Salumi: il carovita penalizza produzione e consumi

Costi di produzione cresciuti del 25% nel corso del 2022. Le industrie del settore chiedono l'Iva al 4%, in modo da carni e salumi a formaggi e prodotti ortofrutticoli

Nel corso del 2022, le aziende del comparto suinicolo hanno registrato un calo della produzione nell’ordine del 2,2% a causa della flessione registrata dalla domanda interna, alla quale si è aggiunta nell’ultimo trimestre del 2022 anche la forte contrazione di quella estera. E la situazione non sembra migliorare per il 2023. Sono alcuni degli elementi emersi nel corso dell’assemblea annuale di Assica (Associazione delle carni e dei salumi).

I principali indicatori nel corso del 2022

La disponibilità totale per il consumo nazionale di salumi (compresa la bresaola) è stata di 994,1 mila ton, cioè il 2,1% in meno dll’anno precedente. Mentre la produzione di conserve animali e quella di grassi lavorati è risultata in flessione rispetto a quella dell’anno precedente attestandosi a 1,393 milioni di ton da 1,433 milioni di ton del 2021 (-2,8%).

Il saldo commerciale del settore è salito a quota 1.735,6 milioni di euro, in aumento (+8,1%) rispetto al 2021. Le esportazioni del comparto in termini di fatturato hanno, però, mostrato un passo più lento rispetto a quello dell’industria alimentare (+18,5%).

Nuovo presidente per l’associazione

Nel corso dell’assese, l’associazione ha eletto all’unanimità Pietro D’Angeli come nuovo presidente. D’Angeli, già vicepresidente nell’ultimo biennio, raccoglie il testimone di Ruggero Lenti, che ha ricoperto l’incarico dal 2021. Sul fronte del programma, le priorità annunciate sono in risposta alle altrettante sfide che il settore sta affrontando, dal forte incremento dei costi industriali e della materia prima (nazionale ed estera) alla Peste Suina Africana (Psa) con le già gravi ripercussioni sull’export. “Come reazione al deciso e incessante incremento dei costi di materia prima, energia, packaging e di molti altri correlati e la difficoltà di trasferire tali maggiori oneri sui prezzi finali di vendita, anche alla luce della perdita di potere d’acquisto delle famiglie italiane, ridurre l’Iva al 4%, equiparando quindi carni e salumi a formaggi e prodotti ortofrutticoli, contribuirebbe a rasserenare il mercato”, ha annunciato D’Angeli.

Costi produttivi in crescita di un quarto

“L’incremento dei costi produttivi supera il 25% - ha sottolineato nel corso dell’assemblea il neopresidente-. L’inflazione del primo trimestre 2023 al consumo è circa l’8%. Altrettanto evidente è che le industrie del settore hanno scaricato a valle solo parzialmente gli aumenti registrati, mantenendo calmierati i prezzi finali di vendita a tutela dei consumatori. Questo fenomeno ha determinato una sempre più marcata contrazione dei margini e della redditività delle aziende”.

La preoccupazione è forte per il futuro. “Il rischio di contrazione dei volumi di vendita dei nostri prodotti, per tutti noi, è evidente. Insieme dobbiamo individuare la via che possa portare il settore in un porto sicuro: senza redditività non c’è futuro”, ha aggiunto.

Un settore strategico per l’export

“Le carni e i salumi sono un comparto che conta circa 3,5 miliardi di esportazioni (con un incremento del 15,6% rispetto al 2021). Una cifra che pare irrisoria, ma che costituisce un forte valore strategico nel settore del Food, uno dei nostri fiori all’occhiello che conta circa 67 miliardi di euro di export -, ha ricordato Matteo Zoppas, presidente di Ice Agenzia intervenuto all’assemblea, il qualche ha voluto fare un plauso “ai produttori che hanno dimostrato grande resilienza e capacità di adattamento” agli stravolgimenti degli ultimi anni.

 

 

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