Filiera agroalimentare: primo settore economico in Italia

Da sin. Francesco Pugliese (Ad Conad), Giorgio Santambrogio (presidente Adm e Ad Gruppo Végé), Marco Pedroni (presidente Coop Italia), Claudio Gradara (presidente Federdistribuzione), Valerio De Molli (managing partner & ceo di The European House Ambrosetti)
Lo conferma il rapporto di The European House Ambrosetti. Gli incrementi a doppia cifra (tripla per l'export) del fatturato, del valore aggiunto, dell'occupazione sono in netta controtendenza rispetto all’andamento generale dell'economia italiana

Un fatturato di 538,2 miliardi di euro, un valore aggiunto di 119,1 miliardi di euro per 2,1 milioni di imprese con 3,6 milioni di occupati: è questo il valore della filiera estesa del food in Italia, che comprende agricoltura, industria di trasformazione, intermediazione, distribuzione e ristorazione. Lo attesta il rapporto di The European House Ambrosetti, presentato da Roma da Federdistribuzione, Ancc Coop, Ancd Conad in collaborazione con Adm-Associazione distribuzione moderna.

Si scopre, attraverso questa ricerca, che la filiera agroalimentare è il primo settore economico del Paese, ed è protagonista dell’economia del Sud Italia, occupando soprattutto donne e giovani, a differenza di altri comparti economici.

La dinamica dal Duemila vede incrementi a doppia cifra per il fatturato (+39,95%), il valore aggiunto (+33,4%), l'occupazione (+11,2%), e a tripla cifra per l’export (+144,2%). Tutti dati in controtendenza rispetto all’andamento generale dell'economia italiana. In particolare l’export, che è aumentato dal 2011 al 2017 del 36,6%, pari a 41,3 miliardi di euro.

Una fetta così importante del Pil, tuttavia, subisce gravemente le scelte politiche e i provvedimenti presi a livello istituzionale. "Ogni decisione di policy che incide negativamente su consumi e investimenti distrugge ogni possibilità di crescita del Paese" afferma Valerio De Molli, managing partner & ceo di The European House Ambrosetti, illustrando uno dei focus principali che emergono dai dati.

Si giunge quindi agli esempi pratici: scampato il paventato aumento dell’Iva, le cosiddette tassa sullo zucchero e tassa sulla plastica oggi possono fare la differenza nella crescita futura del Paese, perché la filiera su cui ricadono questi balzelli è essenziale per l’intera economia, come attesta la ricerca. Come la decisione di chiudere i supermercati la domenica, a 10 anni dal provvedimento di apertura, avrebbe risvolti pesanti sulla vita economica, il consumo e l’occupazione.

"L’inserimento di tasse con impegni nobili, come quella sulla plastica, non ha l’obiettivo specifico di una vera politica verde -afferma Marco Pedroni, presidente Coop Italia- ma è un semplice prelievo. In altri Paesi si agisce, invece, sull'educazione ambientale, con informazioni che hanno più lungo respiro, assieme ad evoluzioni del packaging che possano essere comprese anche nella cultura di consumo".

Altro dato importante della ricerca è quello sulla ridistribuzione dell’utile nella filiera. Ogni 100 euro di consumi alimentari ci sono 5,1 euro di utili ripartiti tra industria (43,1%), intermediazione (19,6%), agricoltura (17,7%), distribuzione (11,8%), ristorazione (7,8%).

Su questa posizione della distribuzione nella ripartizione degli utili insiste Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad: "Una volta l’industria aveva un’attrattività maggiore in funzione degli investimenti che erano superiori a quelli della distribuzione; ormai non è più così. I capitali si equiparano con la distribuzione, e in più noi siamo in crescita, rimanendo in una filiera dove si spartisce povertà, non ricchezza, se il nostro utile è di 5 euro su 100. Perché l’industria ha la fetta maggiore di questi 5 euro di utile? –si chiede Pugliese–. Perché, tra l’altro, scontiamo una frammentazione di impresa che ci rende deboli in termini di entrate/fatturati".

Un altro dato rilevante attesta, infatti, che 57 fornitori leader di mercato (con una quota del 40%) catturano il 13,4% dell’utile dell’intera filiera agroalimentare e il 31,1% dell’utile dell’industria. Il nanismo imprenditoriale quindi non giova alla distribuzione in questa filiera che, a differenza dello scenario internazionale, non è riuscita a crescere quanto voleva.

Claudio Gradara, presidente Federdistribuzione, si è soffermato infine sui consumi. Secondo la ricerca il 60,7% del Pil del Paese è generato dai consumi e quelli alimentari pesano per il 23,2% sul totale incidendo del 14,1% sul Pil. "Nel mondo delle imprese prevale il clima di fiducia, ma i consumi sono fermi perché viviamo un momento in cui le scelte sono di grande prudenza da parte del consumatore, invece potrebbero essere tutto diverso se ci fosse un visione di futuro, perché il reddito non è sceso in proporzione al calo dei consumi, ma per una situazione di incertezza che trattiene il mercato ponendolo in stallo".

La richiesta alle istituzioni è dunque chiara: si cerca un avallo a una dinamica positiva, ma squilibrata, e sicuramente bisognosa di investimenti congiunti pubblico/privati per aumentare il suo valore.

 

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome