Passare la palla per vincere

In distribuzione Mark Up n. 261. L'editoriale della direttrice Cristina Lazzati (da Mark Up n. 261)

Passaggio ... Se ci riflettiamo è un termine che ha mille declinazioni, tutte sociali o
socializzanti, anche calcisticamente (non ne so granché), ma pare che un buon passaggio indichi sintonia, e tanti buoni passaggi (e magari qualche gol) promuovano una squadra.
A pensarci bene, tutti gli sport di squadra sono fatti di passaggi. E quando la squadra è un’azienda? E quando è un Paese? Un continente? I passaggi assumono altre forme, ma indicano capacità di collaborazione e di vedere nell’altro (persona o entità) l’abilità e/o la possibilità di sfruttare il passaggio in modo migliore di quanto succederebbe se tenessimo la palla per noi, almeno in quel determinato momento. Di “passaggi” in Italia dovremmo fare un corso: il saper fare un passo indietro all’occorrenza non è un tratto distintivo del nostro popolo, e nemmeno una questione di età, come molti vogliono far credere, ma di temperamento. Siamo tutti figli del detto “Chi fa da sé fa per tre”? Può darsi, ma una cosa è certa: se guardiamo questo fenomeno “appropriante” alla luce delle nuove teorie (e pratiche) economiche, lo sconforto ci coglie: collaborativa, sharing, circolare ... La nuova economia è peggio di un flipper in termini di passaggi, e noi ancora lì a rimirarci i piedi? Recentemente, in un articolo su LaRepubblica, Bernhard Scholz scrive di condivisione di saperi, di esperienze, di un bene per il futuro del Paese. Ottimo punto, ma, per poter accedere a questo Bengodi della fratellanza aziendale, sono necessari, dice lui, due passaggi, quello generazionale e quello digitale. Facile a dirsi ...Il concetto di passaggio generazionale è ancora un’impresa ciclopica per molte aziende nel nostro Paese: basti pensare al caso Esselunga, dove, di fatto, ciò è avvenuto solo con il passaggio a miglior vita del fondatore. Una scelta che oggi trova l’azienda a doversi ripensare per l’ingresso in Borsa anche in termini manageriali. Non basta neppure sapere, come sottolinea Scholz, “che, quando le imprese provvedono per tempo a una governance della generazione successiva -facendo entrare se necessario anche dirigenti esterni alla famiglia proprietaria- diventano più capaci di innovare e internazionalizzarsi”.  Poi il passaggio al digitale: altro nodo non da poco, perché la difficoltà non è tanto nell’acquistare tecnologie, ma nel predisporre la cultura aziendale perché le utilizzi al meglio. Infine, c’è il passaggio di “sapere” dentro e fuori le aziende: giovani disposti ad ascoltare e meno giovani che abbiano voglia di insegnare (e viceversa). Aziende che mettano a disposizione nuove scoperte che “fanno bene” per arrivare a un gradino più alto sul quale altre possano costruire e condividere. Un sogno? No, è il futuro. qui non possiamo ... passare.

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