Il delivery è un business incrementale, i dati di Glovo

Nell'ultimo anno in Italia gli ordini sono cresciuti del 74% nel food delivery e del 200% nel segmento spesa, i dati in una ricerca di Confcommercio sulla città di Milano

Per comprendere la crescita dei servizi di delivery, esplosi durante la pandemia, si può prendere come esempio la storia di Glovo in Italia: passata da un team di 8 persone in coworking a fine 2016, all'inaugurazione a metà giugno 2022 dell'headquarter a Milano, una sede di 1.000 mq nell'edificio Giardini d'Inverno, progettato dallo studio Caputo Partnership International, ma la società ha sedi anche a Roma, Torino e Palermo e un totale di 500 persone, senza contare le migliaia di rider sparsi sul territorio.

La crescita del delivery in Italia, Glovo inaugura una sede a Milano

"Siamo passati da due città nel 2017 -dice Elisa Pagliarani, general manager di Glovo Italia- a essere oggi in tutti i comuni con più di 20.000 abitanti, quindi copriamo circa 600 città. L'Italia è il nostro secondo mercato, e in particolare nel nostro paese stiamo investendo più di 150 milioni di euro nel 2022 per portare questo nuovo canale di vendita a tutti i nostri partner". Investimenti non solo nell'infrastruttura tecnologica, essenziale per il business, ma anche brick and mortar, visto l'apertura di un food corner a Torino e la presenza di 15 dark store, di cui 5 a Milano.

Del resto i numeri del delivery sono eloquenti: nell'ultimo anno in Italia gli ordini sono cresciuti del 74% nel food delivery e del 200% nel segmento spesa. Il gruppo spagnolo, secondo unicorno del paese iberico, punta a triplicare il valore degli ordini nel 2022 in Italia, superando 1 miliardo di euro dagli attuali 300 milioni. Il settore del delivery è stato capace di crescere del 55% negli ultimi anni: dai 592 milioni di euro nel 2019 ai 917 milioni del 2020 fino a toccare 1,4 miliardi di euro nel 2021.

Quali sono i settori che fanno uso del quick commerce

Il ruolo di Milano per Glovo

Quinta città al mondo per ordini dopo Bucarest, Madrid, Barcellona e Tblisi, il picco degli ordini si registra nelle finestre temporali tra le 13-14 e le 20-21

Uno studio di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza, focalizzato sulla città di Milano, un laboratorio avanzato per organizzare la "città in 15 minuti", ha raccolto il sentiment delle aziende del terziario sul delivery. Il settore maggiormente rappresentato è la ristorazione, con il 33%, seguito dal dettaglio non alimentare, che pesa il 24% e il dettaglio alimentare in sede fissa (la spesa da iper e supermercati) con l'11%, stessa percentuale dei servizi.

Le imprese del territorio hanno mostrato una buona conoscenza di questa modalità di vendita: il 42% di esse ne faceva uso già dal 2019, il 42% lo ha iniziato a usare nel 2020, come risposta alle chiusure imposte dalla pandemia, e il 12% lo ha iniziato a utilizzare dallo scorso anno. "Un business incrementale", lo definisce Elisa Pagliarani, del resto il 35% dei rispondenti al sondaggio dichiara che il delivery sul il fatturato vale dal 20% in su, mentre per il 4% incide per oltre il 50% del fatturato. Una risposta anche al dubbio che era sorto durante una puntata del nostro podcast #Markuptech.

Le esperienze di ristorazione, retailer e industria del largo consumo

Durante la presentazione della ricerca di Confcommercio sono state anche presentate le esperienze con il quick commerce di quattro realtà di settori diversi: Coca Cola Hbc, Iper La grande i, Kiko Milano e La Piadineria, questa settimana su gdoweek pubblicheremo il video con le loro impressioni, #staytuned.

 

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