La terza via della carne rosa, cosa ne pensa la distribuzione moderna

Un convegno a Milano promosso dal brand Eat Pink in collaborazione con Mark Up, con la presenza dei responsabili di settore di alcuni retailer, ha fatto il punto sulle prospettive della carne di suino

La carne suina può ritagliarsi un ruolo importante nella distribuzione moderna, alla luce anche delle difficoltà causate dall’inflazione. A patto che investa in innovazione, rispondendo anche ai nuovi stili di consumo, comunicazione (nutrizionale, ma anche nel naming e nei plus di filiera) e che ci sia maggiore cooperazione tra produzione e distribuzione. Il ruolo della carne di suino nella gdo è stato indagato in un convegno che si è svolto a Milano, promosso dal brand Eat Pink in collaborazione con Mark Up. E che ha che visto interagire in una tavola rotonda, moderata dalla direttrice responsabile Cristina Lazzati, diversi responsabili di settore del canale retail, da Coop Alleanza 3.0 a Pam Panorama, da Cortilia a Supergulliver.

La carne rosa, una categoria da valorizzare per i retailer

Il mondo delle carni è interessato dalla rivoluzione dei consumi. Haarlem in Olanda, sarà la prima al mondo a vietare dal 2024 la pubblicità di prodotti a base di carne negli spazi pubblici cittadini: più di un segnale. Da una parte la vegetalizzazione dell’alimentazione, con la crescita attuale del plant-based e a medio-lungo termine la svolta, epocale, di quella che viene chiamata "carne sintetica". Dall’altra, stando all’oggi, l’estrema attenzione del consumatore alla sostenibilità a 360 gradi, che ingloba i concetti di welfare animale, assenza di antibiotici, tracciabilità e controllo di filiera, made in Italy, eticità degli allevamenti.

A inquadrare la situazione del consumo carni è stato Luca Migliolaro, direttore commerciale e marketing Pam Panorama. “Il 96% dei clienti consuma carne ma in media sono il 25% quelli che entrano nel supermercato e la comprano. Molti l’acquistano una volta ogni tanto e sempre meno spesso. Con l’anno prossimo ci sarà l’aumento dei listini che finora abbiamo tenuto bloccati e ci sarà una crisi più pesante. Noi lo subiremo come attenzione dei consumatori alla riduzione degli sprechi. Sarà fondamentale allora lavorare sulla parte convenienza con negoziazioni ferree. Dobbiamo lavorare insieme sui prodotti che danno convenienza ma con dei valori. È giunto il momento che il buyer vada in campagna e con il produttore arrivi a costruire il prezzo del prodotto: per il futuro dovrà essere sempre più preparato. Nel mondo del suino, in particolare, non c’è poi un consorzio che ci aiuti a dare una comunicazione al cliente. Qualcuno che racconti anche al mondo dei medici, ai pediatri i benefici. Serve un supporto forte: oggi si crede che il maiale sia lo scarto del prosciutto”.

La filiera e la comunicazione sono due punti fondamentali anche per Piero Massiglia, responsabile acquisti macelleria Supergulliver, insieme con l’innovazione di prodotto che attrae i giovani. “I consumi di carne stanno perdendo qualcosa e noi dobbiamo tenere conto anche del fattore nutrizionale. Dare spazio alla carne di suino è importante, anche alla luce dell’aumento dei prezzi. La sua salubrità deve essere comunicata e devono fare molto di più anche le federazioni di categoria. Per il suino ci sentiamo meno protagonisti nella filiera. Dobbiamo avere un corretto costo del prodotto: noi lo stiamo avendo sul bovino adulto, dove abbiamo un rapporto diretto con le stalle. Fondamentale per un’insegna avere prodotti innovativi che conquistano i giovani, come capita per l’avicolo. Noi abbiamo una clientela medio-alta di età, abbastanza classica nei consumi, ma se non inseriamo prodotti innovativi lasciamo fuori il consumatore nuovo”.

Un altro elemento fondamentale è la sostenibilità e la tracciabilità di filiera: sul suino il consumatore sa troppo poco. “La battaglia per l’antibiotic free, importante perché legata all’antibiotico resistenza, è stata concreta: abbiamo iniziato con il pollo, adesso riguarda anche il suino dallo svezzamento -ha ricordato Francesco Coruzzolo, responsabile settore carni Coop Alleanza 3.0-. La filiera è una delle bandiere della nostra offerta di carne, ma nel suino abbiamo fatto tutti troppo poco, è settore su cui abbiamo investito meno. La sostenibilità è un impegno che viviamo anche sul punto di vendita, dove abbiamo iniziato un processo di razionalizzazione, semplificazione degli spazi e assortimenti, pensando ai vari mondi, come gli hamburger: non ci possiamo permettere spazi non redditizi. I consumatori più giovani sono oggi il cuore dell’attenzione. Cercano burger e altri prodotti facili da preparare e che li facciano sentire chef, con un prezzo non elevato”.

In controtendenza la visione di Emna Neifar, chief commercial officer Cortilia. “Stiamo crescendo sulle tre tipologie di carne, sia per utenza che per valore. Metà delle nostre vendite sono fatte con il suino nero calabrese, un altro terzo con la mora romagnola, una parte con il suino bio, il resto da cascine locali. Abbiamo un posizionamento diverso. Si mangia meno e il nostro cliente cerca una selezione di maggiore qualità. Una parte si sta spostando sul pronto. Innovazione di presentazione e contenuti sono fondamentali. Sul prezzo lavoriamo molto a spiegare il valore del prodotto e a monetizzare ogni feature: certificazione del benessere animale, il bio, il packaging, diminuzione della grammatura e cambio di materiale. L’innovazione prodotto gioca molto sull’informazione nutrizionale: magro, proteico, le fibre sono punti importanti; sulla parte del pronto c’è attenzione anche sul condimento. La sostenibilità ha costi elevati per posizionarsi su certi segmenti. Ed è fondamentale comunicarla. Come società Benefit e certificata B Corp significa rinunciare al 90% del mercato. I nostri capitolati sono così stringenti che quasi nessuno riesce poi a servirti”.

Cosa dicono le ricerche di mercato

Il dibattito è stata anticipato dalla presentazione di due ricerche. La prima è stata presentata da Marilena Colussi, ricercatrice marketing e consulente brand, specializzata nei settori food & drink e retail, nonché filosofa e sociologa dei consumi e delle culture di impresa. Si tratta di un’indagine qualitativa promossa da Mark Up e basata su interviste ai responsabili del settore carni di nove importanti insegne della gdo nazionale (Carrefour, Conad, Coop Alleanza, Despar, Italbrix, Multicedi, Pam, Supergulliver, Unes-Viaggiator Goloso). Da una recente indagine del Censis il 96,5% degli italiani consuma diverse tipologie di carni che considera alimenti parte della dieta mediterranea (Rapporto Censis, Assica-Unaitalia). La carne rosa rappresenta, insieme ad altre tipologie di carni, uno dei pilastri identitari del posizionamento delle insegne sia nella parte cosiddetta tal quale (il fresco) sia per la parte lavorata/ricettata.

Ma se sulle rosse e bianche c'è stata un'evoluzione di comunicazione e di branding in questi anni, che ha reso possibile delle narrazioni più articolate, sulla carne rosa si è fatto molto meno. Dalle interviste emerge che la grande distribuzione chiede ai produttori e agli allevatori di promuoversi di più e fare sistema. Non si capisce perché il consumatore dia tanto credito ai salumi Dop, ma meno per le parti che non vengono utilizzate e che diventano lonza o altro. La filiera deve, insomma, raccontarsi di più e affrontare meglio la sostenibilità e l’innovazione. Se le vendite di carne di suino, specialmente il taglio fresco, che è ancora la quota maggioritaria, sono piuttosto statiche e la carne rosa è spesso usata in termini promozionali come prodotto civetta, dall’altro i nuovi stili e abitudini di consumo che si stanno consolidando, per esempio grazie alla diffusione del barbecue, sono nuovi driver. Opportunità arrivano poi dalla crescita del mercato del ready-to-cook e ready-to- eat, opzioni sospinte dalla crescita dei costi energetici.

Nel take, per esempio, si assiste a un pensiero nuovo su come esporre i prodotti carne: alla classica disposizione per animale vanno molto le disposizioni per funzioni d'uso: hamburger, area Bbq, piatti pronti. Un'altra area importante sono le vasche promozionali. È importante però che, come è successo per le carni rosse e bianche, che si costruisca un nuovo modello lungo tutta la filiera e che coinvolga allevatori, macellatori, industria, retailer. Troppo deboli le informazioni (età e peso dei suini, razze, provenienza e territorialità, metodologie di allevamento). Il suino biologico in gdo è una rarità. Fondamentale allora il ruolo della comunicazione. “Bisogna coinvolgere figure professionali, compresi gli chef, che riescano a portare il livello gourmand di questa carne su piani più innovativi, più modaioli, più sexy”.

Il consumatore chiede innovazione al giusto prezzo

Innovazione e sostenibilità possono essere due driver importanti per sostenere il consumo anche di carne rosa. Ma qual è il percepito del consumatore? Marco Falceri, direttore di Eat Pink, ha presentato una ricerca di mercato basata su un campione di circa 12 mila consumatori italiani. “L'85% è propenso all'innovazione, quindi non è un elemento di disturbo. Con medie altissime negli under 65 -ha raccontato-, ma l’88% accetta l'innovazione se comunque è a un giusto prezzo. Il prodotto ibrido che abbiamo, la carne rosa, non potrà pertanto mai essere un prodotto elitario, perché questa è un po’ la percezione e la consuetudine che ha il consumatore della carne di suino”. Insomma qui si fa sentire il peso della tradizione.

Contrariamente alle aspettative, è poi la donna la più sensibile all’innovazione (56%, valore che sale al 63% tra i 25 e 49 anni). Ma quali sono i driver principali dell’innovazione? Qualità a giusto prezzo, made in Italy, proposta disruptive, che dia sicurezza, rispetto per l’ambiente e che semplifichi la vita. “Tutti hanno percentuali molto vicini. Sostenibilità e sicurezza alimentare sono ormai prerogative. Serve raccontare l’italianità: il suino è la categoria meno innovativa, ma è la filiera più italiana che abbiamo sui banchi distributivi”. Da ultimo il ruolo fondamentale del brand. “La marca è molto importante per il 30% e abbastanza importante per il 45%. L’innovazione deve pertanto seguire la marca, compresa la mdd per cui ci mettiamo a disposizione. Le proteine vegetali cresceranno, ma abbiamo un consumatore italiano che ricerca la carne ed è anche il più pronto ad accettare l’innovazione”.

Superare i falsi miti, il parere di una nutrizionista

A fare da freno sui consumi di carne rosa permangono falsi miti nutrizionali che Nadia Gulluni, biologa nutrizionista, esperta in fitoterapia clinica, ha smontato alla luce di ricerche scientifiche conosciute dal 2012 ma che faticano ad arrivare al consumatore. Non è vero, per esempio, che ha più colesterolo o grassi saturi rispetto ad altre tipologie di carne. Al contrario è ricca di principi bioattivi con impatto benefico sulla salute, come creatina, taurina e acido linoleico coniugato. L’utilizzo per esempio di cereali integrali e alimenti funzionali nell’alimentazione del maiale, come l’olio e semi di lino, ricchi di omega 3, ha permesso di modificarne il profilo lipidico e di avere maggiore contenuto di acido linoleico coniugato che migliora le difese immunitarie e riduce depositi di grassi e senso di fame. È poi ricca di vitamine del gruppo B, zinco e selenio e potassio e “ha 5 volte in meno il sodio del manzo” ha ricordato.

Ha molto meno ferro della carne rossa, fattore che ne limita il consumo, secondo il consiglio dell’Oms. “La letteratura scientifica dice che la carne di maiale ha effetti positivi sul sistema immunitario, sulla prevenzione di malattie cardiovascolari, diabete, riduce depositi di grasso e senso di fame. Agisce sulla pressione in senso ipotensivo. È tra le più adatte per l’alimentazione degli sportivi per il suo contenuto di taurina, creatina, carnosina ed è utile poi per l’anziano nel trattamento della sarcopenia”.

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