Favini: nuovo progetto di ricerca in ottica upcycling

Favini annuncia l'avvio di una collaborazione con l’Istituto di scienze e tecnologie molecolari del CNR, l’Università di Milano, Eurac Research e il produttore di cosmetici Intercos, per un progetto di ricerca integrata sulle biotecnologie industriali e sulla bioeconomia e, in particolare, sul possibile riutilizzo dello scarto industriale della tostatura del caffè per la produzione di carta. Le attività si svolgono all’interno del progetto CirCo (Circular Coffee), finanziato da Fondazione Cariplo e Innovhub SSI.

“Con la partecipazione a questo progetto di ricerca, mettiamo a disposizione la nostra expertise nel campo e intendiamo aprirci a una proficua contaminazione di idee. Già da anni utilizziamo i sottoprodotti della lavorazione della filiera del food per produrre carta. Con Crush, siamo arrivati infatti a sostituire fino al 15% di cellulosa vergine con residui agro-industriali, preservando al contempo la qualità del prodotto, riducendone l’impronta ecologica. Oggi, siamo ancora allo studio per migliorare ulteriormente il processo produttivo, con l’auspicio che il nostro modello sia replicato anche in altre industrie” -dichiara Eugenio Eger, amministratore delegato di Favini.

Dal 2012, il reparto R&D Favini realizza Crush, una gamma di carte ecologiche che riusa creativamente (upcycling) i residui agro industriali della lavorazione di agrumi, uva, ciliegie, lavanda, mais, olive, kiwi, nocciole e mandorle in sostituzione parziale della cellulosa.

Il mercato del caffè è uno dei più fiorenti a livello mondiale e il suo consumo annuo è pari a circa 10 milioni di tonnellate (dati 2015). Solo in Italia, se ne consumano 3,4 kg a testa in un anno, un dato che fa del nostro Paese il quarto importatore a livello mondiale.

La lavorazione del caffè prevede diverse fasi e genera differenti tipologie e una notevole quantità di scarti, dal pericarpo al pergamino, dalla pellicola argentea (silverskin) ai residui d’estrazione. La presenza di questi materiali residui rappresenta per i produttori un problema, mentre per l’economia e per l’ambiente un’opportunità non colta. Si tratta, in alcuni casi, di materiali che potrebbero essere usati per differenti scopi ma che, spesso, vengono semplicemente smaltiti, con costi elevati, sia economici che ambientali.

Uno scarto della lavorazione italiana del caffè è la pellicola argentea (coffee silverskin) che rappresenta fino al 2 per cento del peso totale del chicco di caffè e, solo in Italia, se ne producono 7500 tonnellate all’anno. Ad oggi, viene utilizzata in alcuni Paesi solo come fertilizzante o come combustibile.

Favini, insieme agli altri importanti partner, grazie a questa ricerca intende approfondire ulteriormente il proprio know-how in materia di riutilizzo di sotto-prodotti e in particolare del silverskin. La contaminazioni di idee tra enti, oltre ad aziende di settori diversi, come Intercos, che sviluppa e produce prodotti cosmetici, può aiutare a rendere l’economia sempre più circolare, migliorare i processi produttivi e il grado di sostenibilità ambientale. Puntando sulla riconversione dei processi da convenzionali a circolari, è possibile attuare infatti un cambiamento importante, in grado di ottimizzare l’utilizzo delle risorse naturali rinnovabili e di valorizzare gli scarti di produzione.

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