New media no grazie, disse l’Ad

Management – Eppure i “Social CEO” godono della migliore reputazione, secondo una ricerca. Frenati da questioni legali e intimiditi dai nuovi canali di comunicazione, sono comunque in crescita.

Grandi manager poco al passo con i tempi? Proprio nel momento in cui la reputazione dei più alti gradi aziendali sembra toccare i minimi storici (solo il 14% dei dirigenti americani ne ha una visione positiva), il 64% dei CEO delle più grosse società del mondo non ha presenza attiva sui social media e non promuove online attività di engagement degli stakeholders. Questo emerge da uno studio di Weber Shandwick. La multinazionale delle relazioni pubbliche ha preso in esame la presenza e le attività digital di 60 Ad delle prime 50 aziende del mondo (20 negli Usa, 27 in Europa, 9 in Asia e 4 in America Latina).

Il media tradizionale piace di più
Quotidiani, giornali economici, seminari in università, libri, tv, conferenze: sono ancora quelli tradizionali i canali di gran lunga più utilizzati dai top manager delle grandi aziende per comunicare all’esterno. Oltre 9 su 10 (il 93%) hanno utilizzato le interviste sui principali giornali generalisti ed economici, e il 40% ha sfruttato la leva delle speaking opportunities (partecipazione a conferenze e convegni importanti) per veicolare i propri messaggi ad audience esterne. Un’attività febbrile che però trova pochi riscontri nella comunicazione online. La presenza sul web dei CEO infatti si limita prevalentemente ad una pagina su Wikipedia (ce l’ha il 64% ma soprendentemente nessun profilo sembra essere stato stilato all’interno dell’azienda cui il Ceo appartiene). Solo il 36% dei CEO può essere definito a pieno titolo “social” e intrattiene in qualche modo relazioni con l’esterno sul sito aziendale o sui social media.

Manager sociali, più popolari
Chi ritenesse la presenza attiva online un puro esercizio di stile dovrà ricredersi, secondo lo studio: che evidenzia come i “social” CEO si trovano a capo delle società che godono della migliore reputazione: sono attivi su web il 41% dei CEO, contro il 28%, dei CEO delle “less admired companies”. Non solo: i manager in carica da più tempo tendono a essere più “social”. Quelli di recente nomina (3 o meno anni) sono in media meno coinvolti online di quelli di media permanenza (da 3 a 5 anni) o di lunga permanenza (più di 5 anni), rispettivamente il 30% contro il 38% e il 43%. Maggior conoscenza dell’azienda, sicurezza e voglia di “rischiare” nuove forme di comunicazione i motivi che spiegano questa disparità.
Ma cosa fanno gli Ad social? Sono più attivi nella comunicazione multi-canale (in media utilizzano 1,8 canali), dialogano sul sito internet aziendale con il pubblico esterno (28%), postano video o podcast sul sito aziendale o sul canale aziendale di Youtube (18%), il 16% è attivo sui social network con un profilo su Twitter (8%), Facebook, MySpace e LinkedIn (tutti al 4%); nessuno ha un suo blog in qualche modo legato all’azienda.
Geograficamente i “social” CEO provengono in prevalenza da aziende americane (il 60% contro il 12% EMEA).

Frenano le questioni legali
Ma perché i CEO non diventano “social”? I diretti interessati rispondono in vari modi: pensano sia meglio spendere il proprio tempo con i clienti o con lo staff, l’età piuttosto avanzata (in media 57 anni) li vede in difficoltà con le nuove tecnologie, il ROI di queste attività non è ancora stato provato, i legali consigliano prudenza e cautela sul web anche in vista delle relazioni con gli investitori e infine oggi non piace tutto quello che può far sembrare un CEO una celebrity.
In realtà, è ormai chiaro come i canali digitali e sociali siano sempre più parte integrante della vita di ognuno, ed è quindi logico pensare che i top manager possano trarre solo benefici nell’impiegare i nuovi canali, guadagnandoci in termini di immagine e visibilità. Un concetto questo che sta iniziando a diffondersi secondo lo studio, che evidenzia come lentamente si sta tentando di associare alla comunicazione offline quella sui social network e sugli altri canali sociali, anche “per dare un volto più umano alle aziende”.

Sei “regole base” di Weber Shandwick per innalzare la social reputation del top manager

  • Identificare le best practice online e i top manager che comunicano meglio. Poi stabilire e delimitare il proprio campo d’azione.
  • Iniziare dalle basi (video e foto online). Raccogliere messaggi e informazioni già esistenti per riproporle online.
  • Confezionare un racconto che attiri l’attenzione del pubblico, che riguardi l’azienda e la renda più umana e vicina agli occhi degli altri.
  • Pianificare una strategia nella presenza online. Selezionare i social media più utili a diffondere il punto di vista dell’azienda e in linea con il resto della comunicazione aziendale. Tenere conto degli aspetti legali.
  • Fare preventivamente una prova sui social media. Cercare di capire a cosa si sta andando incontro prima di mettersi online. Si può cominciare da un test interno all’azienda, tenendo però presente che le comunicazioni interne si diffondono all’esterno. Ciò aiuterà anche a stabilire in anticipo quanto tempo si può realisticamente dedicare all’attività digitale.
  • Accettare il fatto che diventare “social” deve essere parte integrante di un programma di gestione della reputazione aziendale. La social reputation personale va gestita allo stesso modo e con la stessa cura riservate alla reputazione aziendale.

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