La strategia di Crédit Agricole per le imprese vitivinicole

Dalla finanza straordinaria al supporto in caso di fusioni e acquisizioni, la banca presenta a Vinitaly il proprio impegno per le aziende settore

Dal passaggio generazionale all’m&a, dai finanziamenti per la crescita alle strategie nel campo dello sviluppo sostenibile. Di questi temi si è parlato nel corso del convegno “Imprese vitivinicole: m&a e finanza straordinaria” promosso da Crédit Agricole Italia in collaborazione con il Consorzio di Tutela del Prosecco Doc, che ha visto la partecipazione di numerosi imprenditori del settore.

Superare le barriere culturali

Secondo l’analisi dei relatori, tra le priorità c’è quella di superare le resistenze culturali che ancora accompagnano gli interventi nel capitale sociale e, in particolare, le operazioni di fusione o di acquisizione. In questo senso, lo strumento finanziario dell’M&A (Merger and Acquisition), è stato presentato come una leva di “finanza buona”, ovvero con una visione a lungo termine e non speculativa. Un’opportunità tesa a favorire processi di aggregazione e di crescita e, conseguentemente, capace di accompagnare il comparto fuori da una condizione di nanismo diffuso.

“Per resistere ai momenti di crisi ed essere competitive sul mercato internazionale le aziende della filiera vitivinicola devono avere una dimensione che ne assicuri la redditività e la sostenibilità economica – ha dichiarato Roberto Ghisellini, condirettore generale di Crédit Agricole Italia –.  Abbiamo voluto promuovere questo incontro a Vinitaly sottolineare il ruolo strategico che la finanza può svolgere a sostegno del comparto, non solo attraverso l’erogazione del credito ma anche con strumenti innovativi come i fondi diequity e il pegno rotativo”.

“Per un comparto come il nostro, composto da numerose piccole e medie aziende agricole ma anche da alcuni importanti player internazionali, poter contare

sugli strumenti messi a disposizione dalla finanza rappresenta un'opportunità capace di contribuire positivamente a uno sviluppo sostenibile non solo delle imprese ma dell'intera Denominazione”, è l’analisi di Stefano Zanette, presidente del consorzio.

Sulla necessità di aggregare le wine companies italiane ha insistito anche il wine manager Lorenzo Tersi, il quale ha spiegato come l’Italia del vino, dopo aver conquistato l’attuale prestigio con anni di lavoro e grazie alla ricchezza di vitigni e alle capacità tecnico-gestionali messe in campo dalle aziende, ora deve affrontare il problema della frammentazione produttiva, decisamente poco desiderabile per un player globale come l’Italia.

La necessità di cambiare passo

Occorrono know how nei vigneti e nelle cantine, ma anche economie di scala, solidità finanziaria e marketing: solo aggregandosi si può raggiungere la massa critica per competere su mercati vicini e lontani, è stato in sintesi il pensiero di Tersi, che prevede proseguirà il processo di costituzione di mini-poli aziendali.

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