L’inclusività chiesta dagli italiani parte dal prodotto, non dalla comunicazione

Secondo Sita Ricerca la narrazione di inclusività appiattita sullo standard non solo non piace ma non fa ricordare il brand (nella moda e non solo)

L’interesse verso le tematiche dell’inclusività è alto e il 60% degli italiani mostra apertura verso le aziende che stanno investendo in questa direzione. Il 47%, in particolare, considera il fashion il settore che, tra tutti, più sta cercando di attuare politiche inclusive grazie a comunicazioni che mostrano modelli e modelle con differenti fisicità, etnie e orientamenti sessuali. Attenzione, però, un buon 30% ritiene che l’inclusività nella moda sia solo una strategia di comunicazione (“facciata”) e che non abbia ancora abbastanza ricadute concrete nella realtà dei prodotti, dei negozi, dei prezzi e del processo di produzione. Il diversity-washing, insomma, è sempre più smascherato e non solo in questo comparto.
Altra nota stonata e probabilmente legata a un approccio "copia e incolla" della comunicazione su questi temi: il fatto che oltre il 50% non ricordi quali siano i marchi che parlano di inclusività.
Ad offrire questo quadro è l'indagine presentata da Sita Ricerca. Stando ai dati il prodotto è assolutamente al centro delle attese dei consumatori in termini di inclusività e la moda si occupa ancora troppo poco di vestibilità e taglie che possano andare incontro a tutte le differenze fisiche. Un problema rilevato anche dai più giovani, che non chiedono solo capi adatti al target curvy, ma anche a chi ha taglie molto piccole, a chi è molto alto o molto magro. Interessante notare dunque come, a livello generale, i consumatori spingano a fare reale inclusione attraverso l'innovazione del processo produttivo e siano sempre meno sensibili a tutto ciò che è narrazione facile, fine a sé stessa e priva di investimenti reali a monte.

I numeri del settore moda

Il 2023, secondo il Fashion Consumer Panel di Sita Ricerca, Osservatorio continuativo sui consumi fashion attivo da oltre 30 anni, si è aperto con un forte rialzo del mercato abbigliamento, accessori e calzature. Questa crescita, che ha interessato tutto il primo trimestre 2023, ha portato a registrare un incremento complessivo rispetto al 2022 del 12%. Successivamente, le condizioni climatiche poco favorevoli hanno influito molto negativamente ritardando l’avvio della vendita delle collezioni primavera/estate e generando nei due mesi successivi una pesante inversione di tendenza, particolarmente significativa nel mese di maggio. Fra le varie tipologie di prodotto i numeri migliori arrivano dalle categorie destinate all’uso per il tempo libero e per il lavoro, un segno di ritorno finalmente a una normalità pre-covid. Il canale online si consolida al 17% di quota a valore, ben 5 punti al di sopra dei valori pre-pandemia e, salvo altri eventi strutturali, questo sembra essere un dato di assestamento.
Secondo l’Osservatorio Fashion Sentiment, la propensione all’acquisto degli italiani nei confronti dell’abbigliamento abbandona definitivamente le titubanze dell’autunno scorso. Il consolidamento della percezione di un miglioramento della situazione economica del Paese e della propria in particolare genera infatti aspettative positive. C’è grande attesa per la primavera/estate: l’83% dei consumatori ha intenzione di effettuare acquisti indicando calzature, abbigliamento leggero e mare come priorità di spesa.
L’attenzione verso offerte e promozioni si consolida su valori superiori al passato, un modus operandi trasversale a tutti i settori di spesa, tipico di un consumatore attento alle spese e all’allocazione efficiente delle proprie risorse. Infine, passata l’emergenza sanitaria, il tema della sostenibilità torna nella top of mind, insieme ad una maggiore voglia di capi adatti a tutte le stagioni.

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