#alfemminile: Non solo mobili, il futuro si costruisce sui valori

Valori e Dna aziendale, alle origini del purpose di Ikea. Ne parliamo con Belén Frau, Global Communication Manager di Ingka Group

Sprigiona energia positiva Belén Frau, Global Communication Manager di Ingka Group, la holding che gestisce Ikea Retail, Ingka Investments e Ingka Centres. Con Belén ci conoscemmo al tempo del suo primo incarico, nel 2015, che la portò dalla Spagna in Italia, come amministratrice delegata, carica che mantenne fino al gennaio 2019. La rincontro ora, la sua carriera ha continuato ma ci rivediamo ancora una volta in Italia, dove è approdata, con il suo team, per gli eventi del Fuorisalone di Milano che vedono, ormai da qualche anno, Ikea tra i protagonisti. L’energia, se è possibile, è aumentata e la passione per il suo lavoro anche. A mio parere, la migliore sintesi di chi è Belén Frau è quella che fa lei stessa sul suo profilo Instagram: “Contribuisco con passione al glorioso futuro di Ingka Group come Global Communication Manager. Madre di tre figli, non smetterò mai di lottare per l’uguaglianza” e proprio su questo tema sarà la nostra chiacchierata...

Si parla spesso di purpose, anche Mark Up ha dedicato la sua storia di copertina del numero di maggio a questo: qual è il “purpose” di Ikea?
È la nostra forza: da ottant’anni abbiamo chiarissimo qual è la nostra visione, penso che questa sia stata l’eredità più grande che ci ha lasciato il nostro fondatore: “Creare una vita quotidiana migliore per la maggioranza delle persone”, una visione che guida tutte le decisioni che prendiamo. Ci guida nel presente e ci ha guidato nel passato e sarà la linea che seguiremo nelle decisioni che prenderemo nel futuro, perché è questo che ci dà la consistenza e la coerenza che il cliente ci riconosce. Oggi, i consumatori vogliono sapere cosa c’è dietro alle aziende e la nostra fortuna è che questa visione è molto chiara e si traduce in cultura e valori che sono stati presenti all’interno dell’azienda dall’inizio e che sono parte di come lavoriamo. Una cultura valoriale che va oltre al business, inizia all’interno, con i nostri coworking e si estende alle comunità dove operiamo, ai nostri fornitori, insieme per il benessere del pianeta.

Come si fa a mantenere il purpose nel momento in cui il fondatore se ne va?
Il nostro fondatore credo sia stato molto bravo a inserirlo nella cultura dell’azienda, perché adesso sono le persone di Ikea a portarlo avanti, con semplicità, naturalezza. È importante dire che, quando facciamo le selezioni, scegliamo guardando ai valori, troviamo, quindi, persone che veramente si adattano ad ikea; la formazione tecnica arriva dopo, possiamo fornirla, ma i valori condivisi, l’attitudine, il modo di pensare quelli o ci sono o non ci sono.
Penso che questo sia il segreto. I valori, la cultura e il purpose sono così immersi nella nostra cultura corporativa che sarebbe impensabili cambiare, quindi, selezioniamo le persone anche in base ai valori che condividono con noi.

C’è una crisi occupazionale nel mondo del retail e nei servizi in genere: come la affrontate?
Per questo è importante più che mai avere un proposito, perché non è solo ad uso e consumo dei consumatori attenti ma anche per i lavoratori, in particolare i giovani. I giovani sono quelli che fanno più domande, che chiedono quale sarà il fine vita delle strutture che utilizziamo, anche qui, oggi, (Padiglione Visconti, dove Ikea ha esposto con il tema “Assembling the Future Together”, ndr) le nostre persone ci hanno chiesto dove finirà il materiale utilizzato, se verrà riutilizzato, smaltito e come, domande legittime alle quali siamo felici di poter dare risposte concrete e coerenti con la nostra mission. Questo è motivo di engagement e ci permette di fidelizzare le persone che lavorano con noi, che vedono come viviamo i nostri “buoni propositi” tutti i giorni, facendoli diventare realtà, e penso sia un vantaggio competitivo rispetto ad altri retailer. Chi arriva a proporsi da noi chiede di “lavorare per Ikea” e non lo vede come un lavoro qualsiasi, buono come un altro per avere uno stipendio a fine mese, questo fa la differenza. Penso che per avere successo sia fondamentale il modello delle quattro P: Persone e Proposito, senza dimenticare il Profitto, perché altrimenti non saremmo un’azienda e Passione ed è questo che farà la differenza, così noi abbiamo un retention molto più alta degli altri retailer. Senza dimenticare che, nel mondo People, sono per noi importantissime diversità e inclusione, anche in questo siamo stati pionieri nel retail.

Scelte coraggiose, come le sviluppate?
Intanto crediamo che il talento non abbia genere. Sono molto fiera nel dire che è passato del tempo da quando ci eravamo prefissati di avere parità numerica e retributiva e ci siamo arrivati: in Italia, il 47% dei manager sono donne così come il 45% degli Ad a livello globale, e se all’inizio ci siamo focalizzati sui numeri, adesso, che abbiamo esempi sul campo, è tempo di campagne di sensibilizzazione per continuare a lavorare per andare oltre il genere. Adesso siamo super focalizzati sull’età e sulle disabilità. Il 2023 è stato il primo anno in cui abbiamo celebrato il giorno della disabilità con una campagna molto bella che si chiama “Think, Listen” perché c’è un mondo da scoprire ... le tante piccole cose che ogni coworker, che ogni consumatore può fare per creare un mondo più inclusivo. Abbiamo iniziato con un manifesto che abbiamo condiviso con tutti i nostri collaboratori e poi li abbiamo stimolati a creare dei gruppi per la “coworker responsability”: gruppi che si mettono insieme perché hanno un’identità comune e identificando i problemi, gli ostacoli, che incontrano, aiutano l’azienda a risolverli. Ad esempio, abbiamo un gruppo che lavora sulle experience design a 360 gradi e, se nel negozio fisico abbiamo già lavorato molto per renderlo privo di barriere e accogliente per qualsiasi tipo di disabilità, adesso è tempo di pensare al sito e quindi stiamo tracciando tutte le customer experience per vedere com’è lo shopping journey per una persona con disabilità e vogliamo far si che anche quella online diventi il più inclusiva possibile.

Quanto è rischioso prendere una posizione e quanto invece è premiante?
In Ikea siamo sempre stati chiari su chi vogliamo essere e l’importanza che ha per noi difendere i diritti umani. Abbiamo molto chiaro qual è la nostra opinione e abbiamo anche chiaro che non vogliamo infilarci in nessuna discussione politica ma sappiamo anche che questo non sempre è possibile ma il rischio oggi è quello di non fare niente. Le persone si aspettano che le aziende prendano una posizione e abbiano un’opinione, possiamo essere agenti sociali oggi più di ieri. Noi abbiamo preso una posizione sulla guerra in Ucraina e abbiamo donato, aiutato, per quello che ci è stato possibile. Prendiamo volentieri le nostre responsabilità e sui diritti umani, sull’uguaglianza non abbiamo dubbi e procediamo senza se e senza ma.

Un consiglio per chi vorrebbe seguirvi su questa via?
Essere chiari e trasparenti, l’onestà paga sempre. Le aziende assomigliano agli esseri umani, non sono perfette, ma indicare dove si vuole arrivare, ammettere di non esserci ancora, scusarsi per i propri errori e andare avanti, credendoci. Questo è l’importante. I valori non si inventano, si vivono ogni giorno.

Un consiglio che darei a tutti i giovani: rimani curiosa/o e preparati sempre. Continua a studiare, perché le opportunità arrivano a quelle/i che sono pronte/i

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