’export nostrano. L’Italia, al secondo posto nell’Unione Europea, è la sesta economia esportatrice nel mondo, con 120 mila imprese coinvolte.Il 75% dell’export nazionale è rappresentato, in ordine di importanza e valore, dai macchinari industriali, dai veicoli di trasporto, dalla metallurgia, dalla moda, dall’agroalimentare, dalla chimica e dalla farmaceutica. Sempre secondo Sace, gli attuali investimenti per la transizione energetica, spingeranno le esportazioni di beni ambientali (EG), in cui rientrano i beni connessi alla protezione dell’ambiente, verso una crescita per quest’anno del 9,3% e del prossimo del 9,7%, accelerando poi a circa il 14% all’anno in media nel 2025-26. E se al momento Germania, Stati Uniti, Francia e Cina sono le maggiori geografie di riferimento per le vendite dei prodotti italiani, nuove opportunità arrivano da new entry come India, Vietnam, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

Una figura specializzata

Il ruolo della formazione riguarda sia la gestione e ottimizzazione dei nuovi modelli di business e delle nuove tecnologie, ma soprattutto, quanto concerne l’organizzazione e la conoscenza specifica delle questioni doganali. Il Codice doganale dell'Unione (CDU), in vigore dal 1° maggio del 2016, regolamenta tutti gli aspetti delle operazioni doganali svolte nell'Unione Europea e che necessitano di una figura dedicata: il responsabile delle questioni doganali aziendali, professionista chiave nella gestione delle operazioni internazionali sia a livello contrattuale che linguistico-culturale, capace di muoversi con facilità tra divieti di importazione, dazi doganali, accordi di libero scambio e tutto quanto concerne il rispetto degli accordi. Pioniera nell’organizzazione di un percorso formativo dedicato è ARcom Formazione in collaborazione con Assocad (Associazione nazionale dei Centri di Assistenza Doganale) che nel 2020 ha avviato il primo Master in Commercio Internazionale e Dogane, riconosciuto dall’Agenzia dei Monopoli e delle dogane (ADM). Il corso, rivolto a commercialisti, avvocati, imprenditori, dirigenti, manager, responsabili legali e amministrativi, customs ed export manager, addetti alla supply chain, consulenti per l’estero e neolaureati, si articola in 40 settimane e coinvolge esperti del settore a livello internazionale che formeranno figure specializzate su divieti ed embarghi, identificazione di agevolazioni per i prodotti esportati, ma anche opportunità di partnership con imprese estere senza tassazione alla frontiera, fornendo tutte le competenze utili a trasformarsi in vantaggio competitivo per le aziende dell’export italiano.

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